di Torquato Cardilli - La settimana scorsa avevo cercato di dimostrare come la sovranità della sovranista Meloni fosse dimezzata rispetto ai proclami di battaglia elettorale per l’obbedienza cieca a quelle che appaiono a tutti gli effetti umilianti imposizioni di scelte politiche militaresche e atlantiste, contrarie ai principi repubblicani di pace e cooperazione internazionale.
Nell’articolo concludevo con il caso di Ilaria Salis, detenuta in condizioni di abominevole abbrutimento carcerario da medio evo, in una galera di massima sicurezza ungherese (solitamente riservata a terroristi, assassini, ad attentatori alla sicurezza dello Stato).
Il mondo intero, tranne il ministro cognato Lollobrigida, ha visto in tv la celebrazione della prima udienza del processo farsa in cui la nostra connazionale è comparsa in catene, con mani e piedi legati da anelli di ferro con lucchetti, con l’aggiunta di un’altra catena tipo guinzaglio, manco fosse un cane, retta da una agente di polizia penitenziaria femminile con tutte le caratteristiche della kapò di un lager nazista.
Stiamo parlando di un paese della civilissima e cristianissima Europa, membro dell’Unione Europea e della Nato, governato dal premier Orban amico di Meloni e di Salvini che ha inflitto all’intera nazione italiana questa umiliazione particolarmente grave proprio perché da parte di un paese alleato.
Sono undici mesi che la nostra connazionale è detenuta in quelle condizioni, senza che le nostre istituzioni (Ministro degli Esteri, Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica) abbiano mosso un dito, nonostante i ripetuti appelli denuncia del padre di Ilaria, né la nostra Ambasciata a Budapest è stata capace di pretendere la visita in carcere entro 48 ore da quando ne ha avuto notizia e la consegna di generi di conforto e di igiene personale.
Il Governo Meloni, che strepita sulla difesa dell’orgoglio italiano, che non ha osato fare una mossa per chiedere giustizia dell’assassinio del nostro ambasciatore in Congo Luca Attanasio, in questo caso è entrato in apnea, forse per non infastidire l’irascibile Orban, il più retrogrado reazionario del continente. E’ riemersa dopo 48 ore dalla pubblicazione al mondo della ripresa televisiva dell’infame trattamento per, si dice, fare una telefonata al suo amico Orban e presentarsi come difensora dell’orgoglio italiano.
Ricevere il tennista Sinner per avere un po’ di pubblicità va bene, ma non aver trovato il tempo, in undici mesi di prigionia, di inchiodare Orban al rispetto dei diritti umani significa aver calpestato l’orgoglio italiano.
Stupisce, allo stesso modo, l’atteggiamento passivo e non curante delle massime autorità dell’UE. La presidente tedesca della Commissione europea Von der Leyen, sempre pronta a discorsi bellicosi a comando “USA e getta”, la Presidente maltese del Parlamento Europeo Metsola, difensora a parole dei diritti umani, il Presidente belga del Consiglio Europeo Michel, sempre a parole nemico delle prevaricazioni, tutti e tre presenti a Roma per il varo, di fronte ai leader di 57 paesi africani, del piano Mattei non hanno avuto il tempo ed il modo di sollevare la cornetta del telefono per tirare le orecchie a Orban e mettere all’ordine del giorno una procedura di infrazione contro l’Ungheria per violazione dei diritti umani.
L’elettore italiano, che tra 4 mesi sarà chiamato ad eleggere il parlamento europeo, si è domandato a cosa serva questo carrozzone di elefantiaca burocrazia che impone a tutti regole e prescrizioni senza preoccuparsi della difesa dei propri cittadini e se sia opportuno inviare come parlamentari a Bruxelles proprio gli amici di Orban di FdI e della Lega.
Sempre nell’articolo della settimana scorsa parlavo di un altro caso di violazione dei diritti umani, ai danni del nostro concittadino Chico Forti, sul quale non si è riflettuto abbastanza proprio perché commesso da un paese che si straccia le vesti in nome della democrazia da esportare con le armi e che mantiene a Guantanamo una prigione lager con camere di tortura.
Viceversa quando si tratta di difendere gli interessi economici e geopolitici degli Stati Uniti l’intera Europa corre in soccorso di guerra a spese degli ucraini, alimenta una propaganda oscena sulla imminente vittoria e tace sui pesanti sacrifici imposti sulle spalle dei cittadini europei.
Un’espressione latina, utilizzata retoricamente quando si è alla ricerca investigativa del movente che spinge qualcuno, individuo o Stato, ad un atto criminale, aiuta a individuare il colpevole del delitto. Tale espressione risalente a Cicerone è di una verità lapalissiana “cui prodest scelus, is fecit", cioè "chi trae vantaggio dal crimine ne è l’autore (o il mandante).
Nella tragedia della guerra in Ucraina chi ha perso e chi ha guadagnato?
Basterebbe rispondere a questa semplice domanda per rendersi conto che non un singolo vantaggio è andato a quei disgraziati ucraini morti a centinaia di migliaia con un paese distrutto, né all’Europa e ai suoi cittadini che hanno sopportato da due anni disagi e restrizioni, aumenti del costo dell’energia, sconvolgimenti nei mercati di sbocco delle proprie esportazioni.
Per contrappeso, da un lato i loro capi si fanno belli in dichiarazioni forti e adottano misure punitive nei confronti della Russia, ma soprattutto delle nostre economie domestiche, e dall’altro il grande fratello di oltre Atlantico, ispiratore di ogni respiro occidentale, non fa altro che accumulare benefici immediati e a medio termine in termini economici, industriali, finanziari.
Torquato Cardilli
31 gennaio 2024
Caro amico mio, condivido appieno tutto ciò che hai scritto. Posso solo aggiungere che sono veramente indignato per tutto ciò che succede nel nostro paese ma anche nel mondo.
RispondiEliminaMeloni e Orban hanno la stessa faccia, sono della stessa famiglia e quindi c'è poco da sperare.
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