È un’abitudine che mantengo dal 2009, anno di esordio di quel quotidiano. I suoi articoli, scritti con intelligenza politica assai rara, offrono sempre spunti originali per un’analisi politica lucida e improntata sui fatti, sempre ben distinti dalle opinioni non meno stimolanti.
Travaglio si legge d’un fiato anche per il taglio satirico che rende unica e inconfondibile la sua penna. Molto spesso il tema dell’informazione “malata” è affrontato dal direttore che dà conto di notizie pubblicate dai cosiddetti giornaloni manipolate, ridimensionate o, quando danno fastidio all'editore, agli sponsor o al palazzo vengono relegate in taglio basso nelle ultime pagine del giornale in poche righe. Ieri, 23 ottobre, leggendo il fondo dal titolo sinistro: “Cambiamo mestiere”, ho provato un senso di tristezza e desolazione. Per la prima volta ho colto parole di sconforto che in quasi 10 anni non avevo mai riscontrato in un combattente come lui.
Devo dire, però, che le ragioni di un profondo scoramento c’erano tutte. Travaglio, nel suo articolo, riferiva della sentenza del tribunale civile di Firenze che condannava lui, il quotidiano e una giornalista per aver pubblicato articoli sulle inchieste in cui è coinvolto Tiziano Renzi e alcuni suoi amici, sugli affari di famiglia e sulla Consip. Il papà Renzi era infatti indagato a Genova insieme ad altri per la bancarotta di una sua società poi fallita, la famosa Chil Post, dove aveva assunto il pargolo Matteo.
Si tratta di storie intrecciate che coinvolgono altri noti coimputati come Alfredo Romeo, arrestato per corruzione, Luigi Marroni amministratore delegato di Consip. Una vicenda di appalti nella quale Renzi senior, secondo la procura, faceva da tramite ad alcuni faccendieri che volevano incontrare il figlio, allora presidente del Consiglio. Per aver riportato queste notizie (silenziate dai quotidiani d'elite), Travaglio è stato condannato per diffamazione e a pagare 95 mila euro a Tiziano Renzi. Una cifra spropositata e insopportabile per un giornale che non riceve finanziamenti pubblici, raccoglie poca pubblicità e che si finanzia esclusivamente con le copie vendute in edicola e con gli abbonamenti, per fortuna in crescita. La raccolta della pubblicità è minima per una precisa scelta editoriale: l’azienda-sponsor acquista uno spazio pubblicitario sulle proprie pagine, ma non gli viene concesso di comprare il giornale condizionandone gli articoli.
Quando il Fatto deve dare una notizia la pubblica anche se è scomoda per la stessa azienda che ha firmato il contratto pubblicitario. Intanto la notizia della condanna per Travaglio, pubblicata dal suo stesso giornale è stata utilizzata da Renzi che, da bugiardo cronico qual è, ha subito approfittato, per inveire contro il Fatto e il suo direttore rei (a suo dire) di aver infangato ingiustamente la sua famiglia, finalmente riabilitata dopo le diffamazioni subite.
Naturalmente il bomba sa che le cose stanno diversamente e che non vi è stata nessuna diffamazione. I contenuti di tutti gli articoli pubblicati infatti sono stati giudicati autentici e veritieri dallo stesso Tribunale fiorentino che ha emesso la condanna. E allora come si spiega una sanzione così pesante nei confronti di giornalisti che hanno raccontato la verità. Non ci si crederà, ma la sentenza ha dato ragione a babbo Renzi per due dei sei articoli pubblicati tra il 2015 e il 2016 contestandone, non i fatti riferiti ma un titolo e due parole contenute in un commento di Travaglio. Il titolo condannato (vale 30 mila euro), era “Banca Etruria, papà Renzi e Rosi. La coop degli affari adesso è nel mirino dei pm”. Le due paroline (30 mila euro ciascuna) sono “bancarotta” e “affarucci”. Travaglio pagherà quanto richiesto dai giudici e presenterà appello per riavere indietro quei soldi che gridano vendetta e che risultano sproporzionati come le stesse accuse di diffamazione, contestate in assenza assoluta di notizie false e infamanti come asserito dal tribunale. Ognuno potrà giudicare se in questa sentenza vi siano messaggi di intimidazione nei confronti di un quotidiano libero e irriverente col potere. Un giornale e una squadra di professionisti che pubblicano solo notizie documentate, basandosi esclusivamente sul requisito dell’interesse pubblico e senza badare a chi danno fastidio. Quando il Fatto incorre in un’inesattezza in buona fede chiede scusa e si corregge senza aspettare querele.
La verità è che il Fatto Quotidiano con la sua linea editoriale è considerato dal potere politico un’insidia da distruggere perché non è allineato, perché si comporta come un cane senza collare ed è impermeabile ad ogni richiamo del Palazzo. C’è da vomitare leggendo tante testate che sembrano essere scritte sotto dettatura del potere politico ed economico. Il Fatto rimane tra le pochissime realtà di giornalismo d’inchiesta che ha svelato molti intrighi che altrimenti non avremmo mai conosciuti. All'indomani della condanna è scattata una gara di solidarietà tra i lettori di Travaglio che si sono offerti di creare una sottoscrizione per le cause legali. Sarebbe ora di ripensare a questa assurda norma sulla diffamazione a mezzo stampa, applicata anche quando le notizie pubblicate sono riconosciute autentiche e documentate.
È una legge oscurantista che avrebbe senso solo se applicata a chi scrive falsità in mala fede con l’intento di offendere, arrecare danni o perseguire indebite finalità. Non si può colpire al cuore un organo di stampa per due parole ritenute lesive della dignità della persona offesa e per un titolo giudicato eccessivo, limitando il diritto alla critica dei giornalisti. Adesso è in gioco la libertà di stampa e l’espressione del libero pensiero tutelato dalla Costituzione. A colpi di sentenze così pesanti si rischia di mettere il bavaglio a quei giornalisti onesti che, di fronte al ricatto della querela e del risarcimento, ci penseranno due volte prima di raccontare la verità. La minaccia non è rivolta a chi scrive ma ai cittadini che hanno diritto ad essere correttamente informati. L’unica cosa che mi conforta è la certezza che Marco Travaglio e il Fatto, continueranno a scrivere con lo stesso rigore professionale, anche dall'interno di una cella.
È una legge oscurantista che avrebbe senso solo se applicata a chi scrive falsità in mala fede con l’intento di offendere, arrecare danni o perseguire indebite finalità. Non si può colpire al cuore un organo di stampa per due parole ritenute lesive della dignità della persona offesa e per un titolo giudicato eccessivo, limitando il diritto alla critica dei giornalisti. Adesso è in gioco la libertà di stampa e l’espressione del libero pensiero tutelato dalla Costituzione. A colpi di sentenze così pesanti si rischia di mettere il bavaglio a quei giornalisti onesti che, di fronte al ricatto della querela e del risarcimento, ci penseranno due volte prima di raccontare la verità. La minaccia non è rivolta a chi scrive ma ai cittadini che hanno diritto ad essere correttamente informati. L’unica cosa che mi conforta è la certezza che Marco Travaglio e il Fatto, continueranno a scrivere con lo stesso rigore professionale, anche dall'interno di una cella.
Quando ho sentito la notizia in tv, non potevo crederci. il successivo editoriale di Travaglio purtroppo, m'ha dato la conferma di quanto noi giornalisti camminiamo sul ghiaccio, a dispetto dell'articolo 21 della Costituzione italiana, lo stesso che è stato riformato togliendo la censura introdotta dal fascismo. Probabilmente, chi ha querelato e chi ha emesso la sentenza, crede ancora che la censura di Stato sia in vigore. Sono felice tuttavia, che il "popolo dei fax" che, a suo tempo, stette vicino a Montanelli, oggi si schieri coi mezzi più moderni al fianco del direttore Travaglio e del suo giornale. Forza e coraggio, supereremo anche questa!
RispondiEliminaDa fastidio la voce fuori dal coro e Travaglio dà molto fastidio
RispondiEliminaChe si vergognino... è l' unica voce libera da condizionamenti... questa,signori, è l'Italietta che tutela i colpevoli e condanna gli innocenti. Allora denunciamo tutti Il Corriere della sera e La Repubblica, mendaci e manipolatori dell'informazione.
RispondiEliminaSiamo tutti con Travaglio, nella consapevolezza che le sue sono verità, messe a tacere da giudici politicizzati e di parte, quella della famiglia Renzi.
È difficile fare il lavoro di giornalista e non quello di giornalaio. Travaglio è un giornalista, servo solo della sua professionalità e non di padroncini che impongono il loro interesse personale e quello dei loro compagnetti di merenda.
RispondiEliminaI lettori del fatto quotidiano, sono pronti a pagare da subito, questa ignobile ingiustizia.
RispondiEliminaMarco Travaglio... ti vogliamo bene.
A me non è mai stato molto simpatico... Anzi se non erro, tirava a sinistra e massacrava Berlusconi. Secondo me è diventato vittima degli stessi per cui aveva simpatia... Giustizia è fatta!!!
RispondiEliminaTravaglio non è vittima di nessuno e gli attacchi al suo giornale sono la conferma di quanto siano ingombranti i suoi articoli, in un panorama di desolazione e servilismo in cui versa la stampa italiana.
EliminaDaniela, si sbaglia. È stato allievo di Indro Montanelli e non ha mai nascosto la sua simpatia per quello che lui pensava della destra.
EliminaTravaglio è libero. Senza padroni. Lo dimostra il fatto che, quando ha scritto del cosiddetto "caso Raggi", sulla sua pagina Facebook è stato un fiorire di "pidino / traditore" mentre quando ha attaccato il pd o altre forze politiche, gli hanno attaccato addosso l'etichetta di "giornalaio al libro paga di Casaleggio, ossessionato da Renzi / dalla Boschi / da Berlusconi".
RispondiEliminaNessuno nemmeno Travaglio può calunniare e rovinare le persone senza pagarne le conseguenze. Potrà fare appello e ribaltare le cose se ha ragione. Poi abbiamo sempre detto che le sentenze si rispettano punto.
RispondiEliminaInfatti Travaglio le rispetta le sentenze. Ha già detto che pagherà fino all'ultimo euro. Ma nessuno potrà negargli il diritto di appellarsi. Travaglio non ha calunniato nessuno come dimostrato da questo articolo che non hai neppure letto.
EliminaSi chiama diffamazione. E per Travaglio (mi pare) non sia la prima volta
RispondiEliminaDiffamazione vuol dire scrivere notizie false. Travaglio ha pubblicato notizie vere, come dice la stessa sentenza del tribunale. Dopodiché non esiste un giornalista professionista che non abbia ricevuto una condanna per diffamazione. È un rischio fisiologico legato a quella professione. Basta che un giudice giudichi offensivo un aggettivo, un espressione, un commento per emanare una sentenza di condanna. Altra cosa è scrivere il falso. E a Travaglio che avrà pubblicato decine di migliaia di articoli, nessuno ha mai contestato di scrivere falsità. Solo notizie vere, documentate e certificate.
EliminaCosì il cuccioletto impara...
RispondiEliminaA tutti coloro i quali al momento stanno esultando ricordo che la R's family querela, l'Unicef no
RispondiEliminaLuigi Di Maio ha ieri spigato a Mario Draghi cosa é lo sèread e come funziona.Draghi adesso sembra aver capito e riprenderà a studiare.
RispondiEliminaCertamente, non dimentichiamo che DI MAIO è un web master con laurea con il massimo dei voti in economia finanziaria conseguita all'università San Paolo di Napoli.
RispondiEliminaMarco Travaglio ha definito Luigi Di maio inadeguato, infantile ed indegno. Lei sig Alessi, con il massimo rispetto, cosa ne pensa?
RispondiEliminaMarco Travaglio merita sempre rispetto, come ogni cittadino che ha onestà intellettuale.
EliminaSulle parole di Di Maio nei confronti di Draghi, Travaglio ha detto ciò che pensa scrivendo che Di Maio non aveva capito il senso delle cose dette da Draghi, che cercava solo di aiutare il dialogo con l'UE e che non stava remando contro l'Italia. Il direttore del Fatto non hai mai usato espressioni come "indegno" nei confronti del vice Premier. Ingenuo forse sì. Lo ha detto più di una volta. Vuoi sapere che ne penso? Penso che Travaglio abbia stima per Di Maio e per Conte ma, quando c'è da criticarli, non la manda a dire e non fa sconti neppure a loro. Io sono sulla stessa linea.
EliminaAnonimo 28 ottobre 2018 00:27
RispondiEliminaSig gattuso ho capito adesso che lei usa anche il nome di Alessi ma è sempre lei . Se è cosi è una cosa incommentabile.
Lei è proprio un politicante nato un furbacchione.
08:27
EliminaCaro "anonimo" i suoi commenti sono così banali da risultare veramente difficili da commentare. Faccia uno sforzo, rifletta, elabori un ragionamento. E se le viene abbastanza lungo, che ne so qualcosa che si avvicini a 400 parole con un senso compiuto, glielo pubblico come articolo. Ma la smetta di perdere tempo lei, farlo perdere a me, e annoiare, chi legge. Buona domenica.
P.S. Avrà notato che ho ripubblicato il suo commento delle 00:27 perchè occupava spazio vuoto.
Lei ha risposto distrattamente a poasto di Alessi io credo che il sig Alessi cosi come tanti altri non esista neppure ma sono pseudonimi che lei usa a piacimento. La verità le fa male lo so caterina caselli.
RispondiEliminaIo ho risposto a prescindere che la domanda fosse rivolta al sig. Alesi. E comincio a pensare che la stupidità sia la sua cifra. A questo punto, torno a dirle che i prossimi commenti non attinenti al merito degli articoli verranno affettuosamente eliminati.
EliminaAnonimo, lei ha ragione infatti Alessi non esiste. Il mio cognome è Alesi con una sola "S". Se vuole sincerarsi della mia esistenza in questo mondo visiti pure la mia pagina Fb, coglierà qualche elemento di stretta somiglianza con lo scrivente.
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