Non c’è stata nessuna parola di pietas umana per le vittime civili di Gaza, per le migliaia di bambini innocenti trucidati (come fece Erode) con bombardamenti indiscriminati o lasciati a terra mutilati o feriti, orfani e disperati.
Non c’è stata nessuna dichiarazione di impegno per la pace, né un senso di vergogna per aver ordinato l’astensione dell’Italia all’ONU sulla risoluzione che chiedeva una tregua umanitaria.
Le promesse fatte al Pontefice sullo stop alla guerra in Ucraina sono state smentite con l’annuncio di invio di nuove armi e con la ripetuta obbedienza alla linea americana della pace “cosiddetta giusta” consistente nella totale sconfitta della Russia, anche a costo di centinaia di migliaia di morti, di ulteriore devastazione del paese, di danni economici incalcolabili estesi a tante nazioni, Italia inclusa.
Sui migranti la figuraccia del governo è stata gigantesca. In un anno di controllo delle leve del potere i rimpatri non sono avvenuti, invece gli sbarchi sono stati più del doppio di quelli dell’anno precedente; il blocco navale, argomento principe in campagna elettorale, quale acchiappa voto dei citrulli, è scomparso dai radar; l’accordo fatto con la Tunisia per il controllo delle partenze è stato sepolto sotto la sabba del deserto; l’accordo con l’Albania per lo smistamento (a nostre spese milionarie) di qualche migliaio di migranti, da riprenderci dopo le procedure d’esame delle domande d’asilo, è stato bocciato dalla Corte suprema albanese; le promesse di ripartizione dei migranti in Europa, concordate con la Von der Leyen, sono affogate, come tanti disgraziati, nel Mediterraneo.
La questione del salario minimo, salario giusto, riconosciuto dalla Costituzione, è stata scagliata nel pagliaio del Cnel del fido Brunetta, che ha respinto la proposta espressa dalla Commissione di saggi, dal quale non riemergerà prima di sei mesi.
Sulla scuola non c’è stato nessun impegno, nonostante la riforma nominalistica della questione del merito, per quanto riguarda le strutture, il corpo insegnante e quello ausiliario.
L’evasione fiscale, eterno problema italiano, che fa perdere all’erario almeno 100 miliardi di euro all’anno, può stare tranquilla, non è al top dell’agenda di Governo: quella di piccolo calibro, definita volgarmente pizzo di stato, continuerà allegramente, quella intermedia si avvarrà dell’ennesimo condono, quella di grandi dimensioni ha dato già un sonoro schiaffo alla premier facendole rimangiare la minaccia di tassazione dei superprofitti delle banche e delle grandi imprese dalle assicurazioni alle intermediazioni finanziarie.
Il comparto della sanità ha visto un modesto incremento nominale ampiamente eroso dall’inflazione, non parametrato all’accrescimento del Pil (il che vuol dire diminuzione della percentuale del bilancio dello Stato dedicata alla salute), mentre sono stati lasciati in alto mare gli organici del personale sanitario e paramedico non rinforzati oltre le quote di pensionamento annuale. Il mancato aumento delle loro retribuzioni, e degli stanziamenti per la ricerca, hanno provocato lo sciopero sofferto dai cittadini, ma che non ha scalfito l’imperturbabilità del Governo che continua a demandare, con moltiplicazione dei costi e perdita di professionalità, la cura del cittadino alla sanità privata per chi se lo può permettere.
Sulla famiglia e l’infanzia il provvedimento di gratuità dell’asilo nido dal secondo figlio in poi è risibile perché non prevede una griglia di accesso sulla base del reddito né ha all’orizzonte l’immediata apertura di nuovi asili nido in proporzione della popolazione.
Sulla situazione economica la primo ministro ha detto che la crescita prevista è superiore alla media europea. Bugia. La verità è che i dipartimenti contabili di Ue e Fmi, hanno detto il contrario (come del resto ha fatto la banca d’Italia) riducendo nelle loro previsioni la crescita italiana per il 2024 allo 0,7-0,8 per cento rispetto all’1,2 per cento affermato da Meloni.
Il fatto è che quando una bugia viene detta da un politico in auge, e ripetuta “telle quelle” dai suoi corifei, viene illusoriamente percepita dal popolo bue come verità, salvo il brusco risveglio, qualche tempo dopo, con la realtà.
Nella conferenza stampa non erano ammesse repliche e quindi nessun giornalista ha potuto fare all’istante il cosiddetto “fact checking”, ossia la verifica puntuale di ogni affermazione, sapendo che Meloni aveva già accumulato in un anno di governo, secondo “Pagella politica” un discreto bagaglio di scivolate nei suoi slalom retorici: su 200 dichiarazioni passate al vaglio ben 48 sono risultate imprecise e 58 poco o per nulla attendibili.
Sul cuneo fiscale e le aliquote Irpef, ha detto che conta in una conferma delle misure anche nel 2025 grazie a ulteriori tagli nella spesa pubblica e comunque senza aumento delle tasse, cioè tutto il contrario di quanto dichiarato dal suo ministro del tesoro Giorgetti secondo cui le risorse vanno trovate disboscando la selva delle agevolazioni fiscali (quindi aumento di tasse) con la tax expenditures review, operazione sempre annunciata ma mai realizzata da tutti i governi.
Sul Mes, altra questione controversa con Giorgetti che si è lasciato scappare ”io l’avrei approvato” Meloni ha fatto una beffarda melina prendendo in giro l’opinione pubblica. Si è rimessa alla decisione che sarà presa dal Parlamento, ove la sua maggioranza blindata non ha il permesso di dibattere, né di presentare emendamenti.
Sulla Giustizia non è stato fatto nessun progresso nel rafforzamento delle strutture e del sistema carcerario, ma è stato reclamato come grande traguardo (udite, udite!) l’abolizione del reato dell’abuso d’ufficio, fino ad ora unico baluardo alle malefatte di amministratori e politici in favore di parenti, amici e raccomandati.
Ma la bugia clou al termine di tre ore di fumo è arrivata parlando della riforma della Costituzione quando ha negato la riduzione dei poteri del Presidente della Repubblica. In perfetta sintonia con la ministra del vuoto a perdere Casellati, continua a dire che quei poteri non sono toccati, mentre è vero l’esatto contrario dato che il progetto riduce il capo dello Stato a mera suppellettile del Quirinale togliendogli il potere di vero garante della Costituzione repubblicana e degli equilibri del paese.
Infine la promessa ingannatrice, tipo quella fatta dal gatto e dalla volpe a Pinocchio sul campo dei miracoli. In vista delle elezioni europee, previste per il 9 giugno, non ha scartato l’idea, di una sua possibile candidatura. Ha teso una trappola ad alleati ed avversari per stanarli e invogliarli a fare altrettanto.
L’art. 122 della Costituzione stabilisce in modo chiaro ed inequivocabile che nessuno può appartenere contemporaneamente alla Camera dei Deputati o al Senato e al Parlamento europeo.
Della disciplina di questo divieto si occupa la legge italiana del 24.1.1979 n.18 e quella europea che prevedono che il mandato di parlamentare europeo è incompatibile con quello al parlamento nazionale, con incarichi di governo di un paese membro dell’Unione e con incarichi nella stessa Unione.
Di fatti il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha già annunciato le sue dimissioni per concorrere alle elezioni europee.
Ve la immaginate Meloni che si dimette da deputata e da presidente del Consiglio per andare a Bruxelles ad occupare un seggio che i politici italiani ritengono di seconda importanza?
Quindi? Perché candidarsi per un mandato che non si intende e non si può ricoprire?
Quale è allora l’obiettivo? Quello di attrarre sul suo nome i voti dei citrulli che credono ciecamente nel leader senza preoccuparsi dell’effettivo esercizio del mandato.
L’inganno degli italiani diventerebbe macroscopico se la candidatura da capolista fosse estesa a tutte le circoscrizioni perché significherebbe riservarsi il potere di regalare in partenza il seggio europeo al secondo della lista.
Questo trucco fu già adoperato da Salvini nel 2019 e mal gliene incolse perché, obnubilato dal successo di aver surclassato l’alleato M5S, provocò la crisi di governo che fece fallire un’esperienza di rinnovamento del paese.
Ora il capo della Lega prevedendo un’umiliazione in termini di voti al confronto con Meloni, ha già escluso una sua candidatura seguendo la decisione di Conte che ha fiutato l’inganno discostandosene per coerenza, rispettoso degli elettori che lo hanno mandato alla Camera dei Deputati per assolvere lì il suo mandato.
Torquato Cardilli
13 gennaio 2024
Ormai ci ha sotterrati…di carbone
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