Noi siamo in piena campagna elettorale e in guerra, sia pure mascherata, per cui il terreno è fertile per far dire ai nostri politici bugie e sciocchezze a ripetizione, negare l’evidenza, e promettere la luna agli elettori trattati come beoti (sono molti quelli che ci cascano con tutte le scarpe), nonché mentire sugli errori strategici di valutazione e di previsione, spacciando per obiettivi realistici ciò che invece è irraggiungibile.
Il conflitto tra Russia e Ucraina era già in atto, almeno dal 2014 (otto anni fa) quando la Russia prima riconobbe l’autonomia secessionista della Crimea e poi la inglobò a seguito di un referendum.
C’era chi soffiava sin da allora sul fuoco. Gli Stati Uniti avevano deciso di trasformare l’Ucraina in un loro avamposto politico-militare.
Non è qui necessario ripetere nel dettaglio quali fossero i legami di carattere economico tra Zelenski e la famiglia Biden, quali gli interessi scientifici bilaterali di ricerca congiunta a copertura dell’attività della CIA, quale la capacità e la vastità degli investimenti di multinazionali americane, quale il ritmo e il livello del costante riarmo del paese, quale l’interesse della Nato di allargare la propria zona fino a costituire una tenaglia terrestre a ridosso dei confini della Russia.
Il livello di controllo e di interferenza negli affari interni ucraini da parte americana aveva raggiunto il livello di guardia come se si fosse trattato di un protettorato.
La cosa fu resa palese e manifesta dalla volgare invettiva “Fuck Europe”, espressa nel 2014 da Victoria Nuland in un colloquio con l’ambasciatore USA che consigliava di smorzare l’invadenza della politica americana per non infastidire l’Unione Europea.
Chi era la Nuland? Non certo una turista maleducata, ma un’arrogante Sottosegretaria agli Esteri, responsabile per le relazioni con l’Europa alle dirette dipendenze del Segretario di Stato Kerry e del vice presidente Biden.
Chiarito questo flash back veniamo ai giorni nostri.
La guerra vera e propria è scoppiata sei mesi fa (24 febbraio 2022), quando la Russia ha invaso, in puro stile sovietico, l’Ucraina, violando il diritto internazionale e gli accordi bilaterali sul riconoscimento dell’indipendenza e dei confini.
Da quella data i grandi cervelloni europei, delle istituzioni comunitarie, della Nato e dei singoli paesi membri, che evidentemente avevano dimenticato l’offesa della Nuland, hanno fatto a gara per dimostrarsi ligi alle intimazioni anglo-americane di non limitarsi a condanne espresse in note diplomatiche.
In blocco hanno subito deciso di seguire Washington e Londra nell’imporre sanzioni economiche alla Russia, in fasi via via crescenti, senza minimamente pensare agli effetti a largo spettro sulla politica e sull’economia mondiale (Cina, India, Africa, America Latina) e soprattutto sulle conseguenze interne in ciascuno stato dell’Unione.
Strategicamente quando si dichiara nei fatti una guerra economica a tutto campo, ancor prima di aderire alla cieca al regime sanzionatorio, il minimo che i governi europei avrebbero dovuto fare era un esame approfondito del pro e del contro, delle criticità operative, una seria valutazione degli effetti sul nemico, della durata del provvedimento, del livello di danni economici inflitti alla propria popolazione ed al proprio sistema produttivo, della capacità di resistenza interna.
Alcuni paesi dell’Alleanza UE-Nato sono stati contrari, altri cauti, mentre un terzo gruppo si era quasi esaltato di fare la faccia feroce con Mosca.
Dove poteva essere l’Italia di cartone, quella della classe intellettuale salottiera, pronta a fare fuoco e fiamme a parole? Ovviamente nel terzo gruppo.
Il Premier Draghi e il suo Ministro degli Esteri Di Maio, si sono subito mostrati propensi ad andare oltre l’obbedienza credendo di guadagnarsi una medaglia al merito.
Noncuranti del disastro economico in cui ci avrebbero fatto precipitare, hanno abbracciato senza strumenti protettivi il regime delle sanzioni dure, anche a livello personale, per non farsi scavalcare nelle mosse spericolate, manco fosse una partita di risiko, da quei geni di Bruxelles che parlano a vanvera dalle loro comode poltrone Michel, Von der Leyen, Metsola, Stoltenberg.
A dispetto delle dichiarazioni da gradasso, di Draghi e dei suoi coristi al seguito, “che siamo un grande paese”, l’Italia è strutturalmente debole, il penultimo su 27 nella graduatoria UE del rapporto Debito/PIL, poco resiliente al sacrificio prolungato, dipendente più di ogni altro dal gas russo, obbligata a difendere a tutti i costi le sue esportazioni, il settore manifatturiero, l’agroalimentare, il turismo, penalizzata più di altri dalla rivalutazione del 20% del dollaro sull’euro per le importazioni di materie prime, con una popolazione di bisognosi in crescita inarrestabile.
Questo lo sanno anche le pietre del Colosseo, ma il Governo senza idee chiare, senza un piano di emergenza energetica, senza essersi prima cautelato con opportune riserve, senza aver valutato che la Russia avrebbe potuto resistere per molti mesi se non anni a questo tipo di guerra economica (l’intelligence dormiva?) ha varato solo provvedimenti di aiuti momentanei, non strutturali a lungo termine, non ha preparato l’opinione pubblica e non ne ha sentito il polso, credendo di farla franca con la battuta “volete la pace o l’aria condizionata”.
Possibile che non si sia reso conto che le sanzioni sono state un vantaggio per i paesi lontani e autosufficienti come Stati Uniti, Canada, Australia, un sacrificio generale ma sopportabile per i paesi del nord Europa (alcuni ci hanno anche speculato) ed una vera mazzata tra capo e collo per gli italiani che stavano appena riprendendosi dopo la prolungata stasi e sofferenza del Covid?
Immersi nel vivo della campagna elettorale quasi tutti i leader politici si sbilanciano con dichiarazioni bellicose, rinunciando a far valer le ragioni italiane nel consesso europeo e Nato (altri come Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Austria, Turchia hanno scelto di muoversi non in sintonia con l’Alleanza) mentre il M5S e la Sinistra italiana sono stati i soli a chiedere di attivarsi con un’iniziativa diplomatica seria, basata sulla moderazione delle sanzioni sul gas (in modo da prepararsi efficacemente all’alternativa), sullo stop all’invio di nuove armi all’Ucraina, sull’arresto dell’aumento delle spese militari.
Al contrario gli altri partiti chiedono provvedimenti per niente risolutivi: impassibili di fronte alle distruzioni di un paese con intere zone ridotte in macerie, si dichiarano favorevoli all’invio di più armi; allo stesso tempo invocano la pace come se fosse una preghiera in chiesa, ma non fanno alcuno sforzo per prepararne la strada; chiedono scostamenti di bilancio (che vuol dire nuovi debiti a vuoto) e un tetto al prezzo del gas sapendo che ormai la condanna dell’intera economia italiana è già stata decretata (c’è chi si crogiola e frega le mani pensando alla scommessa contro il nostro debito) e che il tracollo genererà sommovimenti sociali difficilmente calcolabili e contenibili.
Di tanto in tanto qualche paese europeo mette i bastoni tra le ruote alle decisioni comunitarie, ma non mi pare che l’Italia abbia utilizzato questo potere per proteggere i suoi cittadini dai danni certi e dalla speculazione sul gas, operata addirittura da alleati come Norvegia e Olanda.
L’adesione irrazionale e senza condizioni al regime sanzionatorio obbligherà il nuovo governo che uscirà dalle urne a camminare carponi e con il cappello in mano grazie all’imprevidenza di chi sta ora al timone di palazzo Chigi e della sua ciurma tecnica, incapace di allestire piani concreti, praticabili e duraturi.
Torquato Cardilli
01 Settembre 2022
I due in copertina uno più incapace dell'altro ci avete portato alla poverta' assoluta per i vostri interessi armi armi armi schifosi speriamo che il drago sparisce dalla politica
RispondiEliminaMa che bravi l'Europa
RispondiEliminaUn furbo ragioniere e un coglione, dite chi e il coglione 've secondo voi?
RispondiEliminaIl fallimento di governo in una foto emblematica
RispondiEliminaVolevano "metterlo" e invece l'hanno "preso" o per meglio dire, ce l'hanno fatto prendere dentro tutto e da superdotato
RispondiEliminaQuando chi governa è consapevole che il mantenimento del potere non dipende dal giudizio dei governati bensì dalla benevolenza e cooptazione di lobby transnazionali, è evidente che il clima è favorevole a prendere decisioni improvvide che mettono a repentaglio il benessere futuro delle masse.
RispondiEliminaQuello che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti coloro che già stanno provando un assaggio dello scotto derivante dalle posizioni caninamente succubi del Governo, conferma che la propaganda a reti unificate degli opinionisti è riuscita a instillare l'opinione che "la barca va" nei passeggeri della barca che, per di più, si rifiutano di vedere la tempesta verso la quale stanno facendo rotta.
Un quadro, quello dell'autore Cardilli, che illustra chiaramente la grave situazione internazionale di cui siamo vittime inconsapevoli. O forse perfettamente incoscienti. Sicuramente però con i cervelli obnubilati dalla propaganda del sistema. E le forze politiche, quasi tutte, appiattite sulla linea atlantista al traino degli Usa senza alcun dibattito che possa determinare una seppur minima variazione di rotta. Va tutto bene così e non bisogna disturbare il manovratore. Il popolo non si occupi di affari che sono prerogative di chi sa come si fa. E votino pure chi vogliono. Tanto c'è Super Mario che attende paziente e sicuro del fatto suo.
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