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venerdì 9 ottobre 2020

COVID 19 E SOCIAL DILEMMA

di Francesco Salvatore - Gli esseri viventi inevitabilmente convivono con le malattie e gli uomini, in particolare, hanno sviluppato metodi di prevenzione e cura.Che, nel tempo, hanno dato vita a quella medicina moderna che ci ha abituati a credere che essendoci sempre una cura disponibile la prevenzione è più che altro una seccatura.

Poiché non si dispone di risorse infinite, per la loro allocazione ottimale in campo sanitario, le malattie vanno ordinate secondo una scala di gravità che, essenzialmente, dipende da:
  • letalità, cioè la percentuale di decessi sul totale dei soggetti ammalati;
  • contagiosità, cioè il numero di persone che potenzialmente un malato può infettare, in particolare, questa caratteristica può essere misurata in assenza (R0) o presenza (Rt) di interventi di cura. 
Quanto più elevati sono gli indicatori associati a queste due caratteristiche, tanto più sarà grave la malattia e, quindi, tanto maggiore sarà il bisogno di risorse per contrastarla.

Indipendentemente dalla sua letalità, nel caso di epidemie, il numero delle persone che si ammalano è “eccessivo” rispetto alle capacità di risposta della comunità e quindi mette in crisi il sistema sanitario o, quantomeno, richiede interventi eccezionali per fronteggiare, non solo l’evento morboso, ma anche le conseguenze socio-economiche.

Quando, poi, il morbo tende a diffondersi rapidamente in vastissimi territori o continenti, allora si parla di pandemia e, qui le cose peggiorano visto anche la facilità di movimento di persone e merci che caratterizza i nostri tempi.

Nel caso di malattie epidemiche o pandemiche l’efficacia delle azioni di contrasto non si limita alle sole risorse sanitarie ma deve anche tener conto delle capacità collaborativa della popolazione: i comportamenti diventano allora un fattore cruciale per contenere la diffusione della malattia e, conseguentemente, supportare gli sforzi profusi sul fronte sanitario.

Ciò premesso, che il Covid sia una pandemia non è argomento di discussione seria; sulla sua letalità i numeri non sono ancora rassicuranti anche se è indubbiamente diminuita a seguito di protocolli di cura più appropriati; sulla sua contagiosità, invece, i numeri sono sconfortanti e mostrano il fianco prestato al virus: la mancanza di un vaccino, da un lato, e le scelte politiche miopi e inadeguate che hanno privilegiato al profitto alla salute.

In attesa di un vaccino, l’esperienza ha evidenziato come laddove si siano adottate misure di prevenzione dei contagi i bilanci siano meno drammatici e come il miglior alleato del virus siano i comportamenti dei singoli. Il lockdown sperimentato in Italia ha dimostrato con i numeri che il virus si muove usando le gambe di chi ha infettato, il confinamento ha prodotto l’inversione di tendenza della curva dei contagi fino ai livelli gestibili dei mesi scorsi.

Inoltre è ragionevole pensare che, avvenendo la diffusione del virus per via aerea, la distanza interpersonale - in luoghi chiusi o con areazione inadeguata - possa rappresentare una forma di prevenzione; come pure l’uso di mascherine appropriate possa costituire un ulteriore precauzione di prevenzione.

In momenti di confusione dove non ci sono i punti di riferimento a cui ci ha abituato la medicina moderna, la migliore cura a cui bisogna affidarci è il Buon Senso, quella capacità naturale di giudicare e agire correttamente di fronte a situazioni di difficoltà. E la prevenzione è sempre di Buon Senso.

Lo stesso che ci ha portati a cambiare l’atteggiamento nei confronti del fumo o di comportamenti alimentari in relazione a diverse patologie o, addirittura, al mantenimento della forma fisica del corpo.

C’è da restare basiti con chi si indigna per l’imposizione di misure preventive la cui finalità è solo la salute dei cittadini: esattamente come le limitazioni imposte ai fumatori per preservare la salute altrui.

Se il bene della salute è prioritario ne consegue che le misure di prevenzione relative a distanza interpersonale e uso di mascherina vanno rispettate soprattutto perché sono misure sostenibili improntate, per l’appunto, al Buon Senso.

Francesco Salvatore
09 Ottobre 2020

2 commenti:

  1. Antonella Giallombardo9 ottobre 2020 alle ore 15:42

    Il "buon senso" che purtroppo manca a molti, non solo giovani, ma anche diversamente giovani, e e trovando scuse assurde anche per non sottoporsi ad un test sierologico.

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  2. Un proverbio latino dice “Praestat cautela quam medela” (Prevenire è meglio che curare). Questo vale per le malattie che conosciamo o per prevenire gli infortuni. Quando si presenta una pandemia come il Covid, uno sconosciuto imprevedibile che miete vittime fra chi deve essere curato e chi cura, occorre un impegno corale della scienza, della politica e della comunità. Malgrado le discordanze fra alcuni scienziati e le divergenze fra il Governo centrale e le Amministrazioni decentrate, la popolazione ha dimostrato un alto senso di responsabilità. Ora sappiamo come si comporta il virus e che lo si può debellare con un vaccino specifico. Nell’attesa, come giustamente dice Francesco Salvatore, per curarlo e prevenirlo occorre il “Buon Senso”. Non si comprendono i pareri discordanti fra alcuni scienziati e i contrasti politici che disorientano la popolazione. Questo è il momento in cui dovrebbe sentirsi una sola parola, un solo sentimento: l’Unità della scienza, della politica, dell’informazione e della comunità. Invece, si da spazio al negazionismo malgrado le oltre 36mila vittime. Ho incominciato con un proverbio latino, chiudo con una locuzione latina: “Salus populi suprema lex esto - Il bene del popolo sia la legge suprema” (Cicerone, De Legibus). Per il nostro bene e quello degli altri: rispettiamo le regole dettate dal “Buon Senso”.

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