Le indagini che lo hanno riguardato sono sempre state condotte verso l’accertamento di reati ben definiti come il rifiuto di atti d’ufficio e il sequestro di persona avendo impedito a 140 immigrati di sbarcare, giunti a pochi metri dalla banchina portuale, dopo settimane di girovagare per mare. Bisogna essere un fanatico patologico come Salvini per immaginare che lo sbarco di poche decine di persone inermi, malconce, indebolite mentalmente e fisicamente da un lungo viaggio e dalla permanenza in mare, potesse costituire una minaccia per il Paese. Dunque, la querelle si è trasformata tra chi difende lo Stato e chi (leggasi magistrati), sono incuranti delle pericolose invasioni del suolo patrio.
Salvini si era preparato a cavalcare l’onda di una sua condanna che gli avrebbe consentito di “campare” politicamente da vittima, rinfocolare la sua antica battaglia antimmigrazione, sperare in un recupero di consensi e lanciarsi a testa bassa contro la magistratura lisciando il pelo ai suoi elettori. Purtroppo per lui è stato assolto ma non ha smesso di speculare sulla vicenda, anzi alza i toni della sfida e la sua furia sfrenata contro i giudici, come se lo avessero condannato, minacciando punizioni per le toghe che “sbagliano”, denunciando spreco di denaro e ulteriori repressioni.
Il pover’uomo non ha ancora capito come funziona la giustizia, non conosce il codice e la procedura penale che sono votati dal legislatore (i giudici sono obbligati a darne esecuzione). Non ha ancora realizzato che in Italia vige l’obbligatorietà dell’azione penale secondo la quale, in presenza di una notizia di reato la procura è obbligata ad aprire un fascicolo e avviare le indagini dopo aver configurato la fattispecie da indagare. Non è una sua facoltà ma un preciso obbligo che gli deriva dalla Costituzione. Commetterebbe un illecito se non lo facesse. Così come non ha capito che la fisiologia del processo penale prevede due esiti: assoluzione o condanna. I processi si celebrano proprio per accertare se un determinato comportamento è criminoso oppure no.
La pubblica accusa svolge le indagini, poi c’è un giudice terzo che accoglie o rigetta le sue richieste senza che venga considerato uno scandalo se un imputato viene scagionato dalle accuse del PM. Si tratta di valutazioni diverse tra due livelli giudiziari separati. Semmai si conferma che la procura e i tribunali non sono sempre d’accordo e che la separazione delle carriere è un falso problema che nasconde il successivo asservimento dei PM al potere esecutivo, vecchio progetto di Gelli e di Berlusconi. I dati della Cassazione rivelano che quasi il 64% dei procedimenti che escono dalle Procure, dopo la fine delle indagini preliminari viene archiviato. La verità è che alla destra piacciono solo i giudici che emettono sentenze a loro gradite. Stanno massacrando il sistema giudiziario senza adottare un solo provvedimento, a parte quelli punitivi e i bavagli estesi anche ai giornalisti, capace di intervenire sulla velocizzazione dei tempi processuali.
I processi durano tanto perché mancano magistrati, cancellieri, strumenti tecnologici moderni, computer e, soprattutto, per il fallimento del processo penale telematico. Cosa fa il ministro Nordio per garantire una giustizia dai tempi umani, quali sono le riforme fin qui realizzate o in attesa di approvazione che vanno in quella direzione. Eppure, autorevoli giuristi, magistrati come Gratteri, Santalucia, la stessa ANM hanno a più riprese suggerito, inascoltati, alcune soluzioni per snellire i tempi processuali. Per esempio, prevedere dei filtri che limitano il ricorso in appello e in cassazione, alleggerire le pastoie delle procedure, riformare il sistema delle notifiche all’imputato, prevedere riti alternativi, decentrare alcune competenze ai giudici di pace.
E invece Nordio cosa fa? Toglie la competenza al giudice monocratico specializzato sulle decisioni dei diritti degli immigrati, colpevole di rigettare le leggi inapplicabili del governo, e le passa ai tribunali già intasati da milioni di fascicoli e digiuni sul tema specifico, aumentando così i tempi della giustizia.
Salvini, che dovrebbe occuparsi delle sue deleghe ministeriali che nulla hanno a che vedere in materia di giustizia, rivelandosi il peggiore ministro dei trasporti e infrastrutture di tutti i tempi, se ne va in giro a sbandierare la sua vittoria senza capire che la sua assoluzione riguarda il Codice penale e, anche se la sua condotta non costituisce reato, resta gravemente colpevole per essersi accanito contro gente indifesa, in condizioni di fragilità e bisognosi di aiuto anteponendo alla dignità umana una presunta, idiota e inesistente difesa dei confini.
Maurizio Alesi
22 dicembre 2024
Nessun commento:
Posta un commento