A tutti gli effetti sono CENTRI DI SEGREGAZIONE in cui concentrare i migranti al fine di valutare se sono persone che hanno diritto alla protezione internazionale o se si tratti di migranti economici.
Nel caso si tratti di migranti economici, come i nostri emigranti italiani che andavano in giro per il mondo in cerca di fortuna, dovrebbe scattare il sistema dei rimpatri.
Poiché rimpatriare costa e non è agevole (servono accordi bilaterali), ecco l’idea geniale di fare gli hotspot in terra africana, vale a dire nei luoghi da cui i migranti partono così li fermiamo lì e non li facciamo nemmeno arrivare.
Ovviamente bisognerà barattare con i governi di quei paesi le modalità per realizzare questi campi di segregazione ma basterà offrire denaro e altre utilità per trovare compiacente disponibilità.
Cosa succederà ai migranti che saranno fermati in questi campi?
CHI SE NE FREGA! Così imparano a cercare di migrare.
E’ evidente che quei campi non saranno dei centri per l’impiego in cui i migranti saranno smistati in base alle opportunità di lavoro, figurarsi! Non funzionano i nostri Centri per l’impiego e nonostante 17 anni di demenziale Bossi-Fini non riusciamo a garantire un canale legale di immigrazione per lavoro … figurarsi se in questi Campi di segregazione, mellifluamente definiti “Hotspot”, ci sarà uno straccio di politica del lavoro.
Servono a fermare i migranti. Punto.
Se poi saranno violati i diritti di questi migranti, se saranno torturati e stuprati, se saranno ridotti in schiavitù … non sono cose che ci riguardano! L’importante è che non arrivino!
E’ già successo in Bosnia che i campi profughi venissero trasformati in bordelli per i caschi blu e si mettesse in piedi una lucrosa tratta delle donne … è un problema nostro se dovessero ripetersi situazioni simili nei campi di segregazione africani?
Folle l’idea di creare simili concentrazioni di disperazione ponendosi sotto il fuoco di governi stranieri che in ogni momento potranno ricattarci aprendo le gabbie e catapultandoci un esercito di migranti.
Sta già iniziando la Turchia che batte cassa all’UE per mantenere l’accordo del 2016 sui migranti e intanto attraverso Albania, Montenegro, Bosnia, Croazia e Slovenia in 15.000 sono arrivati nei primi 4 mesi del 2018 in Europa … ma non ne parliamo, tanto non si tratta di sbarchi!
Cosa succederebbe se la Turchia non rinnovasse i patti con l’UE e ci rovesciasse i 3,7 milioni di immigrati che lì sono trattenuti?
Non solo non c’è un briciolo di lungimiranza in questa cieca politica ma non si prova nemmeno ad affrontare il problema: gli hotspot sono un grande tappeto per occultare tutto.
27 Giugno 2018
Purtroppo, triste ammetterlo, interessa a pochi ciò che potranno essere gli hotspot in terra d'Africa. Ciò che preme di più è "SCONGIURARE" la cosiddetta invasione che fa tanta paura. Poi delle sofferenze, delle tragedie, dei morti, chissenefrega.
RispondiEliminaNon è affatto cosi!
RispondiEliminaI migranti economici sono regolati da quote di immigrazione che ogni stato ha in programma di gestire.
Tutti possono venire in italia come in quasi tutti i paesi del mondo.
Triste realtà, condivido in pieno.
RispondiEliminaSiamo alla disinformazione più totale caro Giangiuseppe Gattuso
RispondiEliminaPensa agli hotspot in Turchia. Quello per cui la civilissima europa paga 5 miliardi ogni anno. Pensa ai 15 mila morti in 5 anni nel mediterraneo che questa politica basata sul traffico di esseri umani ha prodotto. La sofferenza in Africa è tremenda con o senza hotspot. Ma non è certo l italia che può risolverla
Una cosa che odio è il paragone con i nostri emigranti di oltre un secolo fa
RispondiEliminaI paragoni non si possono fare, ma una presa di coscienza sarebbe d'obbligo. Qui pare che siamo tutti informati, tutti esperti, politici e non politici, ma nessuno è in grado di cercare una soluzione degna su questi essere umani. Tutte le forze politiche dovrebbero mettersi insieme e discutere, invece si lottano come bestie per raccogliere consensi, e un popolo che si divide con un tifo da stadio.
EliminaCaro Nino Pepe, apprezzo spesso o tuoi commenti, ma non puoi dire che i paragoni con eventi passati, non possono essere espressi. Per chi ama la storia è sempre utile conservare, anche i ritagli di vecchi giornali, come valide testimonianze atte a verificare, a distanza di anni, dichiarazioni ed atteggiamenti, di una stessa popolazione, in circostanze uguali ma opposte. “Verba volant, scripta manent” affermavano i nostri progenitori, dato che in tempi ormai passati la scrittura era l’unico mezzo disponibile per certificare e riportare alla memoria dei posteri: atti, fatti e circostanze vissute. “ Molto si parla oggi dell’emigrazione: milioni di italiani vorrebbero, se possibile abbandonare il flagellato suolo della patria, ansiosi e fiduciosi di ritrovare in terre lontane condizioni normali di vita…”Così veniva riportato il 14-09-1945, sulla prestigiosa rivista “ Affari Internazionali “ il fenomeno italiano dell’emigrazione subito dopo il secondo conflitto mondiale. Ancora, sempre sulla stessa rivista: “Se le porte dei paesi stranieri non fossero ancora sbarrate, vedremmo frotte di italiani precipitarsi ai porti d’imbarco ed allontanarsi con immenso sollievo”. Dichiarazioni di governanti che prospettavano, allora, l’emigrazione come misura necessaria e benefica. A partire dagli anni 90, i nostri governanti si trovano ad affrontare il fenomeno opposto, quello dell’immigrazione, ma con evidente tendenza a voler “dimenticare”, ex abrupto, quando eravamo noi ad essere considerati il “popolo invisibile” nel paese ospitante. Chi non conosce, anche per averlo letto, il “patto del carbone” firmato a Roma il 23-06-1946 che consentiva al Belgio, di sfruttare le sue vecchie ed insicure miniere di carbone con operai italiani? Chi non ricorda il disastro di Marcinelle, Bois du Cazier, in cui morirono 262 nostri connazionali “mercificati” ognuno in 200 kg. di carbone? Ricordiamoci di queste esperienze ormai vissute!!!!! Non sono un estimatore di una immigrazione a “maglia larga”, ma un estimatore del valore della dignità umana. Perciò è necessario che i nostri politici, tutti, anziché di accusarsi a vicenda, trovino un comune accordo e la smettano di fare propaganda, e i loro tifosi la smettano di cimentarsi su argomenti che nemmeno conoscono. Credo che nessuno possa ignorare che esiste un dovere morale di solidarietà umana, nell’aiutare e nell’accogliere le persone in condizione di estremo bisogno.
EliminaSig Pepe il suo è uno pseudonimo o esiste veramente?Ma io come faccio ad essernne certo? Se lei mettesse una certificazione certa magari rilasciata dalla prefettura io farei lo stesso.Per quanto riguarda il paragone che le da fastidio, ne comprendo il motivo, perch+è è l'assoluta verità.
RispondiEliminaCertamente, esistono le quote di migranti previste annualmente dal decreto flussi ma quando si cita questo strumento bisogna anche avere la disponibilità a vedere come funziona, prima di affermare che non è vero che in Italia non c’è una politica migratoria decente a causa della legge Bossi-Fini.
RispondiEliminaI cittadini provenienti da Paesi extraUe possono accedere al mercato del lavoro italiano:
- o direttamente in Italia, se già in possesso di regolare permesso di soggiorno e di determinati requisiti previsti dalla legge;
- o dall'estero, nell’ambito delle quote d’ingresso annualmente stabilite con i decreti flussi.
Direttamente significa che prepari la tua bella valigia di cartone e parti all’avventura?
NO!
Per poter lavorare in Italia il cittadino straniero non comunitario deve essere già in possesso di un permesso di soggiorno che abiliti al lavoro. Lascio ai volenterosi scoprire come si ottiene un permesso di soggiorno per lavoro!
A questo punto i datori di lavoro che intendono assumere lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia devono inviare per via telematica al Centro per l’Impiego territorialmente competente il modello di comunicazione obbligatoria di assunzione.
Il modello contiene anche gli impegni cui il datore di lavoro è tenuto ai sensi del Testo Unico sull’immigrazione, ovvero al pagamento delle spese per l’eventuale ritorno in patria dello straniero nel caso di un rimpatrio forzato e all’indicazione della sistemazione alloggiativa dello straniero.
Quanti sono secondo voi i lavoratori assunti con questo metodo? Quanti nostri emigranti sarebbero emigrati se fosse esistito un sistema simile?
Se vediamo il decreto flussi 2018, che ricalca quello degli anni precedenti riducendo ancora le quote, scopriamo per esempio che "Sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini non comunitari entro una quota massima di 30.850 unità (art. 1 del decreto flussi). Nell'ambito della quota massima indicata all'art.1, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini non comunitari entro una quota di 12.850 unità (art. 2 del decreto), comprese le quote da riservare alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo.”
Di questi 30.850, 13.850 sono riservati alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato; restano quindi disponibili 17.000 posti.
Ma come funziona il meccanismo?
Un datore di lavoro italiano o non UE che abita in Italia che ha una attività stagionale e il reddito sufficiente per poter assumere un lavoratore può presentare esclusivamente online la domanda per il nullaosta al lavoro stagionale necessario per assumere un lavoratore extra-comunitario.
In sostanza è il datore di lavoro che deve attivarsi e può farlo nei confronti di lavoratori provenienti dai paesi indicati nel decreto flussi, paesi con i quali esistono accordi di riammissione.
Se questi metodi fossero esistiti già negli anni 60 del secolo scorso col cavolo che i nostri sarebbero andati in Svizzera, Francia, Belgio, Germania, Argentina, Venezuela, Canada, USA …
Sarà anche odioso fare confronti con i nostri migranti, ma chi prova questo impulso dovrebbe fare lo sforzo di riflettere sulle motivazioni che portano l’uomo a lasciare la propria terra.
Scoprirebbe che sono sempre le stesse motivazioni in ogni epoca, latitudine e longitudine: cercare condizioni migliori di vita, fuggire alla povertà, alla carestia, alla guerra, alle persecuzioni.
E quando l’uomo è disperato affronta qualsiasi situazione di pericolo pur di aggrapparsi alla speranza di fuggire. Ricordate le boat people?
Se gli hotspot nei civilissimi paesi, si fa per dire, dell’unione europea spesso si trasformano in ghetti immaginiamo cosa succede in quelli che esistono o dovrebbero essere realizzati in quei paesi dove i diritti umani sono considerati optional, senza esagerare, possiamo chiamarli campi di concentramento. L’articolo di Sergio Bagnasco, con molta efficacia ne descrive i limiti e i pericoli. Non rimane che valutare l’aspetto politico del problema migrazione che alla luce dell’ultimo accordo, o meglio non accordo, i 28 paesi membri di una Europa agonizzante ha deciso: “Ognuno faccia come vuole!” Tradotto: “Tutto è lecito per bloccare i migranti purché i confini non vengano varcati dagli invasori”. Muoiono i bambini! È colpa dei buonisti! A questo punto, se gli stati europei reclamano la loro sovranità su un problema che si consuma sulla pelle della povera gente che scappa dalla fame e dalle guerre, è meglio sciogliere l’unione per non avere altri vincoli stupidi come la lunghezza delle banane ed altre cretinerie. Se tutto dipende dall’esercizio della piena sovranità statale, ognuno per sé libero di agire come si vuole. Mai come ora si è vista emergere l’inutilità dell’Europa che doveva essere “Libera e Unita”.
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