lunedì 7 aprile 2025

IL RITORNO DEI GRANDI IMPERI. VERSO UNA NUOVA YALTA

di Torquato Cardilli - Della guerra in corso da oltre tre anni in Ucraina, i politici ormai sanno tutto, ciechi di fronte ai sacrifici dei loro popoli ignorano quello che vogliono ignorare e dicono solo quello che fa loro comodo.Tendono a parlare con accenti sempre più intonati al riarmo che è l’esatto contrario del linguaggio diplomatico di pace e cooperazione, concetti fondanti dell’UE.

Le continue riunioni del Consiglio Europeo, del G7, del G20, del CdS del “gruppo dei volenterosi”, non hanno registrato progressi; mentre a livello popolare, cresce l’insofferenza per la rigidità di Capi di Governo non disposti al negoziato, inclini alla continuazione della guerra a oltranza, pur non avendo né un esercito pronto, né i fondi necessari, né i piani a lungo termine.

Durante la guerra fredda, il mondo occidentale, si sentiva garantito dal cosiddetto equilibrio del terrore, guardava con sufficienza l‘indipendentismo africano e il non allineamento indiano, osservava con altezzosità il risveglio del gigante cinese e viveva, tutto sommato, un periodo di relativa pace e tranquillità, con robusti scambi commerciali in una corsa al progresso industriale e tecnologico.

Washington e Mosca, detentori non solo dell’arma atomica ma soprattutto dei sistemi per colpirsi e distruggersi a vicenda, a migliaia di chilometri di distanza, si spiavano e si minacciavano di continuo potendo contare sul fatto che un minuto prima della catastrofe sarebbe scattata la famosa linea rossa tra la Casa Bianca e il Cremlino. I due giganti si sfidavano, dallo schieramento dei missili balistici all’esplorazione spaziale, con penetrazioni nel Sud del mondo alla ricerca di basi militari strategiche, di sfruttamento di risorse, di sobillazione di colpi di Stato con la giustificazione ipocrita di esportare i cosiddetti principi della democrazia o quelli utopistici del comunismo.

Queste superpotenze per evitare lo scontro diretto sul campo, si avvalevano degli Stati cuscinetto nelle rispettive zone di influenza, inglobate in forti alleanze militari: da una parte la NATO e dall’altra il Patto di Varsavia. I loro membri venivano definiti eufemisticamente paesi alleati, ma di fatto erano vassalli serventi, incapaci di qualsiasi iniziativa politica propria, autonoma, in dissonanza con gli interessi della potenza egemone che ne controllava i gangli vitali.

Secondo l’analisi fatta da Kissinger qualche anno fa, il mondo del XXI secolo, come accadde nell’epoca post Napoleonica, per avere un altro periodo di pace avrebbe dovuto tornare alla diplomazia della restaurazione dei vecchi imperi.

Tutto il multilateralismo del ventesimo secolo aveva fallito perché le grandi potenze non avevano abbandonato la loro ambizione di supremazia, mentre attori di terza fila in America Latina, in Asia e n Africa, vivevano in uno stato di ammirazione e di soggezione con l’Europa che, seppur saldamente nel campo occidentale, ambiva a costituire un nuovo modello di coesione e di sviluppo.

Il duopolio si era nel frattempo allargato alla Cina. Era nata di fatto ad una triade di super potenze presenti nel CdS dell’ONU nel quale figuravano come due paggetti Gran Bretagna e Francia. Rappresentazione plastica del gruppo marmoreo esistente nell’atrio del palazzo della pace dell’Aja in cui grandi belve divorano quelle piccole sotto lo sguardo indifferente di quelle medie.

Ma l’analisi Kissingeriana, formulata più con un occhio agli interessi dell’America che non dell’Europa, non aveva previsto che i tre “imperi” americano, russo e cinese non si sarebbero accontentati di convivere mantenendo il controllo sulle rispettive aree di influenza. Spinti da un irrefrenabile desiderio di testarsi reciprocamente per misurare la capacità di reazione avrebbero messo in moto politiche di espansione diplomatica, economica e militare.

Se l’amministrazione Biden fino al 2024 era stata capace solo di spingere l’Ucraina al massacro e costringere gli alleati a contribuire a quella carneficina con sforzi economici e militari, con l’avvento di Trump è iniziato un nuovo periodo. Resosi conto che la riconquista dei territori perduti dall’Ucraina era impossibile, Trump ha dato il via a un tentativo di comporre il conflitto con la Russia sulla base dello status quo salvo piccole correzioni, mettendo sul tavolo lo scambio di presunti legittimi interessi.

Il ciclone Trump ha gettato il sasso nello stagno dell’immobilismo facendo cadere la maschera da “buoni” che gli americani avevano mostrato per 80 anni. Ha sconvolto le pavide cancellerie europee, ha stracciato l’accordo sul nucleare con l’Iran, ha sepolto gli accordi sul clima di Kyoto e di Parigi, ha bloccato la Corte dell’Organizzazione mondiale del commercio, ha ordinato la sospensione dei contributi a varie Organizzazioni internazionali inclusa quella per i rifugiati, ha annunciato l’uscita dalla Commissione ONU per i diritti umani, dall’UNESCO e dall’OMS, ha varato sanzioni contro la Corte Penale Internazionale ha imposto dazi pesanti contro tutti, alleati compresi, manifestando apertamente antipatia e rivalsa contro l’Europa e un disegno imperiale contro i paesi di confine, rivendicando il pieno possesso del canale di Panama, l’acquisizione con le buone o con le cattive della Groenlandia, e la possibile annessione del Canada.

Insomma ha dato l’avvio ad una spirale di protezionismo, di rivendicazioni, di pretese in violazione del diritto internazionale, ma gradite agli altri due imperi: quello russo interessato al controllo dell’Ucraina smilitarizzata e privata dei territori conquistati sul terreno e quello cinese che vede l’occasione per riproporre il tema della riunificazione di Taiwan alla Cina continentale, considerata un processo irreversibile. Questa pretesa trova l’ancoraggio politico-giuridico nel fatto che la Cina, all’atto dello stabilimento dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti nel 1971, ottenne il riconoscimento scritto del principio dell’esistenza "di una sola Cina" con l’attribuzione del seggio in Consiglio di Sicurezza sottratto a Taiwan che venne espulsa dall’ONU.

Finora il Governo di Pechino ha tenuto questa cambiale nel cassetto ricordando al mondo che sarebbe stata presentata all’incasso al momento opportuno. Ora a Pechino sembra arrivata l’occasione per sedersi al tavolo con Usa e Russia per una partita di tressette col morto, cioè l’Europa che emette vagiti e dichiarazioni campate in aria.

Insomma la foto sbiadita di Yalta viene riproposta in versione attualizzata con il presidente cinese al posto del premier britannico.

Torquato Cardilli

07 aprile 2025

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