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domenica 21 luglio 2024

SERVE ANCORA INDIGNARSI PER QUESTA POLITICA?

di Maurizio Alesi - Mentre ancora gli scandali e i fatti corruttivi di certi galantuomini della regione Liguria e del suo presidente Toti continuano ad impegnare le prime pagine dei quotidiani e i titoli dei Tg, scoppia un nuovo porcilaio a Venezia che ha portato l’assessore (e mediatore) alla mobilità Renato Boraso nelle patrie galere mentre il sindaco Luigi Brugnaro è indagato per concorso in corruzione insieme al suo direttore generale, al vicecapo di gabinetto e a dirigenti di partecipate comunali, per le solite vicende di concorso in corruzione, interesse privato in atti d’ufficio legati alla vendita di 41 ettari di terreno di proprietà del sindaco Brugnaro. 

Un ennesimo caso di conflitto d’interesse che nessun partito ha mai voluto contrastare e risolvere seriamente fin dai tempi di Berlusconi. 

Un altro filone dell’inchiesta veneziana ruota sulla compra vendita truccata di edifici storici della città ad un imprenditore cinese, in cambio di mazzette, finte consulenze e promesse di agevolazioni amministrative. Toti continua a governare dai domiciliari, incurante che la procura gli abbia notificato un nuovo capo d’imputazione. Si tratta di una storia di ordinaria disamministrazione e corruttela, come tante, che risale alla notte dei tempi quando governavano illustri predecessori come il lombardo Roberto Formigoni, il veneto Giancarlo Galan, l’abruzzese Ottaviano Del Turco, il piemontese Roberto Cota condannato per le spese pazze in regione, per non parlare di Totò Cuffaro e della sua condanna per favoreggiamento alla mafia. Ma la lista è lunga, attraversa tutto lo stivale da nord a sud toccando Regioni, comuni, province enti pubblici, Rai, sanità e società partecipate. 

Gli enti locali sono diventati dei veri e propri centri di potere dominati dal clientelismo, senza alcun controllo e spesso, senza neppure un’opposizione efficace in grado di denunciare la malapolitica prima che arrivi la magistratura. E vorrebbero pure l’autonomia differenziata, così ognuno ruba in base ai LEP. Va preso atto che la maggioranza degli amministratori colpiti da inchieste giudiziarie e da condanne appartengono allo schieramento di destra centro, in linea con i loro illustri colleghi che siedono in parlamento e nei banchi del governo anch’essi colpiti da gravi accuse, condanne o, bene che vada, responsabili di comportamenti contrari all’art. 54 della costituzione che impone di adempiere alle funzioni pubbliche con discipline ed onore. 

Ora, lasciamo perdere la pitonessa che, pur avendo più inchieste che capelli in testa, con la sua nota faccia di bronzo continua a fare la ministra, ma per citare un caso recente, l’onorevole Augusta Montaruli condannata per peculato è stata bellamente insediata da Fratelli d’Italia alla vicepresidenza della commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. È la stessa logica seguita per favorire un altro campione di condanne e indegnità politica e morale come Sgarbi, inseguito da quattro procure italiane. Prima, costretti dalle accuse pesanti e incompatibili con la sua carica istituzionale, lo costringono alle dimissioni da sottosegretario, ma poi la Meloni lo rimette in gioco candidandolo alle europee nel suo partito. Per fortuna a mandarlo a casa ci hanno pensato gli elettori. 

Di fronte a tanto degrado politico, etico e morale viene da chiedersi come mai i partiti di destra candidano sempre gente con una evidente propensione a delinquere, a chiedere voti negli ambienti del malaffare e di loschi intrecci tra politica e imprenditoria criminale, riuscendo anche a farli eleggere e governare importanti territori del paese per anni e anni. Ma la cosa più grave è aver indotto gli italiani all’assuefazione, a ritenere quasi normale o accettabile che un politico rubi, corrompa e curi solo i propri interessi personali. A parte il M5S che di fronte ai rarissimi casi di comportamenti illeciti dei loro parlamentari, sindaci o assessori li caccia dopo due ore, tutti gli altri li difendono attaccando i magistrati che hanno fatto il loro dovere, con la solita litania della giustizia ad orologeria la cui teoria viene propinata e divulgata dai soliti pseudo giornalisti governativi, pagati per fare i ventriloqui del governo. 

Altro che cani da guardia del potere, sono ruffiani e complici delle malefatte dei loro datori di lavoro, che si comportano come cani da riporto. Come sono lontani i tempi in cui Berlinguer parlava della questione morale già negli anni ’80. Oggi il più onesto ha la rogna e viene agevolato da questo governo che li aiuta a delinquere abolendo l’abuso d’ufficio per cui ogni amministratore può ricattare, favorire gli amici e i parenti, fare concorsi su misura senza temere il rigore della legge. C’è di più: verranno annullate le sentenze di circa quattromila amministratori già condannati, alla faccia delle vittime che hanno subito le loro angherie. Tutte le più importanti inchieste, passate e recenti, sono state possibili grazie alle intercettazioni tanto osteggiate da Nordio che, non potendole eliminare, vuole limitarne l’uso a quarantacinque giorni. Peccato che statisticamente un’indagine non richiede mediamente meno di due anni di ascolto per poter acquisire elementi di prova sufficienti per un rinvio a giudizio. 

Bene ha fatto Gratteri a ricordare a Nordio, a proposito dei presunti costi eccessivi delle intercettazioni, che in un solo giorno ha fatto guadagnare allo Stato, grazie al sequestro di denaro e beni immobili, l’equivalente di un anno e mezzo dei costi per le telefonate. La riforma sulla giustizia, come tutti hanno capito, riguarda esclusivamente reati tipici dei colletti bianchi e di una classe politica sempre più impresentabile. 

Una generazione istituzionale che, quando non delinque, risulta inadeguata, incapace e incompetente come i casi Vannacci diventato europarlamentare della Lega, solo per i suoi sproloqui scolpiti in un vergognoso libraccio impregnato di idee razziste, omofobe e classiste. Costui non ha mai fatto neppure il consigliere di quartiere e dovrebbe occuparsi della vita di circa 450 milioni di persone in Europa. Naturalmente il generale non è il solo ad essere fuori posto. Vogliamo parlare della Salis, di Mimmo Lucano e di tante altre bandierine di partito messe in lista solo per la loro notorietà.

Maurizio Alesi

21 Luglio 2024

9 commenti:

  1. Solo in Italia i politici possono fare quello che vogliono senza essere puniti. In Cina li eliminano.

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  2. Condivido ogni parola dell'articolo di M.Alesi. Infatti si presume che l'attività di questi "signori" dovrebbe avere come unica e sola finalità il bene dei cittadini e non l'interesse personale. Con il tempo ad ogni azione corrisponderà una reazione uguale e contraria. Ci credo.

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  3. "Vogliamo parlare della Salis, di Mimmo Lucano e di tante altre bandierine di partito messe in lista solo per la loro notorietà." Con queste 22 parole, compresi articoli e preposizioni, l'amico Alesi ha dimostrato la sua imparzialità. Nessuno potrà accusarlo di parlare soltanto delle malefatte della destra.

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    1. Grazie Nino del tuo riconoscimento. Io trovo che se vuoi parlare di politica ed essere credibile, devi usare lo stesso criterio di giudizio, di fronte a comportamenti uguali. A prescindere dal soggetto politico. Essere di parte, fino a nascondere ciò che appare evidente anche in casa tua, corrisponde ad una sorta di autocensura.

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  4. Credo che una domanda sia d'obbligo: Come mai i cittadini, il popolo non s'indigna???

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    1. Nell'articolo ho cercato di rispondere a questa legittima domanda. L'informazione, malata cronica e assoldata, corre sempre in difesa degli inquisiti, insinuando dubbi sulla legittimità dell'azione giudiziaria a loro carico. Cercano di far passare da vittime i delinquenti e da delinquenti i magistrati. Purtroppo il giochino, ripetuto all'infinito, funziona.

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  5. Vergognosi ecco perché vi buttate in politica fate quello che vi pare e piace.

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  6. Interessante articolo di Maurizio Alesi. Che pone una domanda a cui è difficile rispondere. Le motivazioni esposte devono far riflettere i lettori su come la verità viene costantemente distorta dai mezzi d'informazione i cui rappresentanti sono spesso dei cani da guardia conniventi, per usare le parole dell'autore. E quindi che fare? Indignarsi è il minimo, informarsi meglio sarebbe auspicabile, attivarsi e impegnarsi in Politica un dovere civico. Ma ciò comporta fatica, tempo da dedicare, inimicarsi qualcuno. Tutte cose che spingono al disimpegno, al non voto, al ritenere la Politica irriformabile e le organizzazioni partitiche dei mezzi per soddisfare interessi personali. Peccato.

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  7. Serve ancora indignarsi per questa politica? Direi "NO"!!! Quando un ministro della giustizia, ex magistrato, si mette a sindacare sul comportamento della magistratura inquirente e giudicante, di che cosa ci si deve indignare? Del potere esecutivo contro quello giurisdizionale? O ancora peggio della pretesa della destra di riscrivere la Costituzione per sminuire i valori della Resistenza. Già, tanto tempo fa, Enrico Berlinguer diceva: "I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”. La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali." È cambiato qualcosa? Si, in peggio! Con l'aggravante dell'astensionismo che indebolisce la democrazia nel suo valore più importante: la rappresentanza.

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