di Torquato Cardilli - Un anno fa, di fronte alle complicazioni che si profilavano all'orizzonte internazionale nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nel fianco orientale dell'Europa, mi ero posto la domanda di quale fosse la politica estera italiana. Ammetto di non essere riuscito a darmi una risposta che riempisse il vuoto.
Recitare in ogni occasione la solita giaculatoria benpensante che l’Italia è un pilastro dell’europeismo e dell’atlantismo, senza delineare una strategia di plausibile concreto interesse nazionale, ha un sapore di minestra riscaldata mandata giù nella speranza di ottenere la solita pacca sulla spalla dagli USA, dall'UE e dalla NATO.
Quest'ultima istituzione in particolare si è palesemente allontanata col tempo dall'obiettivo strategico di alleanza politico-militare occidentale di mutuo soccorso tra pari, di fronte alla minaccia sovietica degli anni ’50. Specialmente negli ultimi 20 anni ha manifestato una crescente propensione ad assecondare l’avventurismo americano (Iraq, Afghanistan, Siria, Libia) espandendosi fino ai confini della Russia, in quella vasta area di paesi della ex Unione Sovietica.
Il suo trattato istitutivo, firmato nel 1949 a Washington, fu sottoscritto da 10 paesi fondatori (Belgio, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito) convinti che l'Alleanza fosse l'unico strumento a disposizione per contenere l'espansionismo politico e militare dell'Unione Sovietica. Questa rispose, dopo la morte di Stalin, con il patto di Varsavia che sotto la tutela di Mosca includeva Albania, Cecoslovacchia, Bulgaria, Germania Est, Polonia, Romania, Ungheria.
Da allora il mondo è totalmente cambiato con sostanziali modifiche della carta geografica e degli indirizzi politici.
La grande novità dell'incontro tra Reagan e Gorbaciov nel 1985 fu lo scioglimento dei ghiacci della guerra fredda che portò in qualche anno alla caduta della pregiudiziale sovietica alla riunificazione della Germania a condizione che la Nato non avanzasse verso l’Est.
Approfittando dello smembramento dell'Urss nel 1991, delle dimissioni di Gorbaciov e del conseguente collasso del patto di Varsavia, l’Occidente spinto dagli Stati Uniti ha tradito l’impegno. Trent'anni fa l’Alleanza atlantica era dirimpettaia della Russia solo all'estremo nord della Norvegia, mentre con il tempo, essendosi allargata a tutti gli stati baltici e a quelli dell’ex patto di Varsavia, praticamente l'ha accerchiata, spostando la sua presenza di ben 1000 chilometri verso la Russia.
Non solo ha accolto Albania, Bulgaria, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Repubblica Ceca. Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, ma ha allungato la lista dei paesi associati con Armenia Azerbaijan, Bosnia, Georgia, Moldova, Serbia, Ucraina.
E proprio la questione dell’Ucraina è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso tanto che la Russia ha sentito sul collo la minaccia dello schieramento militare occidentale.
Dopo l'annessione della Crimea, abitata prevalentemente da russi, sancita con un referendum di secessione dall'Ucraina del 2014, Nato e UE non solo non ne hanno riconosciuto validità, ma hanno imposto misure di boicottaggio e pesanti sanzioni contro la Russia.
La mini rivoluzione in Kazakistan sedata dall'intervento russo, ha indotto Putin ad una prova muscolare ai confini con l'Ucraina nel timore di perdere un ulteriore spazio di prestigio politico e territoriale a danno del suo ruolo di superpotenza nell’Europa orientale.
Putin ha quindi schierato un’ingente forza militare ai confini con l'Ucraina ed ha chiesto di ottenere “garanzie legali” per la sicurezza della Russia con un arretramento militare della Nato e la creazione di una zona cuscinetto nell'Europa orientale, nel Caucaso e nell'Asia centrale.
Viceversa la Nato ha reagito rafforzando il dispiegamento in Europa orientale ed ha fatto intendere che è vicina l'adozione di ulteriori misure a protezione e difesa dell'Ucraina. L’UE, incapace di esaminare un’opzione diversa, appare incline ad imporre sanzioni più severe di quelle del 2014, mentre il presidente USA minaccia pesanti ritorsioni in caso di profondo sconfinamento militare russo.
A prescindere dal vertice senza conclusioni dei ministri degli esteri europei, il gesto politico che più ci riguarda in questa escalation contro la pace e la stabilità, è che gli Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania hanno avuto una riunione esclusiva senza coinvolgerci per valutare un approccio coordinato e un fronte compatto da tenere contro Putin.
Noi siamo rimasti nascosti, impegnati a custodire la nostra irrilevanza.
Nessuno chiede al titolare della Farnesina di trasformarsi in un mago della politica estera, alla stregua del principe de Talleyrand, ma almeno di dare un segno di vita ben oltre le fanfare dei suoi continui viaggi che non mi sembra abbiano portato a casa risultati tangibili per gli interessi nazionali.
In politica estera, è risaputo, conta il fait accompli: Di Maio prenda l'aereo, vada dal suo omologo russo Lavrov e giochi la carta della distensione e della difesa degli interessi italiani, presentandosi poi agli occhi degli alleati come fautore di una soluzione diplomatica della crisi in atto.
Torquato Cardilli
25 gennaio 2022
QUANDO I FATTI, GRAZIE AD UNA STAMPA COMPIACENTE, FINISCONO PER ESSERE VISTI SOTTO SOPRA!
RispondiEliminaDi Maio, semmai dovrebbe andare dal Biden non dal suo omologo Russo. In tutto questo, si dimentica che gli invasori sono gli americani non i russi.
Nel 2014, proprio per ammissione pubblica di Soros, che ammise di aver finanziato il colpo di Stato in Ucraina, furono introdotti in quel paese dei mercenari, che rovesciato quel legittimo governo ne sistemarono al suo posto uno filo americano.
Questo si inquadrava nella strategia di conquista geopolitica dell'area, ma sopratutto per le ingenti risorse di gas, carbone e soprattutto titanio.
Dunque, gli invasori sarebbero i russi, che in Ucraina avevano da decenni i loro interessi e rapporti di vicinanza fisica e politica ???
Qualcuno si chiede, altrimenti, che c'entrano gli USA in un'area tanto distante da loro?
L'unico politico a divenire personalità di primo piano nello scacchiere internazionale era Andreotti. Dopo di lui nessuno!
RispondiEliminaCalogero Dolcimascolo, figuriamoci come siam messi!!!
EliminaSulle risoluzioni/trattati internazionali i ministri hanno un ruolo secondario. La responsabilità è sempre del capo del governo. Beata ignoranza.
RispondiEliminaEsiste una politica estera italiana? Non esiste una politica estera europea e come potrebbe esistere quella italiana? Esiste la Nato e quindi chi decide sono gli USA.
RispondiEliminaIl problema non è se abbiamo una politica estera italiana, il vero problema è: che razza di politica italiana abbiamo?
RispondiEliminaQuando la politica estera di una Nazione è carente e manca una visione unitaria della Comunità Europea, non c'è ministro degli Esteri che tiene. Comunque, ultimo ministro degli Affari Esteri di rilievo, a mio avviso, è stato Giulio Terzi.
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