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martedì 31 maggio 2016
Stanchezza democratica e referendum costituzionale
di Franco Luce - Caro Direttore, probabilmente sarò molto contestato o poco considerato, ma avverto l’ esigenza di andare oltre la continua ed inarrestabile fiumana della critica spicciola.
A mio parere, ci soffermiamo, troppo spesso su dichiarazioni o parole declamate da politici, che pur di affacciarsi nell’agone della propaganda, fa uso di espressioni atte ad innescare sterili dibattiti.
Credo sia abbastanza evidente l’attuale situazione politica in cui versa il nostro Paese, immerso in una “bufera” destinata, forse, a spazzare via contestualmente Prima e Seconda Repubblica, per affrontare la costituzione della Terza con mille punti interrogativi. Naturalmente si spera che la nascita di quest’ultima, avvenga senza traumi, con una grande scommessa affinché il prodotto concepito venga alla luce evitando la “distocia” del parto.
È d’obbligo chiederci: che succederà alle amministrative del 5 giugno, e il 16 ottobre al referendum sulla riforma costituzionale? E con le forze politiche che sistematicamente si delegittimano a vicenda? Non c’è confronto che finisca in rissa, cosa possiamo aspettarci?
È inutile nasconderlo, oggi regna sovrana “ la Politica” dell’Antipolitica, quel sentimento estremamente diffuso che ci relega nell’inattiviamo e nella corruzione, privilegi di una Casta lontana dai reali problemi del Paese. Appare evidente, osservando l’attuale momento storico, l’assoluta confusione della politica nei confronti del proprio fallimento, conseguenza dei colpi inferti da una “regia”economica nazionale ed internazionale.
Uscire da questa “impasse” sarà la grande scommessa che la politica dovrà affrontare nei prossimi mesi: recuperare credibilità con la proposizione di volti nuovi e proposte concrete, riportando se stessa al proprio valore originario di assoluta nobiltà e valenza sociale. Scommessa certamente difficilissima, affrontabile però obbligatoriamente in un contesto storico come quello in cui ci troviamo e con la consapevolezza che solamente la riscoperta della politica vera può essere in grado di trascinare Italia ed Europa fuori dal pantano in cui sono sprofondate.
Quello che più scoraggia di questa situazione che, nella vita pubblica italiana si parla sempre e soltanto di idee e mai di metodi, e nel migliore dei casi con cambiamenti sempre molto frammentati o parziali. In sintesi, il “nuovo”, che rappresenta quell’insieme di aspettative tanto auspicate, restano sempre molto lontane, da far ritenere inutile la sovranità del proprio consenso. Sono certo che è proprio questa mancanza di partecipazione attiva di oltre 40% a creare il danno maggiore per la sopravvivenza della nostra vita democratica.
Si ha la netta impressione che ci sia una sorta di passivo appiattimento con un evidente rifiuto alla partecipazione attiva, percorso questo, che porta ad una progressiva deriva autoritaria. Non aveva tutti i torti il grande Aristotele nel dire che: “L’APATIA E LA TOLLERANZA, SONO LE ULTIME VIRTU’, DI UNA SOCIETA’ MORENTE”.
Non è un’enfasi la mia nel costatare un’evidente decisione da parte del popolo sovrano di abdicare, rinunciando ad un suo diritto sancito dalla Costituzione, per lasciare ad ignoti la sua sovranità. Siamo proprio ad un passo che questa abdicazione e diventi per la prima volta, maggioranza degli elettori, nella storia della Repubblica, lasciando a delle esigue minoranze il compito di governare questo Paese. Ricusando il diritto di voto, dichiariamo estinta e rigettata la democrazia. Risulta evidente che la paura del presente e la totale mancanza di un futuro, come “estrema ratio”, il popolo, in attesa messianica, aspetta l'arrivo di qualcuno che faccia il miracolo, squarci la crisi, metta a posto le cose. È la fiducia nell'uomo forte, nell'uomo della provvidenza per riorganizzare e ricominciare.
Indagini demoscopiche sin dal 2014 rilevano che tra gli italiani si va diffondendo a macchia d’olio una certa «stanchezza democratica», addirittura uno su tre comincia a ritenere opportuno che, vista l’attuale situazione, sarebbe logico scommettere ed affidarsi ad un regime autoritario. Sono tante le cause, lette in questo desiderio di sovvertimento democratico, ma a prevalere sono: stanchezza e mancanza di certezze per il futuro. Una cosa è certa, caro Direttore, che i due popoli, quelli della svolta autoritaria e quello dei disillusi, sono accomunati da un unico ideale: il totale fallimento della nostra democrazia.
Un’Italia ancora divisa in “guelfi” e “ghibellini” che stanca di discordie e di veleni, riporta alla luce il sogno imperiale di Dante, che vede la sua Italia come una nave senza nocchiero tra i flutti di una grande tempesta.
Franco Luce
31 Maggio 2016
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Non condivido l'analisi esposta nell'articolo. Il nostro é un paese democratico dove ci si confronta nelle sedi opportune: in Parlamento, attraverso i giornali, utilizzando svariate forme di comunicazione. Chi vuole partecipare attivamente alla vita politica lo può fare; a volte si preferisce non "immischiarsi" perché è più facile criticare a parole che rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco. Il futuro prossimo ci presenta delle scadenze importanti: le elezioni amministrative e il referendum confermativo delle modifiche costituzionali. Vedremo chi vincerà e andrà ad amministrare le città; al di là del colore politico ci auguriamo saranno fatte scelte concrete che mirino alla buona amministrazione. Se vincerà il SI al referendum di ottobre vorrà dire che la maggior parte degli italiani approva le modifiche. Niente di straordinario, né tanto meno di eversivo, visto che le modifiche sono state proposte dal governo in carica ed approvate dal Parlamento. Anzi, direi che non bisogna strapparsi i capelli perché i tempi cambiano e le esigenze possono essere diverse. Sicuramente abbiamo bisogno di maggioranze certe che governino; in questo momento abbiamo un governo perfettamente legittimo che sicuramente governa
RispondiEliminaanche quando Berlusconi scese in campo si diceva che....i tempi cambiano....e sono cambiati al punto che siamo a giudicare la modifica in un sol colpo 47 articoli della Costituzione che fino a oggi ha visto cambiati, uno alla volta 43 articoli
EliminaAntonella, probabilmente non hai capito il senso del mio articolo. Non ho mai detto che nel nostro paese non c'è democrazia, ho voluto mettere in evidenza che da un sondaggio demoscopico un italiano su tre rifiuta questo tipo di democrazia. La gente è stanca di essere chiamata continuamente alle urne. Non noti niente di strano che oltre il 40% non si reca a votare? Ti sembra un atteggiamento normale un referendum fermo al 31%? Il popolo vuole essere governato, non assistere a questo indecoroso teatrino della politica. Probabilmente nel mio servizio hai interpetrato che io sia favorevole ad un regime autoritario, mentre è esattamente il contrario. Ho voluto mettere in evidenza che rinunciare alla propria sovranità si corre il rischio di una deriva autoritaria. Ti invito per cortesia a leggermi meglio.
EliminaHo letto attentamente il tuo articolo. Sicuramente con il passar del tempo si è andata consolidando una lontananza dalla partecipazione attiva alla vita politica; se si confrontano i dati con gli altri paesi europei eravamo noi italiani ad essere anomali, perché in quasi tutti i paesi c'è una scarsa partecipazione al voto, che è la prima espressione di partecipazione. La causa di questo può essere ricercata nell'allontanamento dei partiti dal territorio. Il vecchio PCI era fortemente radicato fra la gente, come anche la DC; oggi ci sono partiti molto eterei che hanno perso il legame con i territori. Un tempo i giovani erano fortemente politicizzati, oggi moltissimi sono maggiormente attirati dai consumi effimeri di una società vacua e superficiale. Certamente, se si vuole, si può partecipare alla vita politica, nessuno ce lo impedisce. Io che ho quasi sessanta anni ho molto rivalutato Renzi perché, a differenza dei partiti maggiormente di sinistra rispetto al PD di oggi, sta concretizzando molti risultati. Sono state fatte molte riforme in due anni, che possono non essere condivise da tutti, però dimostrano che invece di discutere all'infinito é opportuno scegliere e decidere
EliminaAntonella, forse ci stiamo leggermente allontanando da quelli che erano i miei timori e che ho voluto esprimere nel servizio. Certamente viviamo in uno stato di diritto e di democrazia, in cui ognuno è responsabile del proprio operato, e tu hai fatto bene a ribadirlo, anzi devo dirti che su questo punto sono in piena sintonia con te. Ovviamente anch’io apprezzo il decisionismo del Presidente del Consiglio e non condivido nel modo più assoluto che possa minimamente intravedersi nelle sue azioni una deriva autoritaria. Apprezzo anche quando interviene con durezza nelle diatribe tra regioni, che spesso dimenticano che la decisione ultima spetta allo stato. Nella mia Puglia la questione del petrolio lucano, andava avanti da 27 anni senza giungere mai alla soluzione definitiva sulla costruzione dell’oleodotto per Taranto, che impegnava le due regioni. Nel frattempo si continuava ad inquinare un zona stupenda della Basilicata. In sintesi, cara Antonella, ho voluto soltanto mettere in evidenza, che a me spaventa, è l’allontanamento volontario dalla partecipazione politica del proprio Paese. Credo di non sbagliarmi, se affermo che lasciare ad una minoranza il governo di uno Stato, porta ad una drastica riduzione di idee e di progetti, e nello stesso tempo si incoraggia una minoranza dedita all’esercizio di un potere regole.
EliminaP.S..........di un potere senza regole.
EliminaCarissimo Franco, nei nostri dibattiti continuiamo ad evocare le ormai usurate e (per taluni), comode categorie della Politica e Antipolitica. Anch’io credo che le due opzioni siano molto ben distinte. Quello che ancora continua a genera equivoci è chi incarna il primo e chi il secondo gruppo di appartenenza. Stando all’etimologia del termine “politica” e del suo originario significato, dobbiamo necessariamente trarre la conclusione che l’antipolitica sia rintracciabile nell’attuale sistema dei partiti di governo e di quelli che pur essendo (solo momentaneamente), all’opposizione incarnano la stessa concezione affaristico-gestionale del potere traendone vantaggio per sè stessi, per i loro amici e parenti. I recenti scandali che hanno colpito un numero enorme di parlamentari, sindaci, componenti di Cda, soprattutto nel PD, confermano questa tesi. Converrai con me che la corruzione dilagante, i favori elargiti, le leggi scritte ad hoc da parte della maggioranza di governo ad amici, parenti, fidanzati non possono che ascriversi alla categoria dell’antipolitica. L’antipolitica sono le commistioni con mafia capitale, le pressioni subìte dalle lobby che finanziano Renzi e il suo giglio magico. Ma la casta, nel tentativo di difendere i propri interessi, tende invece ad identificare l’antipolitica con l’opposizione dei 5Stelle che, invece, non fanno altro che il loro dovere di forza di opposizione inflessibile e incorruttibile. Piaccia o non piaccia. Tu individui nella mancanza di partecipazione attiva di oltre 40% degli italiani, la causa che crea il danno maggiore per la sopravvivenza della nostra vita democratica. Io credo piuttosto che la distanza, ormai abissale, dei cittadini nei confronti della politica sia legata ad un malinteso senso di che cosa sia la buona e la cattiva politica tentando di confondere gli elettori, rovesciandone le parti. Lo strapotere di chi detiene il potere tenta goffamente ad assurgere a modello di democrazia, continuamente disturbato da quattro scalmanati irresponsabili che cercano di praticare una politica diversa ed alternativa. Il rifiuto alla partecipazione attiva, come correttamente affermi tu, affonda le proprie radici proprio nel “percorso che porta ad una progressiva deriva autoritaria” da te evidenziato. Quindi, caro Franco, siamo perfettamente d’accordo sull’analisi. Solo che la intendiamo a parti rovesciate. Un abbraccio.
RispondiEliminaCaro Maurizio, non vedo nel tuo commento un posizione ”rovesciata” , come l’hai definita, rispetto alla mia, o viceversa. Il tuo commento denota una profonda affinità di pensiero con il mio, con l’unica variante che tu hai preferito esprimere la tua opinione citando le varie forze politiche. Io non l’ho fatto, ma senza un particolare motivo: volevo mettere in evidenza un problema di carattere generale che dovrebbe investire tutte le forze politiche, nessuna esclusa. Ormai è una mia peculiarità, molto evidente nei miei commenti, esprimere le mie opinioni, senza un esplicito riferimento soggettivo, ma criticando particolari atteggiamenti che possono ledere quelli che sono gli interessi comuni. Ho fatto politica per oltre 40 anni ed ho sempre valutato attentamente i facili pragmatismi e scelte politiche, prima di poter valutare la reale valenza. Sarà un mia “tara”, ma la politica nel modo come ci viene presentata mi ha sempre consigliata di diffidare, in particolare quando viene presentata con la convinzione di essere depositaria del giusto. Non ho mai creduto a forze politiche che sono certe di possedere la panacea dei mali… perché tutti devono partecipare a migliorare la società in cui vivono. Una società che si ritiene civile, ha il sacrosanto dovere di partecipare con il proprio contributo e nessuno deve sentirsi sufficiente o peggio rinunciatario della propria sovranità. Lo ammetto, sono un patito della democrazia e della vera politica, e questa “dipendenza”, forse utopistica mi fa ritenere la gestione del “POTERE” sia intesa come verbo e non come sostantivo. Sui tanti giornali dove ho espresso la mia opinione, l’ho fatto sempre cercando di interpetrare il pensiero degli altri e mai il mio. Caro Maurizio, proprio perché credo nell’uomo e in tutto ciò che può dare alla società in cui vive, provo un profondo rammarico quando si assume un atteggiamento di totale disinteresse dalla cosa pubblica. Questo è il senso del mio servizio, e l’ho fatto esponendo le mie paure, verso quella preoccupante situazione di “non voto” che ha un solo significato: cessione di sovranità. La storia ci ha sempre dimostrato che il disinteresse collettivo ed una cessione incondizionata di diritti fondamentali, hanno reso possibile una deriva autoritaria. Spesso usava ripetere Benito Mussolini: “IO NON HO MAI CREATO IL FASCISMO L’HO TRATTO DALL’INCONSCIO DEGLI ITALIANI"
EliminaCaro Franco, sono anch'io abbastanza smaliziato per non pensare che ci sia qualcuno o qualche forza politica che abbia la verità in tasca. La politica è un continuo confrontarsi con la realtà e con i bisogni della società, e non è detto che si trovi sempre in sintonia con essa. Non immagino minimamente che dietro l’angolo ci sia chi abbia la ricetta per risolvere i gravi e antichi problemi del nostro Paese. Nel mio commento mi sono limitato a citare un sistema rappresentato dai partiti tradizionali e, in particolare dal PD. Ho citato il PD poiché è un partito che ha la massima responsabilità, oltre che la guida del nostro Paese e per questo non può essere taciuto. Credo di avere mosso a quel sistema e a quel preciso partito delle critiche oggettive, difficilmente confutabili. Chi governa ha il dovere di accettare anche le opinioni contrarie, quando le merita ed assumersi le proprie responsabilità. Mi sembra il minimo sindacale per un Paese a democrazia matura. Mi è sembrato opportuno anche uscire fuori dall’equivoco, creato furbescamente dalla politica che oggi ha responsabilità di governo, quando definisce “antipolitica” quella portata avanti da un’opposizione anche radicale. Secondo me, l’antipolitica è quella che ci raccontano le cronache quotidiane, compresa quella politico-giudiziaria e che colpisce i soliti noti. Caro Franco per dire questa verità elementare, non credo che si debba avere alcun pudore, né reticenza. Per il resto concordo con la tua lucida analisi.
EliminaIl disinteresse politico è la porta d'entrata per le forze antidemocratiche e prepara il terreno per un'eventuale "uomo forte" che potrebbe mutare in un nuovo duce di triste memoria, ed attenzione, possibili ducetti non sono rari, ma, una volta istallati, sono difficilmente eliminabili. perdere la democrazia ed i diritti democratici e civili è facile e può avvenire in pochissimi giorni, riconquistarli costa tante vite umane e tanto dolore. Meglio difendere attivamente le conquiste democratiche oggi che piangere per i morti domani.
RispondiEliminaSono d'accordo con te, caro Peter, questo è in sostanza il significato del mio servizio. Grazie per aver condiviso il mio pensiero.
EliminaSento e leggo da tutte le parti che le ideologie sono finite. Non c'è più destra e sinistra. Sono tutti uguali. Secondo me è proprio la fine delle ideologie, il rimescolamento delle carte tra destra e sinistra che disorienta e per molti noi porta all'astensione. Io al momento sono un appassionato della politica che si astiene proprio per la fine delle distinzioni. La sola distinzione tra onesti e disonesti, pur lodevole non mi basta.
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RispondiEliminaCondivido il pensiero di Franco Luce. Aggiungo, contrariamente a quanto sostiene qualche commentatore, che la democrazia in questo paese è già fortemente compromessa, mentre continua a sopravvivere esclusivamente nelle illusioni di tanti, non molto avvezzi ad una informazione reale. A molti sembra sfuggire il fatto che,seppur previsto dalle costituzione, siamo già al terzo governo di una maggioranza o presidenti del consiglio non eletti per governare. La deriva fascista dell'ultimo governo, sembra non preoccupare nessuno, come nessuno scipero generale ha contrastato la cancellazione dei diritti dei lavoratori e dell'art. 18, conquistati dopo anni di lotta, con il sangue e in alcuni casi anche con la vita dai nostri padri. Nessun giornale o tv dalla parte dei cittadini, mentre il coro unico dei media pietosamente carponi, magnifica il premier e la "sua" riforma costituzionale che sottrae ulteriormente sovranità ai cittadini. Ciò non mi meraviglia affatto, considerato che anche Renzi, come Letta e come Monti, sono tutti stati nominati da quel Napolitano, che persino nell'aula affollata e della Camera, senza alcun pudore e vergogna, ha apertamente inneggiato al progetto del Nuovo Ordine Mondiale, il cui scopo dichiarato, è quello di cancellare le sovranità nazionali e cancellare diritti e democrazia dei popoli, per porre il potere nelle mani di un gruppo ristretto di persone,e lentamente di sta riuscendo pienamente, nella assoluta indifferente ignoranza dei cittadini, per i quali, è vero solo quello che dice la tv, recentemente epurata da giornalisti, colpevoli di non prestarsi alla propaganda pro governo.
RispondiEliminaGiovanni, apprezzo tantissimo la semplicità del tuo commento, probabilmente più esplicito del mio servizio. Come hai fatto giustamente notare, pare che c'è chi non ancora è cosciente dell'attuale situazione politica. Non immagini quanto mi addolora, per aver tenuto durante la mia vita, un grande rispetto per la politica seria e disinteressata. Spero tanto che si prenda davvero coscienza dell'attuale situazione di rinuncia diffusa.
EliminaNon solo tengo in considerazione l'articolo ma ne condivido l'analisi. Inizio con una considerazione: stiamo assistendo all'agonia della Prima Repubblica e ad una lenta nascita della Seconda. La Prima Repubblica era nata dalla pluralità dei partiti con una architettura istituzionale centrata sul Parlamento espressione della sovranità popolare con una ampia base elettorale. Con il passare degli anni i partiti hanno occupato tutte le istituzioni. Nel 1981 Enrico Berlinguer diceva: << I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela >>. Nulla è cambiato. Alla già grave, che lo diventa sempre di più, questione morale si è aggiunta la crisi economica. I privilegi, per pochi, si consolidano mentre aumenta la povertà che ha aggredito anche i ceti medi. L'agonia della Prima Repubblica inizia con la scomparsa dal Parlamento di diversi partiti. I cittadini, per sfiducia o antipolitica, incominciano a disertare le urne. Con l'astensionismo il voto ha incominciato a perdere il suo valore impoverendo la democrazia e la rappresentanza parlamentare. Le due consultazioni, quella amministrativa del mese di giugno e quella referendaria del mese di ottobre potrebbero avviarci al battesimo della Seconda Repubblica con una modifica dell'assetto istituzionale centrato sul primato del Governo con l'indebolimento del sistema parlamentare. Da un modello pluralistico democratico si passerebbe a un modello di governo di un partito. A causa dell'alta astensione il Governo riceverebbe l'investitura di una esigua maggioranza elettorale. La sovranità del Parlamento sarebbe zoppa. Conseguenza. Prendendo in prestito le parole di Franco Luce: << Il totale fallimento della nostra democrazia. >>
RispondiEliminaLorenzo, credimi, non sono le mie parole di circostanza, la tua interpetrazione, condivisione a prescindere, mi ha commosso. Denoto nel tuo chiarissimo commento una tua appartenenza alla buona politica. Anche tu, come me, hai una chiarissima idea del senso di democrazia e di partecipazione, e sei convinto, come lo sono io, che rinunciare al nostro diritto di sovranità, si potrebbe spianare la strada all'autoritarismo. L'avvento del ventennio fascista ha dimostrato proprio questa evenienza: un Re inetto e poco incline al governo del paese, spianò la strada a Benito Mussolini. Certamente la nostra Carta Costituzionale a differenza del precedente Statuto Albertino, presenta quelle garanzie necessarie da ridurre questo rischio. Questo, caro Lorenzo, come d'altronde hai spiegato anche tu, è possibile soltanto difendendo la nostra "sovranità" senza delegare altri.
EliminaSono totalmente d'accordo con l'Autore!
RispondiEliminaCiò che scrive è una sacrosanta verità, una realtà tangibile.
Purtroppo i nostri grandi "statisti" preoccupati solo di farsi gli affari loro e quelli degli amici più stretti ci hanno trascinato in questo stato.
Che si può fare? Sperare in un ritorno del buonsenso o dell'entusiasmo del 1946?
Quello che fa paura è la manifestazione tangibile di una ignoranza diffusa e presuntuosa totale del vocabolo "socialità", del principio basilare del Credo professato la "carità", la "presunzione" delle affermazioni di principio e la volgarità diffusa degli interventi che ci fanno apparire come un gregge affamato che va alla ricerca ossessiva del cibo ma non dando vita ad una coalizione collaborativa ma solo ad un fuggi,fuggi disordinato e distruttivo come accade nei disastri dove ognuno, con furia folle nel cercare la salvezza, finisce col determinare l'aggravarsi del pericolo.
Tale situazione, alla fine, avrà una sola soluzione:il ritorno ad una nuova e più pesante schiavitù etica e che dà adito alla più perversa delle forme di governo di una comunità: il totalitarismo!
Ovviazmente poi ci saranno i rimpianti e le recriminazioni ma...........a chi gioveranno?
Grazie per aver condiviso il mio pensiero, come si dice in gergo sei Franco di nome e altrettanto franco nel disquisire. Come hai precisato, questo disinteresse è sicuramente una prova concreta di ignoranza diffusa. Eludere le urne è una delega in bianco concessa ad altri che può utilizzare a proprio piacimento. Tuttavia, siamo vigili, caro Franco, non lasciamo mai la presa, "I REGIMI DEMOCRATICI POSSONO ESSERE DEFINITI QUELLI NEI QUALI DI TANTO IN TANTO SI DA AL POPOLO L?'ILLUSIONE DI ESSERE SOVRANO".
EliminaL'essere genericamente contro tutto e contro tutti, non ci porta da nessuna parte.
RispondiEliminaSe qualcuno ha proposte di raccogliere attorno ad esse anche la maggioranza del paese le tiri fuori.
Non si può sperare che essere contro punto e basta porti da qualche parte.
Capisco che sia facile e comodo, forse anche utile personalmente, assumere posizioni contrarie a prescindere da ogni fatto concreto e specifico, ma è troppo poco e certamente inutile e qualunquista.
Gentile Anonimo, perchè per esporre questo interessante punto di vista, le viene così difficile farlo con il suo Nome e Cognome?
EliminaIn questo blog c'è la massima libertà d'espressione e ogni punto di vista, anche il più estremo, merita rispetto.
Mi associo all'invito di Giangiuseppe Gattuso.Basta firmare "N:N:"! Sarebbe ora che si avesse il coraggio di metterci faccia, nome e cognome su quello che si dice. L'"anonimato" è la veste degli ipocriti e dei falsi pronti a mettersi subito dalla parte del vincitore. Firmarsi è atto di coraggio, di civiltà, di lealtà e di responsabilità. Cioè di veri uomini e non "uomini di paglia"!
EliminaCaro anonimo, sarebbe molto più semplice dialogare con te chiamandoti per nome, probabilmente potremo diventare anche ottimi amici. D'altronde, lo scopo del blog messoci a disposizione dal direttore Gattuso è basato sullo scambio delle libere opinioni. Tu per un certo verso, hai espresso un tuo legittimo pensiero per un certo verso condivisibile. Sarei lieto se partecipassi insieme a tutti, sappi che le opinioni per quanto possano essere infinite, non sono mai sufficienti.
EliminaSono d'accordo con Luce, siamo ancora all'Italia di Dante, e gli esiti elettorali tenderanno alle soluzioni autoritarie. Per questo il populista Renzi è baldanzoso.
RispondiEliminaL’articolo è interessante ma oramai troppo si è discusso intorno a questi argomenti e non credo che ci sia altro d’aggiungere Tuttavia desidererei aggiungere che non credo che si possa veramente chiamare la nostra una democrazia visto che fino ad oggi il popolo sovrano non ha mai contato nulla Forse la chiamerei partitocrazia L’attuale situazione è figlia della politica degli ultimi 70 anni Non credo che ci sia mai stata una prima e seconda repubblica ma solo l’evoluzione del passato Che un 40/45% di italiani siano stanchi di questa politica è indubbia tuttavia farei presente che in paesi democratici GB Francia l’affluenza è molto bassa ma non per questo non siano democratici Ritengo che quello che conta sia il sistema che è diverso Il ns era sbagliato sin dall’inizio
RispondiEliminaEugenio, probabilmente hai commentato il mio servizio in forma riflessa rispetto alla mia, però denoto una profonda affinità di vedute. Un qualsiasi fenomeno si spiega con una "causa" ed un "effetto". Io ho cercato di immaginare una ipotetica "causa" per una scarsa democrazia, e tu hai messo in evidenza gli "effetti"... negativi provocati, probabilmente già esistenti a tua ragion veduta. Grazie Eugenio del tuo punto di vista, certamente semplice, apprezzabile e condivisibile.
Eliminain perfetta sintonia con l'autore. Siamo una Democrazia, ancora abbastanza fragile, il disinteresse in cui , da tempo, versa l'elettorato, potrebbe lasciare presagire ad oscuri tempi.
RispondiEliminaIl timore di un ritorno ad una sorta di dittatura soft (?), non è del tutto campata in aria,
Tenere gli occhi bene aperti, impedire lo stravolgimento della nostra Carta Costituzionale, potrebbe essere un argine a cio' che non deve ripetersi. La storia, sappiamo, tende a ripetersi......facciamo, non possa accadere.
Condivido l'articolo di Franco Luce con un amaro PURTROPPO. La Costituzione del 1948 non ha bisogno di essere deformata, ma solo bisogno di qualche lieve ritocco considerando la casta politica di oggi, il catastrofico debito pubblico, la globalizzazione, l'euro che non possiamo svalutare autonomamente per ricorrere all'osceno scherzetto di svalutare la povera lira per recuperare competitività dopo che essa nel 1960 vinse l'Oscar Mondiale come moneta più forte. Il lieve ritocco alla Costituzione sarebbe necessario anche se si tornasse alla lira.
RispondiEliminaLa legge elettorale italicum, quasi un porcellum bis, e tutte le riforme costituzionali sono da rivedere serenamente perché devono mirare a realizzare uno Stato snello, poco costoso, con burocrazia semplice per far competere il made in Italy nella globalizzazione e in tal modo combattere la disoccupazione e realizzare, dopo il risorgimento economico post catastrofe seconda guerra mondiale, un altro miracolo economico.
Art. 4 della Costituzione la quale a qualcuno non piace: " La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro E PROMUOVE LE CONDIZIONI CHE RENDANO EFFETTIVO QUESTO DIRITTO". Invece con un'insulsa 46ennale politica economica-sindacale-istituzionale il lavoro dal Bel Paese è stato mandato a. ..... quel paese con relativi NUMEROSI SUICIDI DI DISOCCUPATI ED IMPRENDITORI, tragedia che dura da circa 25 anni ed in aumento negli ultimi anni.
L'iter legislativo non è rallentato dal Senato, ma dalla presentazione, nelle due Camere, di migliaia di cavillosi emendamenti, assurdità superabile modificando i regolamenti parlamentari. Post disastro seconda guerra mondiale l'Italia realizzo' il risorgimento economico anche col bicameralismo perfetto che è meglio non abolire ma dimezzando il numero di Deputati e Senatori. È bene che i Deputati legiferino in collaborazione col Senato, Assemblea di Anziani con più esperienza di vita; sarebbe bene elevare di 5 anni l'eta' per essere eletti senatori e per eleggerli. Col 50% in meno di Deputati e Senatori iter legislativo più veloce e notevole risparmio di spesa per diminuire la pressione fiscale e agevolare la ripresa economica rendendo più competitivo il made in Italy per fronteggiare la globalizzazione che provoca disoccupazione E SUICIDI DI DISOCCUPATI ED IMPRENDITORI. Per competere nella globalizzazione, che tende a ridurre e abolire i dazi doganali , occorre uno Stato snello, poco costoso, con burocrazia non asfissiante. DEPUTATI E SENATORI SONO IL DOPPIO DI QUELLI DEGLI ENORMI USA CON 300.000.000 DI ABITANTI.
Non ha senso sostituire le Province elettive per sostituirle con le città metropolitane NON ELETTIVE. Preferibili le Province, ma ridotte di numero almeno come una volta (110 sono troppe ), miglior espressione, assieme ai Comuni, di autonomia locale perché amministrano un territorio più piccolo di quello regionale.
Abbiamo più di 8.000 Comuni in difficoltà economiche, troppi; i piccoli con centri abitati contigui e vicinissimi è economico e produttivo unirli.
Probabile futuro Senato non elettivo e città metropolitane non elettive: a quanto pare far votare gli italiani da' fastidio!
Condivido pienamente l’articolo d Franco Luce. Stasera assisteremo a un risveglio di voti o alla solita moria?Vedremo! Il non voto è completa perdita di fiducia e rinuncia alla scelta, è, come dici tu, stanchezza democratica, è ricerca di un Messia, e, anche, una forma di protesta-Bisogna che la politica acquisti fiducia ma come?Siamo tartassati, la sanità subisce continui tagli, il recupero di somme avviene togliendo ai pensionati e intanto l’antipolitica usufruisce di vergognosi privilegi che si sono dati con leggi ad personam. L’esempio di austerità doveva partire dall’alto. Il caro Franco Gentile ha chiamato i politici statisti. Non lo sono. Lo statista agisce prevedendo le ricadute a lungo termine. I nostri politicanti fanno di tutto per avere un osso da spolpare e subito. Sono confusi, confusionari, si prendono, si lasciano, urlano. Non farò mai parte dei non votanti. Vorrei poter dire che credo nella sovranità popolare, vorrei poter dire che resteremo una Repubblica democratica, ma stiamo assistendo a manovre antidemocratiche che mi spaventano. Il prossimo appuntamento sarà per il referendum cosituzionale ed io vorrei tanti votanti. Qualunque sia la scelta sarà nostra e ne piangeremo le conseguenze.Il voto ,però,deve andare oltre i partiti,le beghe interne.Dobbiamo essere statisti e prevedere le conseguenze future.
RispondiEliminaTi ringrazio Marisa per aver condiviso i miei timori per una deriva autoritaria, se la citata “stanchezza democratica” si impossessa di noi cedendo ad altri quella sovranità che ci garantisce la Carta Costituzionale. Anch’io come te attendo con ansia il responso delle urne, sperando in una drastica riduzione di quello sterile e pericoloso “assenteismo elettorale”. Hai fatto bene ha mettere in evidenza le gravi carenze riscontrate nei politici attuali, sicuramente scarsamente preparati a risolvere la crisi che ci attanaglia. Come giustamente hai fatto notare, il politico, per essere considerato “Statista” deve essere una persona con una grande esperienza, oltre che politica, anche teorica e pratica, a lungo termine. Cara Marisa, ho apprezzato tantissimo la tua neutrale citazione sull’esito referendario, dimostrando il tuo alto senso della democrazia. Grazie ancora.
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