di Patrizio Laconi - L’ultimo mio intervento su questo blog “Destra e Sinistra dopo il crollo delle ideologie” ha avuto delle osservazioni quanto mai stimolanti. Una in particolare, debbo dire, mi ha costretto ad interrogarmi in questo periodo.
Si tratta dell’osservazione di Salvatore Mancuso, a cui peraltro avevo già promesso di rispondere. L’obiezione è lapidaria, ma tremendamente seria: “Manca il soggetto rivoluzionario. Dove nascerà? Come farlo nascere?”
Intanto si fonda su un presupposto ineludibile perché rimanda a una constatazione di fatto: la vecchia organizzazione del lavoro consentiva il formarsi di una classe ben definita e omogenea e, ciò che più conta, coscientizzata dall’organizzazione stessa del lavoro (in modo almeno potenziale), la classe operaia appunto. Oggi la delocalizzazione, da pensarsi non solo come forma di esportazione della fabbrica ma come esposizione totale alla precarietà sia nel tempo sia nello spazio, non consente sia la frequentazione sufficiente di uno stesso luogo, né per un arco di tempo sufficientemente lungo da assicurare la nascita di gruppi omogenei e meno che mai coscientizzati.
In verità non poco si discusse, anche nel marxismo classico, se la coscienza di classe fosse un fatto automatico inerente al contesto strutturale del modo di produzione della classe sfruttata o se doveva essere l’azione delle avanguardie a promuoverla, giacché anche allora ci si accorgeva che aspettare che nascesse spontanea all’interno di quelle condizioni, poteva dimostrarsi, in molti casi, illusorio. Oggi è una chimera così evidente, che la domanda “Chi è il soggetto” è assolutamente cogente.
Ebbene io non credo che il “Soggetto” di una possibile rivoluzione sia da ricercare in una classe ben definita, nella società e cultura “liquida” in cui siamo immersi. Ma prima di continuare, corre l’obbligo di precisare cosa significhi “Possibile Rivoluzione”, pena la recitazione di formule catechistiche ormai del tutto desuete. Invero non trovo un termine alternativo per “rivoluzione”, ma se il suo significato è tuttora accostabile a ciò che si intendeva nel primo novecento, quei metodi e quelle strategie sono molto lontani (e in ciò rimando alle considerazioni del mio intervento antecedente).
Continuerò dunque ad usare questo termine, con l’avvertenza che l’uso non deve richiamare necessariamente i sommovimenti violenti di massa dell’ottocento-novecento con gli esiti che si conoscono.
Sia chiaro che si non tratta di addomesticare o annullare la violenza, dall’alto di una illibatezza che non vuole contaminarsi. Si tratta, caso mai, di rendere ancora più pregnante e profondo il concetto di Rivoluzione, tenendo conto che lo spazio per i metodi platealmente violenti si è esaurito in tutta la cultura contemporanea, nella stessa misura in cui va accrescendosi di giorno in giorno l’uso dei metodi subdoli e criptici.
Ebbene, date queste precisazioni, a mio avviso non esiste un “Soggetto” privilegiato per la rivoluzione nel mondo globalizzato. Anche se l’obbiettivo di fondo rimane l’abolizione dello sfruttamento, non sono gli sfruttati ad essere i detentori della leva della rivoluzione. So che può sembrare eretico, ma se solo guardiamo alle forme di cattura del consenso anche nelle situazioni più estreme e al dominio incontrastato del pensiero unico, dobbiamo convenire che non si può fare affidamento su un gruppo sociale ben definito ove far attecchire più che altrove un’idea di cambiamento.
Se questa analisi è vera la domanda è ancora più stringente: come costruire il Soggetto? Non rimane che una possibilità, che peraltro ripercorre appunto una problematica già affrontata dalla tradizione: la coscientizzazione va costruita con un’opera di comunicazione, informazione educazione e formazione continua. Il “soggetto rivoluzionario” sarà costituto da coloro che quest’opera avrà raggiunto e convinto. Il movimento che essa mette in atto non potrà che essere orizzontale e a doppia freccia, ovvero la reciprocità e il continuo intercambio degli autori dovrà esserne la stessa sostanza.
Ma ecco un’altra obiezione: lascerà, il potere costituito, sufficiente spazio al circuito delle idee che assumiamo come scenario di tutto ciò? Questa è una scommessa. Ma io azzardo (dico azzardo) una risposta positiva.
Credo che seguendo - davvero stavolta - Hegel e Marx, il potere con le nuove tecnologie, che sono un suo prodotto, abbia creato l’antitesi a sé stesso.
Non credo infatti che riuscirà a controllare completamente gli spazi di comunicazione delle nuove tecnologie, perché se lo facesse entrerebbe in contraddizione con i suoi fini di lucro (in primo luogo) e perché già in se stesse le Reti di comunicazione contengono un principio che sfugge al controllo. Son prevedibili azioni di tamponamento, ma l’efficacia di queste non può che essere di breve periodo.
Credo allora con fondata fiducia, che le armi per la nascita di una nuova mentalità siano a nostra disposizione, con fatica anche grande, se si vuole, ma a nostra disposizione: la Comunicazione vi gioca un ruolo fondamentale. Dunque, come si era soliti dire, al lavoro.
Patrizio Laconi
15 Novembre 2017
Le soluzioni ci sono, manca la volontà. Credo che una rivoluzione la si possa fare attraverso i mezzi democratici a nostra disposizione. Uno fra questi il voto.
RispondiEliminaIo penso che, storicamente,la Rivoluzione l'abbiano fatta i padroni, con i loro mezzi e le loro organizzazioni, sotto la pressione dei lavoratori, con i propri mezzi e le proprie organizzazioni. E'la Rivoluzione tecnologica attuale, la Terza Rivoluzione Industriale. Questa Rivoluzione ha strutturato nuovi poteri e nuovi rapporti di frza fra le classi sociali, concentrando in poche mani il potere di comando ed espropriando intere generazioni di uomin e donne. S tratta di un potere assoluto, inedito, totalizzante, che viene esercitato su scala nazionale e mondiale. Soltanto se questo potere entrerà in contraddizione con se stesso si genereranno condizioni di cambiamento.Io spero nella esplosione di tale contraddizione, che, certamente, non maturerà da sola. Ci vuole chi esercita azioni e ruoli di vigilanza e pressione che faccia da detonatore. Questo ruolo lo possono esercitare la persone libere e liberate dal bisogno. Il cambiamento dello stato delle cose, ("Possibile Rivoluzione") va costruito su questo piano ed in questa direzione.
RispondiEliminaRivoluzione presuppone un mutamento radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici. Significa operare modifiche profonde e totali. Viene il freddo a pensare che, nella condizione in cui siamo, si possa ambire a realizzare un’impresa del genere. Le leve del potere sono tutte nelle mani di chi gestisce le sorti del Paese che tengono saldo un potere inscalfibile. Non c’è ambito, settore della vita pubblica, organo decisionale politico-amministrativo che non sia emanazione dello strapotere di chi tutto decide e tutto determina. E c’è poi un’informazione che invece di controllare gli inquilini del Palazzo, fa da scendiletto, copre le loro nefandezze e si schiera sempre dalla parte di chi comanda. Il peggio è che c’è anche una parte consistente di elettorato succube o compiacente. In questo quadro viene il freddo solo a pensare da dove si dovrebbe iniziare un percorso rivoluzionario, nell’accezione esposta in premessa. Da studente ci hanno insegnato che il potere è esercitato dal popolo tramite i suoi rappresentanti. Oggi questo principio suona come una frase ironica e non c’è un italiano disposto a crederci. Nell’attuale panorama politico-partitico, appiattito sulle stesse dinamiche e le stesse logiche che lo guidano, tuttavia è disponibile uno strumento (se non di rivoluzione), di possibile e concreto mutamento del sistema. Vedremo se gli italiani saranno in grado di utilizzarlo per tentare di dare un colpo di grimaldello in grado di aprire uno squarcio che vada verso una rivoluzione possibile. Se siamo contro la violenza e contro l’uso della forza, credo che l’unica strada verso una rivoluzione (non gentile ma convinta), continui ad essere una scheda elettorale e una matita copiativa.
RispondiEliminaIl contenuto dell'articolo di Patrizio Laconi, dal punto di vista teorico e razionale, non fa una grinza. Io la faccio più semplice e dìco che una rivoluzione può essere fatta solo da un Soggetto coscientizzato, la cui forza, in questo mondo globalizzato, può nascere da una comunicazione continua e mirata...avendo prima individuato però l'obiettivo da rimuovere. Premettendo che é sempre una élite a prendersi quest'onere - Storia docet - essa dovrà essere globalizzata e dovrà comunicare territorialmente il pensiero politico per cui ci si vuole battere. Dopo le Rivoluzioni industriale e quella tecnologica, adesso è il momento di quella del Buon Senso: abbiamo bisogno di una sana riflessione per individuare il percorso da seguire, secondo gli ecumenici interessi di tutte le comunità. Mi dispiace dirti, Patrizio, che, essendo l'obiettivo già individuato e connotato come Cinico potere economico finanziario da me battezzato Moloc, io credo che la risposta non potrebbe non essere che di Sinistra...senza connotazione partitica, s'intende.
RispondiEliminaLa Rivoluzione scoppia quando la pancia è completamente vuota ...oggi le pance non sono completamente vuote, anche nelle fasce meno abbienti....... Con le elemosine, la Caritas, le associazioni religiose, la solidarietà delle persone di buon cuore...si riesce a sopravvivere. E chi dovrebbe fare la Rivoluzione...sicuramente non i nostri figli che, sia vivendo in famiglia che fuori, non hanno le pance completamente vuote. Fuori, è certo che trovano un lavorano e, in famiglia, i genitori non permetteranno mai che i loro figli rimangano a pancia vuota.Si inventeranno qualsiasi espediente per
RispondiEliminatirare a campare. Spesso sono quegli stessi genitori ad essere aiutati dai loro genitori, i nonni,con la loro pensione. Quindi, fermo restando che i genitori e tanto meno i nonni, non si sognerebbero mai di scendere in strada a fare barricate,chi dovrebbe farlo? Forse figli, il cui unico obbiettivo, oggi, è di trovarsi un lavoro e che non sono certo "educati" da un sistema politico che curi la loro istruzione, la loro partecipazione, la comprensione di principi fondamentali come il rispetto,la libertà,di concetti fondamentali come, la meritocrazia, la libertà, la democrazia nè, credo, la generazione dei giovani dai 40 in su che ancora pensano e sognano cambiamenti improbabili, fidandosi di questo o quel gruppo politico .Allora chi dovrebbe fare la Rivoluzione...forse i figli dei figli dei figli e solo se si nutriranno di cultura,solo se avranno come modelli ,persone di qualità e di spessore che gli inoculeranno i germi della speranza, della sapienza e cosa significhi libertà di azione e di pensiero. Forse quando si estingueranno, nel vero senso della parola, i responsabili di questo immane disagio sociale, di queste disuguaglianze sociali,ormai insopportabili,si partirà da zero e magari senza Rivoluzioni. Anche le Rivoluzioni, ahimè, sono preparate a tavolino.
Il termine rivoluzione indica una serie di eventi straordinari che causano cambiamenti radicali nell'ordine politico sociale. Ciò può avvenire per effetto di nuove conoscenze, per una nuova sensibilità culturale o politica, oppure attraverso un atto violento precedentemente organizzato. Se la rivoluzione ha successo, produce cambiamenti anche di ordine giuridico ed economico. l'etimologia della parola deriva dal latino revolutio revolvere o rivolgere ed indica il volgere nuovamente ovvero un cambiamento di direzione, quindi la vera rivoluzione non è armata e le rivoluzioni armate nella storia sono solo servite ad impedire il vero cambiamento fiaccando gli entusiasmi dei popoli e rendendo materialmente impossibile ogni cambiamento.
RispondiEliminavi consiglio di diffidare in questo periodo di crisi di tutti coloro che con le ideologie vecchie e nuove vi spingono ad abbracciare una politica che è asservita sempre agli stessi poteri,studiate l'economia la finanza e non cadete nell'inganno bisogna combattere la finanza e i loro lacche senza cadere nelle trappole delle rivoluzioni colorate o con il contorno di stelline.
Bella analisi storica, ma è quasi impossibile oggi trovare il soggetto rivoluzionario per diversi motivi. Il passaggio dalla cultura contadina a quella post industriale, abbinato alla globalizzazione, ha smantellato il ruolo fondamentale che aveva la famiglia nella cultura contadina. Tradizioni, valori ed ideologie venivano trasmesse attraverso quello che era il nucleo centrale di quella società. Lo stesso 68 era figlio di quella cultura. Oggi la famiglia ha perso il suo ruolo, viene così a mancare quel convoglio che trasferiva l'idea che ognuno di noi fosse parte essenziale della comunità. Tutto ciò non è casuale, è la risposta intelligente e pericolosa di un capitalismo senza etica che ha smantellato qualsiasi forma di aggregazione sociale per creare individui sempre più soli impossibilitati a confrontarsi. A ciò ha aggiunto il controllo assoluto dell'informazione che fa passare messaggi condizionati. Conseguenza di tutto ciò è la mancanza di aggregazione sociale che è il fondamento della lotta di classe. Forse potremo vedere la gente in piazza a manifestare il proprio disagio, ma ormai passa il messaggio che il rivoluzionario è un violento e che la protesta debba essere civile, ovvero ininfluente ai fini del cambiamento. Oggi un 68 non è più culturalmente possibile perché il messaggio che passa, nel vedere le immagini di quelle proteste, è quella della violenza. Per chi detiene il potere, il massimo della protesta consentita sono i cortei urlanti ma pacifici.
RispondiEliminaSe riteniamo che, con il crollo delle ideologie, destra e sinistra sono uguali o da ritenere superate, ci dobbiamo chiedere da quale spinta possa nascere un qualsiasi soggetto rivoluzionario. La sinistra, malgrado la sua crisi ideale, ha una diversa visione della società che non può essere confusa con quella della destra. Con la Resistenza nasce un soggetto rivoluzionario unitario, nella Costituzione è tracciata e contenuta la direzione che dobbiamo seguire per realizzare un Paese migliore. La Costituzione è un programma, un ideale, una speranza, l’impegno di un lavoro da compiere, diceva Piero Calamandrei, senza questo impegno, senza la partecipazione attiva dei cittadini, resta un pezzo di carta e la democrazia non vivrà a lungo. Malgrado le lotte, siamo lontano dalla conquista della pari dignità sociale di tutti i cittadini, principi sanciti dalla Costituzione. Che fine hanno fatto l’ampia partecipazione e le lotte di classe che hanno portato alla conquista di tanti diritti? Abbiamo incominciato a regredire quando i partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni. Con la crisi economica si è indebolita la rappresentanza sindacale, non riuscendo più ad incidere, anche per incapacità, nei processi di trasformazione aziendali che hanno portato alla diminuzione salariale o, peggio, alla perdita del posto di lavoro. La crisi colpiva quelle classi che avevano conquistato i diritti con la lotta mentre i privilegiati mantenevano e consolidavano le loro posizioni. Diceva Enrico Berlinguer: << I partiti sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali programmi pochi o vaghi sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. >> Sono passati 36 anni, è aumentata la disoccupazione e la povertà ha colpito ceti sociali che sembravano protetti, la classe operaia è scomparsa. Alla crisi socio-economica si accompagna quella morale delle mafie e delle corruttele. In questo quadro i cittadini depredati dei diritti che avevano conquistato hanno rinunciato a quello della partecipazione: l’astensionismo è arrivato a un livello preoccupante per la qualità della democrazia. Da qui potrebbe nascere il “Soggetto Rivoluzionario” per un radicale cambiamento, deve essere attratto da politiche programmatiche chiare e attuabili per uscire dalla crisi economica e morale. Il passaggio è delicato e impegnativo, nella diversità, richiede la convergenza di più forze politiche e la consapevole partecipazione della società civile. Pensate ad un “Riscatto Rivoluzionario” che riprende il cammino interrotto dell’affermazione dei diritti e principi sanciti dalla Costituzione.
RispondiEliminaCredo che tutti in questo blog siate dei veri rivoluzionari. Si capisce che siete gente dura ed onesta e disposti a tutto. vi ammiro per il vostro coraggio e per il vostro stile di vita.
RispondiElimina