Sai le risate che si son fatti gli altri leader del G7 e del G20 nonché dei 192 stati rappresentati all'ONU, per la preoccupazione che è stata avvertita dopo una simile terrificante minaccia a 7 miliardi e mezzo di persone!
Senza temere l’avverarsi di tale aspirazione onirica al primato mondiale, bisogna però chiedersi quale sia oggi la strategia di politica estera italiana, valida per i prossimi venti anni.
Recitare la solita giaculatoria benpensante dell’Italia pilastro dell’europeismo e dell’atlantismo senza una motivazione plausibile di interesse nazionale, ha un sapore di minestra riscaldata, servita nella speranza di ottenere i miliardi del “recovery fund” e difendere il seggio nel G7 prima che gli altri si affrettino a metterci una corda intorno al collo per consentirci di restarvi alle loro condizioni.
Lo stesso discorso vale per la NATO, già definita da Macron uno scheletro di poco peso, che ha perso il carattere fondativo di alleanza politico-militare di mutuo soccorso tra pari di fronte alla minaccia sovietica, per manifestare una crescente propensione ad assecondare l’avventurismo americano e far scivolare gli alleati nel vallone del servilismo, dell’obbedienza incondizionata al volere degli Usa.
Senza temere l’avverarsi di tale aspirazione onirica al primato mondiale, bisogna però chiedersi quale sia oggi la strategia di politica estera italiana, valida per i prossimi venti anni.
Recitare la solita giaculatoria benpensante dell’Italia pilastro dell’europeismo e dell’atlantismo senza una motivazione plausibile di interesse nazionale, ha un sapore di minestra riscaldata, servita nella speranza di ottenere i miliardi del “recovery fund” e difendere il seggio nel G7 prima che gli altri si affrettino a metterci una corda intorno al collo per consentirci di restarvi alle loro condizioni.
Lo stesso discorso vale per la NATO, già definita da Macron uno scheletro di poco peso, che ha perso il carattere fondativo di alleanza politico-militare di mutuo soccorso tra pari di fronte alla minaccia sovietica, per manifestare una crescente propensione ad assecondare l’avventurismo americano e far scivolare gli alleati nel vallone del servilismo, dell’obbedienza incondizionata al volere degli Usa.
A ben vedere negli ultimi 20 anni non c’è stata guerra in cui non siano intervenuti gli Stati Uniti, che come gli ipocriti, che vogliono apparire diversi da quello che sono, hanno rifiutato di occupare la posizione di vertice nella NATO, nascondendosi dietro la foglia di fico del rappresentante di un paese che, fatta eccezione per la Gran Bretagna, conta poco o nulla in termini militari (il ruolo di Segretario Generale è stato affidato al Regno Unito e all'Olanda tre volte ciascuno, al Belgio due volte e a Norvegia, Italia, Spagna, Danimarca, Germania una volta).
La nostra classe governante, dedita a considerare con spregiudicatezza la politica come un'attività lucrosa volta alla fruizione di privilegi, al mantenimento del potere e alla protezione del tornaconto personale, è sempre incline a spaccare il capello in quattro sulle alchimie dei rapporti di forza tra partiti, sulle percentuali e sulle poltrone da spartire, ma non si è resa conto che il mondo è cambiato e che la politica estera è rimasta la principale attività che condiziona la sicurezza, la vita interna e l'economia di ogni paese.
Le fondamenta della politica estera, da sempre, sono riassumibili in un'unica espressione: gli interessi esclusivi della nazione, così come recita il giuramento che i ministri fanno di fronte al Capo dello Stato.
Tutti i governi negli ultimi venti anni se ne sono dimenticati ed hanno mostrato eccessiva acquiescenza alla superpotenza senza contropartite e soprattutto senza ascoltare il diffuso sentimento di disapprovazione popolare per il nostro coinvolgimento in inutili, dispendiose, velleitarie, manifestazioni di politica muscolare in vari teatri di guerra.
Prendiamo l’Afghanistan. La nostra spedizione militare, vestita con il mantello falso della missione di pace, in realtà non è stata altro che un servizio ancillare a favore degli USA che, come bisonti impazziti dopo la strage delle torri gemelle portata a compimento da 10 terroristi sauditi, hanno dichiarato guerra ad un altro saudita, Bin Laden, già loro alleato nella lotta dei Talebani contro l'URSS, rifugiato in Afghanistan che con la tragedia di New York non c'entrava proprio.
Quando essa fu autorizzata, il Governo ed il Parlamento dissero che si trattava di difendere l’Occidente dal terrorismo, di sconfiggere il fondamentalismo islamico, di annientare al Qaida, di aiutare il regime afghano a costruire istituzioni democratiche, di bloccare la restaurazione del regime talebano oscurantista contrario ai diritti umani e all'emancipazione femminile.
Belle parole. Peccato che queste premesse si siano rivelate un castello di carte truccate.
Al popolo italiano è stato nascosto che in Afghanistan non c'era affatto alcuna struttura di al Qaida, che invece era in atto una guerra civile, e che i nostri soldati, uomini e donne, venivano inviati per prendere le difese del governo fantoccio messo su dall'America in una guerra senza speranza che non aveva nulla a che fare con la nostra sicurezza nazionale.
Il terrorismo internazionale (che non ha mai, dico mai, avuto una matrice talebana) si è moltiplicato ed espanso con l’Isis, nato ben dopo l’inizio della guerra in Afghanistan, Bin Laden è stato ucciso in Pakistan, il governo afghano si è rivelato corrotto, il traffico e il contrabbando di droga si è moltiplicato, i Taleban non sono stati sconfitti.
Chi avesse avuto senso dello Stato, con l'intento di operare per il bene della nazione, non avrebbe mandato i propri figli a sacrificarsi in una spedizione inutile, per contrastare una sanguinosa faida tra clan. E invece lo ha fatto con fiumi di retorica per compiacere gli Stati Uniti senza nessun vantaggio pratico.
Non è stato vero amor di patria, ma un trucco per coprire la propria modestia, l'assenza di una visione strategica, la mancanza di un obiettivo concreto a beneficio di questa e della prossima generazione.
Con 7 miliardi di euro dilapidati avremmo potuto sostenere la nostra sanità, la ricerca, la scuola, e la cura dei nostri interessi minacciati e danneggiati nel Mediterraneo, soprattutto dalla Libia, destabilizzata dalla coalizione anglo-franco-americana con obiettivi contrari all’Italia che noi invece abbiamo aiutato.
Avremmo dovuto impiegare la nostra forza militare marittima e aerea, la nostra polizia, guardia di finanza e capitanerie di porto, i corpi speciali dei carabinieri e degli incursori, la nostra intelligence per proteggerci non dai Talebani, ma dagli scafisti commercianti di carne umana a suon di milioni di dollari a spese di reietti senza qualità professionali, che finiscono per inquinare il nostro assetto sociale, sanitario, culturale e per cadere in braccio alla criminalità organizzata.
La nostra missione in Afghanistan, che ha impegnato più di diecimila soldati, si è conclusa in modo ignominioso, senza gloria, alla chetichella, mentre il mondo politico italiano ha continuato ad accapigliarsi sull'uso delle mascherine, sulla scelta dei vaccini, sull'orario degli apericena e della movida.
Da quella guerra ventennale, la cui lunghezza ha fatto impallidire la durata dell'assedio di Troia, della II guerra mondiale, di quella di Corea e del Vietnam, che ci è costata 55 vite spezzate, che hanno lasciato orfani e vedove, più di 600 feriti e mutilati o con danni psicologici seri, non abbiamo ottenuto nessun risultato, proprio nessuno, nemmeno un appoggio politico.
Stati Uniti, G7, Onu, Unione europea e Nato quando erano in gioco i nostri interessi economici, di sicurezza, di difesa in ambito internazionale hanno girato la testa dall'altra parte facendo finta di non sentire.
Ci siamo ritirati dall’Afghanistan solo perché gli Stati Uniti, che avevano seminato morte alla cieca, hanno deciso dopo trattative segrete e separate a nostra insaputa, di alzare bandiera bianca consci di aver perso.
Non ci sarebbe voluto un genio per aggiornare l'espressione di Metternich sull'Italia pura espressione geografica e capire che se siamo il ponte dell'Europa nel Mediterraneo, il Nord Africa è il trampolino di lancio per centinaia di migliaia di esseri umani in cerca di libertà e di fortuna.
Il non averlo compreso è stata una grave carenza di politica estera con conseguenze gravi sulla politica interna.
L’immigrazione di poveracci dall'Africa, e da vari paesi asiatici via Libia, da dieci anni a questa parte non è stato un fenomeno emergenziale o temporaneo come si è voluto far credere adottando di volta in volta costose misure di finta accoglienza del tutto vergognose e inefficaci, ma un trend sistemico destinato a durare per decenni.
Non abbiamo le strutture adeguate, né un collaudato sistema logistico-amministrativo, né uno scheletro di organizzazione della pubblica amministrazione per fronteggiare il fenomeno ed è del tutto risibile la proposta di qualche bello spirito di creare in Africa degli hot spot per selezionare i migranti.
Nonostante le spese regolarmente approvate da un Parlamento che vota senza leggere e senza dibattito, non abbiamo risolto nessuno dei nostri problemi di sicurezza, né saputo collegare la nostra cooperazione con i vari paesi africani all’immediato rimpatrio dei migranti, né pretendere dall’Europa lo stesso tipo di politica adottato con la Turchia per chiudere la rotta balcanica.
La nostra politica estera è stata assente, senza una strategia, senza un orizzonte mirato agli interessi nazionali, ma ha continuato a mentire al popolo sui rapporti con l'Europa, con la Nato, con l’Onu.
Abbiamo nascosto gli schiaffi subiti da tutti, finti alleati, finti amici e nemici, tacendo sulla protervia delle ONG, sull’egoismo dell’Unione europea, sull’umiliante estorsione impostaci dall’India nella vicenda dei marò, sull’onta inflittaci dall’Egitto responsabile del barbaro assassinio di Regeni, sulla classica presa in giro degli Usa nella vicenda di Chico Forti, sul costante ricatto e sfruttamento della Libia che continua a ricevere il nostro appoggio politico, e in cambio a spedirci emigranti e a catturare i nostri pescherecci, sul raggiro della Francia nella vicenda della cessione di un pezzo del mar Ligure e sulle restituzioni forzose di migranti ecc.
Ma se ci limitassimo a protestare per il servilismo verso l'alleato maggiore senza sostanziare qualche episodio, tra i tanti, si scivolerebbe in un inutile scontro ideologico. Non è così.
Il popolo italiano non è stato assolutamente informato delle migliaia di servitù cui è sottoposto il paese in termini militari e giudiziari verso gli USA e la NATO.
Gli Stati Uniti non hanno esitato a coinvolgerci come valletti cobelligeranti nelle loro operazioni di invasioni e bombardamenti facendosi coprire da delibere postume di ONU e NATO (Iraq, Afghanistan, Sudan, Libia) o a fomentare rivolte (Venezuela, Siria, Ucraina) o a imporre sanzioni giugulatorie (Venezuela, Iran, Russia) o restrizioni daziarie e commerciali (Cina).
Abbiamo rinunciato alla sovranità nazionale concedendo basi militari che godono di extraterritorialità, depositi di bombe atomiche e di materiale radioattivo e batteriologico, immunità dalla giustizia penale per tutti i militari e civili americani ivi operanti, esenzione doganali per qualsiasi importazione diretta alle basi, alloggio a una miriade di spioni, obbedienza dei nostri servizi segreti che in cambio di nulla si sono prestati a favorire il rapimento in territorio italiano di un dissidente egiziano, grazia penale a gogo concessa dal presidente della Repubblica per i responsabili di gravi reati tra cui il disastro del Cermis.
Questi fatti messi insieme sono umilianti per il nostro paese che storicamente soffre di un complesso di inferiorità rispetto a chi ci guarda con sarcasmo, se non addirittura con disprezzo.
Alla fine della II guerra mondiale hanno accompagnato il fondamentale piano Marshall con l'elargizione di cioccolato e tabacco; ma gli americani di oggi non sono più quelli, si limitano ad invitare alla Casa Bianca “pour épater le bourgeois” il nostro Presidente del Consiglio di turno con una consolatoria pacca sulle spalle, ricordandogli di stare al guinzaglio.
Sono anni che, in politica estera, non facciamo che perdere posizioni nella scala dei valori, della rispettabilità, della credibilità e della difesa degli interessi nazionali: ci siamo piegati senza contropartite di sorta alle sanzioni anti Iran e anti Russia con un immediato danno alle nostre esportazioni; siamo stati esclusi dal negoziato sul nucleare iraniano riservato ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU più la sola Germania; non abbiamo ricevuto alcuna solidarietà contro il Pinochet delle piramidi. La nostra richiesta di revisione degli accordi di Dublino con ripartizione pro quota degli immigrati ha ricevuto uno sberleffo dai sovranisti europei che si sono affrettati ad erigere reticolati con il filo spinato.
Siamo stati umiliati nella battaglia per il seggio non permanente nel CdS dell'ONU condiviso con l’Olanda che ci ha pure beffato nell'assegnazione della sede dell'Agenzia del farmaco in cambio di nulla.
Abbiamo avuto all'attivo solo due perle di un conato di politica estera indipendente come la scelta di ripercorrere l'antica via della seta con la Cina e il rifiuto di allinearci obbedienti a rompere con Maduro in favore di Guaidò scomparso dai radar, contrariamente a quanto fatto dalla Germania e dall’UE, ma sembra poca cosa rispetto al prezzo che paghiamo ogni giorno agli alleati e agli Stati Uniti da cui non riusciamo ad imparare le cose positive: la severità della legge, le punizioni esemplari per i frodatori del fisco, l'uscita di scena dalla vita pubblica del politico invischiato in scandali di ogni tipo senza attendere il verdetto della magistratura.
Torquato Cardilli
23 Giugno 2021
La nostra classe governante, dedita a considerare con spregiudicatezza la politica come un'attività lucrosa volta alla fruizione di privilegi, al mantenimento del potere e alla protezione del tornaconto personale, è sempre incline a spaccare il capello in quattro sulle alchimie dei rapporti di forza tra partiti, sulle percentuali e sulle poltrone da spartire, ma non si è resa conto che il mondo è cambiato e che la politica estera è rimasta la principale attività che condiziona la sicurezza, la vita interna e l'economia di ogni paese.
Le fondamenta della politica estera, da sempre, sono riassumibili in un'unica espressione: gli interessi esclusivi della nazione, così come recita il giuramento che i ministri fanno di fronte al Capo dello Stato.
Tutti i governi negli ultimi venti anni se ne sono dimenticati ed hanno mostrato eccessiva acquiescenza alla superpotenza senza contropartite e soprattutto senza ascoltare il diffuso sentimento di disapprovazione popolare per il nostro coinvolgimento in inutili, dispendiose, velleitarie, manifestazioni di politica muscolare in vari teatri di guerra.
Prendiamo l’Afghanistan. La nostra spedizione militare, vestita con il mantello falso della missione di pace, in realtà non è stata altro che un servizio ancillare a favore degli USA che, come bisonti impazziti dopo la strage delle torri gemelle portata a compimento da 10 terroristi sauditi, hanno dichiarato guerra ad un altro saudita, Bin Laden, già loro alleato nella lotta dei Talebani contro l'URSS, rifugiato in Afghanistan che con la tragedia di New York non c'entrava proprio.
Quando essa fu autorizzata, il Governo ed il Parlamento dissero che si trattava di difendere l’Occidente dal terrorismo, di sconfiggere il fondamentalismo islamico, di annientare al Qaida, di aiutare il regime afghano a costruire istituzioni democratiche, di bloccare la restaurazione del regime talebano oscurantista contrario ai diritti umani e all'emancipazione femminile.
Belle parole. Peccato che queste premesse si siano rivelate un castello di carte truccate.
Al popolo italiano è stato nascosto che in Afghanistan non c'era affatto alcuna struttura di al Qaida, che invece era in atto una guerra civile, e che i nostri soldati, uomini e donne, venivano inviati per prendere le difese del governo fantoccio messo su dall'America in una guerra senza speranza che non aveva nulla a che fare con la nostra sicurezza nazionale.
Il terrorismo internazionale (che non ha mai, dico mai, avuto una matrice talebana) si è moltiplicato ed espanso con l’Isis, nato ben dopo l’inizio della guerra in Afghanistan, Bin Laden è stato ucciso in Pakistan, il governo afghano si è rivelato corrotto, il traffico e il contrabbando di droga si è moltiplicato, i Taleban non sono stati sconfitti.
Chi avesse avuto senso dello Stato, con l'intento di operare per il bene della nazione, non avrebbe mandato i propri figli a sacrificarsi in una spedizione inutile, per contrastare una sanguinosa faida tra clan. E invece lo ha fatto con fiumi di retorica per compiacere gli Stati Uniti senza nessun vantaggio pratico.
Non è stato vero amor di patria, ma un trucco per coprire la propria modestia, l'assenza di una visione strategica, la mancanza di un obiettivo concreto a beneficio di questa e della prossima generazione.
Con 7 miliardi di euro dilapidati avremmo potuto sostenere la nostra sanità, la ricerca, la scuola, e la cura dei nostri interessi minacciati e danneggiati nel Mediterraneo, soprattutto dalla Libia, destabilizzata dalla coalizione anglo-franco-americana con obiettivi contrari all’Italia che noi invece abbiamo aiutato.
Avremmo dovuto impiegare la nostra forza militare marittima e aerea, la nostra polizia, guardia di finanza e capitanerie di porto, i corpi speciali dei carabinieri e degli incursori, la nostra intelligence per proteggerci non dai Talebani, ma dagli scafisti commercianti di carne umana a suon di milioni di dollari a spese di reietti senza qualità professionali, che finiscono per inquinare il nostro assetto sociale, sanitario, culturale e per cadere in braccio alla criminalità organizzata.
La nostra missione in Afghanistan, che ha impegnato più di diecimila soldati, si è conclusa in modo ignominioso, senza gloria, alla chetichella, mentre il mondo politico italiano ha continuato ad accapigliarsi sull'uso delle mascherine, sulla scelta dei vaccini, sull'orario degli apericena e della movida.
Da quella guerra ventennale, la cui lunghezza ha fatto impallidire la durata dell'assedio di Troia, della II guerra mondiale, di quella di Corea e del Vietnam, che ci è costata 55 vite spezzate, che hanno lasciato orfani e vedove, più di 600 feriti e mutilati o con danni psicologici seri, non abbiamo ottenuto nessun risultato, proprio nessuno, nemmeno un appoggio politico.
Stati Uniti, G7, Onu, Unione europea e Nato quando erano in gioco i nostri interessi economici, di sicurezza, di difesa in ambito internazionale hanno girato la testa dall'altra parte facendo finta di non sentire.
Ci siamo ritirati dall’Afghanistan solo perché gli Stati Uniti, che avevano seminato morte alla cieca, hanno deciso dopo trattative segrete e separate a nostra insaputa, di alzare bandiera bianca consci di aver perso.
Non ci sarebbe voluto un genio per aggiornare l'espressione di Metternich sull'Italia pura espressione geografica e capire che se siamo il ponte dell'Europa nel Mediterraneo, il Nord Africa è il trampolino di lancio per centinaia di migliaia di esseri umani in cerca di libertà e di fortuna.
Il non averlo compreso è stata una grave carenza di politica estera con conseguenze gravi sulla politica interna.
L’immigrazione di poveracci dall'Africa, e da vari paesi asiatici via Libia, da dieci anni a questa parte non è stato un fenomeno emergenziale o temporaneo come si è voluto far credere adottando di volta in volta costose misure di finta accoglienza del tutto vergognose e inefficaci, ma un trend sistemico destinato a durare per decenni.
Non abbiamo le strutture adeguate, né un collaudato sistema logistico-amministrativo, né uno scheletro di organizzazione della pubblica amministrazione per fronteggiare il fenomeno ed è del tutto risibile la proposta di qualche bello spirito di creare in Africa degli hot spot per selezionare i migranti.
Nonostante le spese regolarmente approvate da un Parlamento che vota senza leggere e senza dibattito, non abbiamo risolto nessuno dei nostri problemi di sicurezza, né saputo collegare la nostra cooperazione con i vari paesi africani all’immediato rimpatrio dei migranti, né pretendere dall’Europa lo stesso tipo di politica adottato con la Turchia per chiudere la rotta balcanica.
La nostra politica estera è stata assente, senza una strategia, senza un orizzonte mirato agli interessi nazionali, ma ha continuato a mentire al popolo sui rapporti con l'Europa, con la Nato, con l’Onu.
Abbiamo nascosto gli schiaffi subiti da tutti, finti alleati, finti amici e nemici, tacendo sulla protervia delle ONG, sull’egoismo dell’Unione europea, sull’umiliante estorsione impostaci dall’India nella vicenda dei marò, sull’onta inflittaci dall’Egitto responsabile del barbaro assassinio di Regeni, sulla classica presa in giro degli Usa nella vicenda di Chico Forti, sul costante ricatto e sfruttamento della Libia che continua a ricevere il nostro appoggio politico, e in cambio a spedirci emigranti e a catturare i nostri pescherecci, sul raggiro della Francia nella vicenda della cessione di un pezzo del mar Ligure e sulle restituzioni forzose di migranti ecc.
Ma se ci limitassimo a protestare per il servilismo verso l'alleato maggiore senza sostanziare qualche episodio, tra i tanti, si scivolerebbe in un inutile scontro ideologico. Non è così.
Il popolo italiano non è stato assolutamente informato delle migliaia di servitù cui è sottoposto il paese in termini militari e giudiziari verso gli USA e la NATO.
Gli Stati Uniti non hanno esitato a coinvolgerci come valletti cobelligeranti nelle loro operazioni di invasioni e bombardamenti facendosi coprire da delibere postume di ONU e NATO (Iraq, Afghanistan, Sudan, Libia) o a fomentare rivolte (Venezuela, Siria, Ucraina) o a imporre sanzioni giugulatorie (Venezuela, Iran, Russia) o restrizioni daziarie e commerciali (Cina).
Abbiamo rinunciato alla sovranità nazionale concedendo basi militari che godono di extraterritorialità, depositi di bombe atomiche e di materiale radioattivo e batteriologico, immunità dalla giustizia penale per tutti i militari e civili americani ivi operanti, esenzione doganali per qualsiasi importazione diretta alle basi, alloggio a una miriade di spioni, obbedienza dei nostri servizi segreti che in cambio di nulla si sono prestati a favorire il rapimento in territorio italiano di un dissidente egiziano, grazia penale a gogo concessa dal presidente della Repubblica per i responsabili di gravi reati tra cui il disastro del Cermis.
Questi fatti messi insieme sono umilianti per il nostro paese che storicamente soffre di un complesso di inferiorità rispetto a chi ci guarda con sarcasmo, se non addirittura con disprezzo.
Alla fine della II guerra mondiale hanno accompagnato il fondamentale piano Marshall con l'elargizione di cioccolato e tabacco; ma gli americani di oggi non sono più quelli, si limitano ad invitare alla Casa Bianca “pour épater le bourgeois” il nostro Presidente del Consiglio di turno con una consolatoria pacca sulle spalle, ricordandogli di stare al guinzaglio.
Sono anni che, in politica estera, non facciamo che perdere posizioni nella scala dei valori, della rispettabilità, della credibilità e della difesa degli interessi nazionali: ci siamo piegati senza contropartite di sorta alle sanzioni anti Iran e anti Russia con un immediato danno alle nostre esportazioni; siamo stati esclusi dal negoziato sul nucleare iraniano riservato ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU più la sola Germania; non abbiamo ricevuto alcuna solidarietà contro il Pinochet delle piramidi. La nostra richiesta di revisione degli accordi di Dublino con ripartizione pro quota degli immigrati ha ricevuto uno sberleffo dai sovranisti europei che si sono affrettati ad erigere reticolati con il filo spinato.
Siamo stati umiliati nella battaglia per il seggio non permanente nel CdS dell'ONU condiviso con l’Olanda che ci ha pure beffato nell'assegnazione della sede dell'Agenzia del farmaco in cambio di nulla.
Abbiamo avuto all'attivo solo due perle di un conato di politica estera indipendente come la scelta di ripercorrere l'antica via della seta con la Cina e il rifiuto di allinearci obbedienti a rompere con Maduro in favore di Guaidò scomparso dai radar, contrariamente a quanto fatto dalla Germania e dall’UE, ma sembra poca cosa rispetto al prezzo che paghiamo ogni giorno agli alleati e agli Stati Uniti da cui non riusciamo ad imparare le cose positive: la severità della legge, le punizioni esemplari per i frodatori del fisco, l'uscita di scena dalla vita pubblica del politico invischiato in scandali di ogni tipo senza attendere il verdetto della magistratura.
Torquato Cardilli
23 Giugno 2021
Torquato Cardilli, anche se in poche righe, è stato chiaro ed esaustivo, come il suo quasiomonimo Tasso.
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