di Sergio Bagnasco - Senato e riforma del Titolo V della Costituzione (Regioni, Province, Comuni) sono gli aspetti più corposi di questa riforma della Costituzione. Non mi occuperò in questa sede dell’abolizione delle province.
L’intervento sul Titolo V della Costituzione costituisce una riforma della riforma del 2001. Prova incontestabile che le riforme possono essere pessime.
L’idolatria della riforma e del cambiamento la lascio volentieri agli sciocchi, perché le riforme vanno sempre analizzate nel merito.
Alla transitorietà ancora in atto in dipendenza della riforma del 2001 si sommerà quella che sarà avviata dalla nuova riforma.
Perché la riforma del 2001 è stata un fallimento? Imperniata sul principio autonomistico degli Enti territoriali e sulla divisione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, ha finito per generare un intenso contenzioso causato dalla difficoltà di individuare confini certi tra le competenze regionali e quelle statali “trasversali”.
A peggiorare il quadro sono intervenute le leggi costituzionali n. 1 e n. 243 del 2012. Che hanno introdotto in Costituzione il pareggio di bilancio, vale e a dire l’equilibrio tra entrate e spese. L’entrata in vigore era differita all’esercizio 2014, cosicché a livello giurisprudenziale queste modifiche non hanno ancora prodotto i loro effetti. Interventi legislativi che costituiscono una vera e propria contro-riforma dell’autonomia regionale e locale rispetto al testo costituzionale del 2001. L’impatto avviene tanto sull’autonomia finanziaria, quanto sul sistema dei rapporti tra Stato e Autonomie territoriali quali enti “costitutivi” della Repubblica ai sensi dell’art. 114 della Costituzione.
L’espansione della potestà legislativa dello Stato in materia di “coordinamento della finanza pubblica” riduce sensibilmente gli spazi di autonomia finanziaria che si pensavano garantiti sia dall’inserimento di tale competenza legislativa tra quelle “concorrenti” di cui all’art. 117, 3° comma della Costituzione, sia dalla formulazione dell’art. 119 a seguito della riforma del 2001.
La nuova riforma del Titolo V non tiene conto delle complessità emerse.
Il riaffermato principio dell’autonomia finanziaria è un fondamento del concetto stesso di “autonomia”, poiché consente di misurare il tasso di “autonomia politica” di un ente territoriale. L’eliminazione delle materie concorrenti è una operazione semplicistica perché sono le materie trasversali, ampliate dalla riforma, ad aver generato contenzioso; inoltre, la nuova “clausola di supremazia”, poiché rende illimitata la potestà dello Stato, comprime ulteriormente la potestà legislativa delle Regioni e sarà causa di conflittualità.
Considerati i problemi applicativi della riforma del 2001 e gli effetti della controriforma del 2012, il legislatore costituente si trovava sostanzialmente tra due ipotesi alternative: tornare al modello originario e ricondurre le Regioni a enti amministrativi. Oppure intervenire sulla riforma del 2001, risolvendo le incoerenze e quindi realizzando pienamente il pluralismo istituzionale e legislativo, individuando un luogo istituzionale per dare certezza sui confini tra potestà legislativa statale e regionale.
Il principio autonomistico, infatti, non si è realizzato per la “perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi” (sentenza n. 6/2004 Corte Costituzionale), vale a dire per la mancanza di sedi istituzionali, strumenti e procedure che garantissero il coinvolgimento delle autonomie nel circuito decisionale della legislazione di livello nazionale.
La Corte costituzionale ha riconosciuto che esistono alcune materie di competenza esclusiva statale e altre di tipo “trasversale”.
Si tratta di tutte quelle materie in cui lo Stato enuncia una finalità, “le disposizioni generali e comuni”, “le disposizioni di principio”, le “norme tese (…) ad assicurare l’uniformità sul territorio nazionale”… Queste materie non circoscrivono un ambito della legislazione, ma si intrecciano con competenze affidate alla potestà legislativa delle regioni. Proprio perché “trasversali”, si muovono e agiscono orizzontalmente nell’ordinamento, coinvolgendo interessi e ambiti molto diversi tra loro.
L’individuazione di una linea di confine tra materie statali e materie regionali non è stato agevole in questi 14 anni di applicazione e i dubbi di interpretazione, in mancanza di una stanza di compensazione politico-istituzionale, hanno generato controversie rimesse alla Corte costituzionale.
Il nuovo Senato non risolve il problema indicato e non potrà essere la Camera delle Regioni sia per la modalità di elezione dei senatori (diversamente a quanto avviene in Germania, i nostri senatori non avranno un mandato politico, non saranno delegati dal governo regionale, non avranno vincolo di mandato), sia per la varietà e vastità delle funzioni che non costituiscono un raccordo con le competenze statali trasversali, la clausola di supremazia e le modifiche introdotte nel 2012. Non è rappresentativo delle Istituzioni territoriali e non è sede di elaborazione di un “indirizzo politico repubblicano”. Il nuovo Senato, inoltre, non individua come stabilire i confini tra competenze statali e competenze regionali e non realizza alcun centro istituzionale in cui i conflitti possano trovare la soluzione.
Dalla lettura del nuovo art. 117 si ricava l’ampliamento dell’incertezza sui confini tra competenze statali e regionali quando si fa riferimento alle “disposizioni generali e comuni”: salute, sicurezza alimentare, sicurezza sul lavoro, istruzione, attività culturali e turismo, governo del territorio.
Il quadro poi si complica con la clausola di supremazia in base alla quale lo Stato può incidere sulla potestà legislativa ragionale senza limiti reali.
Recita il testo: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale”. Cosa debba intendersi per unità giuridica e unità economica della Repubblica e per interesse nazionale non è affatto agevole, pacifico e condiviso.
Si tratta di una previsione potenzialmente illimitata e alternativa al riparto della potestà legislativa, riaffermato in apertura dell’art. 117 della Costituzione, in grado di far esplodere la conflittualità tra governi regionali e governo nazionale.
Da tutto ciò, non potrà che scaturire una nuova lunga stagione di inefficienza e contenzioso costituzionale.
Sergio Bagnasco
Milano
22 Gennaio 2016
P.S. Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa stimolante riflessione sul tema della riforma costituzionale. Dopo l’articolo di carattere generale di Gisa Siniscalchi, questa volta entriamo nel merito. Perché, come dice benissimo l’autore, “L’idolatria della riforma e del cambiamento la lascio volentieri agli sciocchi, perché le riforme vanno sempre analizzate nel merito”. E, infatti, con questo articolo vengono ben spiegati i problemi legati alla conflittualità tra Stato e Regioni che l’ennesima riforma del Titolo V della Costituzione mantiene interamente. Sergio Bagnasco, originario di Palermo, si trasferisce con la famiglia a Treviso all'età di 13 anni. Lì inizia la sua formazione politica e si appassiona alle tematiche sociali quando un professore di religione in aula spiega cosa occorre dire ai genitori per convincerli a votare SI nel referendum per l'abrogazione del divorzio. Poi l'incontro con i Radicali, i giovani socialisti e liberali, la sinistra extraparlamentare. Il '77, il terrorismo, il caso Negri e poi Tortora rafforzano la sua passione politica e l'interesse per le tematiche istituzionali, la giustizia, i diritti civili, mentre tanti coetanei sono falcidiati dalla droga. L'antiproibizionismo e le tematiche ambientali diventano per Sergio nuovi fronti di interesse. Impegnato in tante battaglie, ha abbandonato subito l'ipotesi del professionismo politico.
Dal 1990 vive in Lombardia, avendo Milano come centro dell'attività lavorativa. Da dieci anni ha eletto la campagna pavese della Lomellina come ritiro familiare. Da sempre lavora in editoria perché i libri, le riviste, le parole sono la sua droga.
Direct marketing, distribuzione, formazione, autore e curatore di progetti editoriali, sempre in forma autonoma, libero e indipendente, nel mare in tempesta perché tale è da tanti anni il mondo dell'editoria. La passione continua a divorarlo e l'attuale fase politica offre ghiotte occasioni.
Da qualche tempo segue il nostro blog e ha scritto alcuni interessanti commenti. Questo è il suo primo articolo come autore.
Benvenuto su PoliticaPrima e buon lavoro.
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Le mie limitate capacità di comprensione non mi consentono di commentare come si deve questo erudito articolo in materia di riforme costituzionali. Sono solo riuscito a capire che il bravissimo autore ci spiega il pasticcio fatto precedentemente con la riforma del titolo V° e il pasticcio rifatto adesso con la riforma di Elena Boschi. Poiché i pasticci non mi piacciono e il governo Renzi neppure andrò a votare NO! al referendum confermativo.
RispondiEliminaBene Michele...si...l'autore spiega gli errori commessi prima...e gli errori di correzione odierna...della serie...dagli errori non sempre si impara...io come te...voterò NO.
EliminaMi spiace Michele Maniscalco di non essere riuscito a spiegarmi con sufficiente chiarezza.
EliminaProva a farmi qualche domanda sugli aspetti che non ti risultano chiari e cercherò di spiegarmi meglio.
Grazie comunque per l'attenzione.
Dai contenuti di questo articolo di Bagnasco, appare sempre più chiaro che bisogna respingere al mittente questa proposta di riforma costituzionale, viste le sue connotazioni tendenzialmente autoritarie.
RispondiEliminaNel dare il benvenuto all'amico Sergio lo ringrazio per l'ottima spiegazione di uno dei più importanti articoli di questa pessima proposta di riforma costituzionale.
RispondiEliminaEntrare nel merito ed analizzare in toto ciò che di errato c'è e ve ne è molto da quel che leggo non solo quì, può aiutare quelli che non ne conoscono il contenuto.
Per parte mia non sono contraria ad una eventuale revisione di alcuni aspetti o articoli della costituzione, ma come dice bene Sergio, revisioni da analizzare e valutare nella interezza e reale migliorameno per il paese e per le persone.
Il fallimento del Titolo V è la prova che si può sbagliare se non si valutano tutte le incognite e le possibilità.
Se ad un fallimento si aggiunge una correzione essa stessa errata e mal valutata si comprende bene che sarà un ulteriore fallimento.
Ne consegue a mio parere che votare no al referendum è necessario se non addirittura indispensabile.
Mi ripeto..le riforme costituzionali non si possono, non si devono fare se non con un consenso ampio e soprattutto tenendo conto di ogni aspetto..di ogni cosa si va a toccare se non si vuole come è accaduto pe il Titolo V ricorrere o incorrere nel giudizio e bocciatura della corte costituzionale...
Benvenuto all'autore di questo articolo. Dopo averlo letto attentamente (che fatica), ho capito che la mia convinzione che la riforma di Renzi fosse un pasticcio Istituzionale, era esatta fin dall'inizio. Complimenti a Bagnasco, con il suo scritto, ha rafforzato in me la decisione di votare No al prossimo referendum.
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RispondiEliminaBenvenuto al nuovo autore del Blog e grazie del contributo specialistico che offre, all’ appassionante tema delle (schi)forme del governo Renzi. Con dovizia di particolari si spiega, nell’articolo, la follia e la confusione che presiedono alla testardaggine di snaturare la nostra Costituzione, solo per il capriccio di dimostrare uno sciocco decisionismo di craxiana memoria. Una schifezza che nessuno aveva richiesto e che, nell’agenda di un governo responsabile, non avrebbe mai costituito nessuna priorità, stante i problemi che attraversa il nostro Paese. Un pasticcio inenarrabile che bloccherà il parlamento per le impugnative a raffica che saranno presentate innanzi la Corte Costituzionale, chiamata a decidere i numerosi conflitti di competenza tra Stato e regioni, proprio a causa della assoluta incertezza circa le competenze di questo nuovo mostro istituzionale, illegittimo fin dalla sua composizione. Al referendum Votiamo un sonoro NO all’improvvisazione di questo governicchio, sostenuto dai verdiniani, in cui regna l’arroganza e l’approssimazione.
RispondiEliminaComplimenti..interessante e stimolante come tutti i tuoi articoli!
RispondiEliminaLe riforme sono il frutto di un esercizio democratico di alto valore etico, la rottamazione è una pratica devastante, una zampata del potere.
La riforma costituzionale è proprio distruttiva in tutti i sensi! Bisogna impegnarsi molto e con tutte le forze per contrastarla
Al di là delle personali convinzioni e di parte, da chi ne sia l'ispiratore e nell'interesse di chi il governo la sostenga, questa ulteriore riforma rappresenta nei fatti, un ulteriore elemento di confusione nelle competenze amministrative, politiche, economiche ed organizzative, fra lo Stato accentratore e prevalente, rispetto alle autonomie regionali, così come esplicita in maniera molto articolata, l'autore dell'articolo. Nel caso di approvazione in sede referendaria di questa riforma, non è difficile presupporre nuovi ed aspri conflitti tra le parti in causa, difficilmente colmabili, in una marea di indiscutibili competenze locali, quelle legittime o pretese dello Stato centrale ed a mischiare ancor più le carte, quelle Europee che già incidono oltre misura. Personalmente, mi sentirei molto più sereno se una nuova ulteriore riforma azzerasse l'art. V ad una data antecedente a quella del 2001.
RispondiEliminasono esterrefatta: se volvano il senato elettivo, perchè alla camera hanno approvato il DDL Boschi? E' ben altra cosa eleggere i senatori su liste separate da quelle delle regionali che non inserirli in un ridicolo listino all'interno della scheda regionale...cose da pazzi.....
RispondiEliminao spero che i conflitti paventati da Giovanni e da Sergio non si avverino. Le modifiche non sono stravolgenti e l' Italia ha bisogno di una legislazone che semplifichi ed agevoli le decisioni. Per quanto riguarda un ipotetico squilibrio Stato Regione, io propendo per una maggiore concentrazione di poteri nelle mani dello Stato, fermo restando la salvaguardia dello spirito democratico e repubblicano. Non siamo in un momento difficile per la Nazione e la Storia c'insegna che nel momento più problematico sono in pochi a prendere decisioni a costo di trasformare - e questo non avverrà mai nella nostra Italia - una Re pubblica in Impero. Certi avvenimementi economici , politici, sociali hanno bisogno di una risposta forte e decisa. Il tempo dei compromessi, riforma 2001 e sua omologa e controparte, devono finire. Le Province abolite, una camera abolita, il premio di maggioranza il più alto possibile, una sola preferenza a discapito del già sperimentato controllo mafioso. Non è difficile cambiare quel po' d'anacronismo in una Costituzione che sta compiendo i 70 anni. Ci vuole solo coraggio, lealtà e rispetto verso se stessi e verso tutti quegli italiani che si aspettano delle risposte seriamente costituzionali, prima di prendere de cisioni più drastiche che potrebbero essere confuse per brigatistiche, ma non di certo terroristiche. Il mio no , lo ribadiscono, è rivolto a Renzi, alla politica anti sociale, machiavellica ed ipocrita per quanto attiene alla sua malintesa appartenenza politica.
RispondiEliminaNon si tratta di propendere per lo Stato o per le regioni. Il problema è che bisogna chiarire le competenze: chi fa, e che cosa fa. Questo la riforma Renzi - Verdini non lo dice. Ecco perché sarà un diluvio di conflitti di competenza. Il nuovo Senato è un pastrocchio inaudito. Non è vero che il problema della lentezza dipende dal bicameralismo perfetto. Quando si è trattato di prendersi i soldi arretrati del finaziamento pubblico ai partiti, ci hanno messo 48 ore a fare approvare la legge. Smettiamo di prendere in giro gli italiani sprovveduti
EliminaIl vero problema è, come dice anche Nino Risitano, la finalità della riforma prevista,il macchiavellismo costituzionalizzato. L'unico ponto che non condivido con Nino è il premio di maggioranza molto alto,lo considero pericoloso, specialmente in presenza di politici autocrati.
RispondiElimina...sono così disgustata e stanca di questi meschini-lestofanti, che non mi va più di pestare acqua nel mortaio, hanno distrutto L'Italia... cos'altro c'è da fare??
RispondiEliminaLa mia non è una resa ma una fortissima rabbia... insopportabile, quanto insostenibile sia divenuta la situazione italiana, semplicemente: GROTTESCA....ma non credo si possa continuare così... a subire... impunemente questi soprusi oltraggiosi per tutti gli italiani onesti
Condivido in pieno il post della mia omonima Lucia....
EliminaMolto bene! Più chiaro di così non si può spiegare il perché, sostanzialmente, la riforma proposta dal governo è l'eterno "pasticciaccio" proposto da soggetti interessati più al potere personale che alla reale organizzazione di uno stato che,nelle idea originaria doveva essere "federale" istituendo le regioni, più o meno autonome, e nella realtà, vuol mantenere l'accentramento di ogni funzione rimettendo “l'amministrazione etica-politica-economica” della cosa pubblica in poche mani.
RispondiEliminaLa “riforma Boschi” ( diamogli questo nome anche se personalmente son convinto che abbia altre origini creative) che cosa ci dice sostanzialmente? Che si vuole abolire il bicameralismo perfetto ( il che non è un male ma anzi sarebbe davvero un progresso) istituendo, più o meno, un Senato delle Regioni ( ed anche questo sarebbe un progresso) Ma..e qui sta il “busillis” alla fine ne viene fuori che si rafforzano i poteri dell'esecutivo, e si crea un organismo di controllo e indirizzo dipendente direttamente e sempre dall'esecutivo e formato con gente di fiducia dello stesso il che, equivale, a creare una specie del famoso “gran consiglio” di fascistica memoria. .
L'Autore con vera maestria ed infinita pazienza ci spiega questo ed altro e la vera interpretazione di tale assunto mi pare ce la dia il Dr. Alesi nel suo commento.
Personalmente ritengo di essere inadeguato a dare maggiori spiegazioni ma per naturale istinto ritengo che il dovere di ogni cittadino che abbia pieno il senso della democrazia e della libertà e che voglia essere partecipe e protagonista della propria presenza in uno stato sostanzialmente democratico abbia il dovere di esprimere un “NO” chiaro e netto alla proposta del governo e richiedere a gran voce che si vada il più presto ad una consultazione elettorale che rompa finalmente con la forzata soluzione detta delle “larghe intese” che furono la negazione del reale risultato delle elezioni del 2013 che dalla parte del popolo avevano dato un risultato risicato ma chiaro, reso vano da quella che io chiamerei una sorta di “immaturità politica” del M5S, e si dia sostanza al dettato costituzionale chiarissimo sulla “sovranità popolare” come elemento unico di formazione dei governi nazionali e regionali.
Non si riescono più a trovare le parole adatte per commentare questi signori, è incredibile, il disgusto come dice la signora Lucia, ormai ha preso il sopravvento...
RispondiEliminaIl problema è che continuiamo a subire senza alzare un dito e siamo di fronte a gente che riesce a negare anche l'evidenza, secondo me credono veramente di avere a che fare con delle capre, tanto sanno che abbassiamo la testa, sinceramente io sono MOLTO PREOCCUPATO per il *futuro* ( ammesso che ce ne sia uno) dei miei figli, che spero possano realizzarsi lontano da qui...
Appare chiaro che le persone più sensibili politicamente e più colte voteranno NO al referendum.
RispondiEliminaCertamente un NO convinto e non legato a superficiali intolleranze verso Renzi ed il suo governo.
Tutto va fatto meglio, e poi ben-altre sono le cose da fare.
Spero x l'articolista riesca a convincere i genitori dei suoi allievi a votare NO.
Ha fatto, come leggo una bella battaglia contro 'l'istituto del divorzio negli anni 70, purtroppo è andata male.
Ma si potrebbe ancora rimediare.
Il divorzio è stato l'inizio di tutti i mali.
Spero che ci si impegni anche contro la legge sulle unioni civili, e che si faccia qualcosa contro gli zingari, oltre che contro gli islamici e gli omosessuali.
Ovviamente non sono razzista, però.......
Caro Volpe, per te l'uva forse è sempre acerba, ma non necessariamente deve essere così per tutti.
EliminaHo usato argomenti precisi per spiegare perché questa riforma non mi piace anche per come rimette mano al Titolo V.
Se questo blog vorrà ancora ospitare i miei punti di vista, potrai se vorrai leggere altre critiche su altri punti della riforma.
Non ho usato ironia o sarcasmo, ma argomenti per illustrare perché a mio avviso questa riforma non migliora la situazione attuale e introduce nuovi motivi di contenzioso.
Se oltre a fare ironia, hai qualcosa da dire, sarò ben lieto di confrontarmi con te e con chiunque.
Quanto al divorzio, hai inteso male e suggerisco di prestare maggiore attenzione.
Non ho fatto alcuna battaglia contro l'istituto del divorzio.
Ho fatto la battaglia per votare NO contro l'abrogazione della legge, perché il divorzio era già legge e il referendum abrogativo è stato proposto ...per abrogarlo: il SI significava, voglio abrogarlo; il NO significava non voglio abrogarlo, vale a dire voglio mantenerlo. Chiaro?
Quanto a tutto il resto che indichi in chiusura del tuo commento, sei liberissimo di intraprendere tutte le battaglie che vuoi, penso che ci troveremo su fronti opposti.
Auguri
PS: uso sempre il tu, perché non mi piace il lei che trovo sia barbaro; nel caso non ti piaccia il tu, traduci tutto con il voi.
Vi auguro una serena notte.
... sono perfettamente d'accordo con Lucia Arnao...non se ne può più e ancora di più per il fatto che ci siano tante persone che difendano questo governo,a questo punto credo in malafede....e la gente che non sa,non sa nemmeno quanto ce la stiano mettendo in quel posto...scusate il linguaggio...ma questo Renzi con i suoi proclami di successi e progressi,di crisi finita,con le sue bugie circa la nostra autorità all'Estero,mentre ne siamo invece lo zimbello e tutti ci bacchettano....e queste riforme che sono da riformatorio,in quanto molte sono vere e proprie truffe....non lo sopporto più...è indigeribile e se tutto quello che succede adesso,tra indagati,processati,corrotti e mafiosi...fosse successo con Berlusconi...a quest'ora avremmo le barricate in strada....da parte della sinistra ipocrita...
RispondiEliminaAppare chiaro che le persone più sensibili politicamente e più colte voteranno NO al referendum.
RispondiEliminaCertamente un NO convinto e non legato a superficiali intolleranze verso Renzi ed il suo governo.
Tutto va fatto meglio, e poi ben-altre sono le cose da fare.
Spero x l'articolista riesca a convincere i genitori dei suoi allievi a votare NO.
Ha fatto, come leggo una bella battaglia contro 'l'istituto del divorzio negli anni 70, purtroppo è andata male.
Ma si potrebbe ancora rimediare.
Il divorzio è stato l'inizio di tutti i mali.
Spero che ci si impegni anche contro la legge sulle unioni civili, e che si faccia qualcosa contro gli zingari, oltre che contro gli islamici e gli omosessuali.
Ovviamente non sono razzista, però.......
Chi sta mettendo mano alla Costituzione lo fa con il pretesto di migliorarla, ma a farlo sono persone con secondi fini, i quali trovano ostacolo, nell'essere perseguiti, con alcuni punti della Costituzione. Ci vorrebbe una commissione di vigilanza, come ho già detto in altra sede a Sergio Bagnasco.
RispondiEliminaSignor Bagnasco
RispondiEliminaBuongiorno Ho letto il suo articolo con molto interesse e sono arrivato alla conclusione che sono uno dei pochi sciocchi che voterà si a questo referendum Sono 70 anni che non riusciamo a fare un passo avanti perché qualunque cambiamento viene bloccato da persone intelligenti come lei Peccato che non sia al potere e prendere le decisioni
GRAZIE del suo apporto
Buona giornata
Vogliamo, per una volta, intenderci sul termine "cambiamento"? A leggere certi commenti sembra che qualunque cambiamento sia positivo per definizione, senza pensare che si può cambiare una determinata situazione peggiorandola. Si usa a sproposito questa parola magica nei confronti di chi si rifiuta di accettare certe brutture, facendolo passare per conservatore. Cambiare non è sinonimo di migliorare ma, semmai, di modificare. Non basta mettere mano alle riforme per dire di essere innovatore. Questo dipende dai contenuti e, purtroppo, dai fautori del "progresso" non ho percepito valutazioni di merito a favore delle riforme Renzo-verdiniane.
EliminaCaro Eugenio, mi fa molto piacere che il mio intervento ti abbia rafforzato nel SI.
EliminaPerò non ho mai scritto che chi vota Sì è uno sciocco, mentre certamente è uno sciocco colui che approva ogni cambiamento perché intende cambiamento come sinonimo di miglioramento.
La lingua italiana può fare brutti scherzi e certamente saprai che un cambiamento può essere anche in peggio.
Poi vorrei sapere dove sei stato in questi ultimi 70 anni, perché in Italia ci sono stati tantissimi cambiamenti.
Senza andare troppo indietro, si sta adesso riformando il Titolo V della Costituzione che è stato profondamente rinnovato nel 2001.
Nel 2012 è stato introdotto in Costituzione un principo prima assente, ne scrivo nell'articolo e certamente non ti sarà sfuggito.
Solo dal 1993 al 2015 abbiamo cambiato 3 leggi elettorali nazionali.
In due decenni abbiamo avuto 4 riforme della scuola; 4 riforme delle pensioni; innumerevoli riforme della pubblica amministrazione, della giustizia, del lavoro...
È così assurdo affermare che tutte queste riforme hanno peggiorato la situazione e non hanno risolto alcun problema?
Ho la sensazione che le riforme sono utili se sono fatte bene e in Italia non abbiamo un problema di immobilisno ma di riforme fatte con leggerezza. Mi spieghi diversamente perché di continuo si legifera sulla stessa materia varando "riforme epocali"?
Dal ministro Mattarella al ministro Giannini abbiamo avuto una decina di riforme epocali sulla scuola!
Una cosa da iniziati studiosi e giuristi costituzionali. Un lessico elegante, forbito, convincente. MA SE quei pochi che vorremmo votare si, ci convincete a votare no, poi chi la fa l'opposizione in questo blog? E poi se votiamo no resta quella fetenzia del titolo V attuale? Titolo V attuale voluto da Bossi, Berlusconi, d'alema amato etc. Ci penserò vediamo se scrivera un prossimo articolo un giurista per il sì.
RispondiEliminaCaro Giuseppe, il Titolo V attuale fu voluto dal csx. Berlusconi e tutto il cdx fece campagna contro.
EliminaIl Titolo V attuale ha molti difetti ma se fai una piccola ricerca scopri che negli ultimi due anni la conflittualità si è attenuata perché i tanti giudizi della Corte Costituzionale offrono ormai tanti chiarimenti su come interpretare le norme. Ovviamente, la Cortr non può stabilire i confini tra Stato e Regioni, questo spetta ai politici e non ai giudici. E la politica non lo sta facendo. Anzi peggiora la situazione perché il nuovo allargamento delle materie trasversali e la "clausola di supremazia" rendono inservibile l'armamentario giurisprudenziale sviluppato in questi anni e rimette tutto in discussione.
Mi spiace, non ho alcun pregiudizio nei confronti di Renzi e Boschi; ho utilizzato argomenti per criticare questa riforma, non ho fatto uso di pettegolezzi o illazioni.
Non vorrei che l'amico Bagnasco a cui anch'io do il benvenuto si offendesse ! Ho scritto un paio di righe con tono sarcastico, che non è tra l'altro, il mio stile. Io in realtà preferisco la satira e la parodia, ed il direttore lo sa e non gradisce ! Volevo semplicemente fare una provocazione, perchè ho l'impressione ed il direttore, mi correggerà, che in questo blog si stia instaurando un specie di pensiero unico. Una forma di conformismo antirenziano, anti governativo ed anti boschi...c'è addirittura qualcuno che si è spinto oltre nel gossip...piu spinto...ovvero che il Giovane e Potente Premier sia ormai l'amante della bella , seducente e carnosa Elena Boschi, che come l'antica reginetta dell'iliade omerica stia per scatenare una guerra tra greci e troiani...cantami o musa del pelide achille, l'ira funesta che infiniti lutti addusse agli achei...che tradotta ai tempi di oggi, suonerebbe, cosi..." cantami o boschi del bischero renzi, le sue riforme e le tue forme, che infiniti lutti, ai suoi gufi ed ai tuoi spasimanti...addusse " ! Era solo una provocazione satirica...ok ?
RispondiEliminaL'iter legislativo non è rallentato dal Senato, ma dalla presentazione, nelle due Camere, di migliaia di cavillosi emendamenti, assurdità superabile modificando i regolamenti parlamentari. Post disastro seconda guerra mondiale l'Italia realizzo' il risorgimento economico anche col bicameralismo perfetto che è meglio non abolire ma dimezzando il numero di Deputati e Senatori. È bene che i Deputati legiferino in collaborazione col Senato, Assemblea di Anziani con più esperienza di vita; sarebbe bene elevare di 5 anni l'eta' per essere eletti senatori e per eleggerli. Col 50% in meno di Deputati e Senatori iter legislativo più veloce e notevole risparmio di spesa per diminuire la pressione fiscale e agevolare la ripresa economica rendendo più competitivo il made in Italy per fronteggiare la globalizzazione che provoca disoccupazione e SUICIDI di disoccupati e imprenditori competere nella globalizzazione, che tende a ridurre e abolire i dazi doganali , occorre uno Stato snello, poco costoso, con burocrazia non asfissiante.
RispondiEliminaGrazie a Bagnasco per essere entrato così bene nel merito della riforma costituzionale.. Dopo averlo letto attentamente il suo articolo, ho capito che la mia convinzione di votare no al prossimo referendum era giusta fin dall'inizio. Condivido anche quanto ha scritto Armando Pupella, ciò che propone sarebbe stato condiviso dalla stragrande maggioranza della popolazione. Ciò che mi farà specie è condividere il voto con berlusconi e brunetta, anche se so che loro non voteranno contro per le mie stesse ragioni.
RispondiEliminaSecondo me diversificare le materie di competenza fra lo Stato e le Regioni é una buona cosa. Compito dello stato centrale individuare gli obiettivi e gli indirizzi e delle Regioni di legiferare per attuarli. La sanità ad esempio é delegata alle regioni ed e'molto importante perché è molto più facile razionalizzare i costi e ridurre gli sprechi. Vivo in Umbria dove secondo me viene attuata una politica sanitaria corretta: le asl sono state accorpate(ce ne sono due sole), sono stati costruiti ospedali nuovi, chiudendo quelli dei piccoli centri, la spesa farmaceutica é costantemente monitorata. Sarebbe tutto più complesso e difficile se questa materia fosse stata di competenza dello stato. Quindi la riforma del titolo v del 2001, anche se ha creato molte conflittualità nelle competenze, é stata comunque un passo avanti. Le leggi non sono perfette ma si possono migliorare. Voterò si al referendum perché eliminare il bicameralismo é utile in quanto snellisce i tempi e garantisce una migliore governabilità. Vedremo poi come funzionerà il Senato delle Regioni e che compiti avrà. Potrebbe eliminare molte conflittualità fra stato e regioni. Diamo atto a Renzi di aver imposto molto dinamismo nell'azione del governo; penso sia comunque preferibile all'immobilismo del passato e al ventennio berlusconiano che ci ha massacrato economicamente e culturalmente
RispondiEliminaSecondo me diversificare le materie di competenza fra lo Stato e le Regioni é una buona cosa. Compito dello stato centrale individuare gli obiettivi e gli indirizzi e delle Regioni di legiferare per attuarli. La sanità ad esempio é delegata alle regioni ed e'molto importante perché è molto più facile razionalizzare i costi e ridurre gli sprechi. Vivo in Umbria dove secondo me viene attuata una politica sanitaria corretta: le asl sono state accorpate(ce ne sono due sole), sono stati costruiti ospedali nuovi, chiudendo quelli dei piccoli centri, la spesa farmaceutica é costantemente monitorata. Sarebbe tutto più complesso e difficile se questa materia fosse stata di competenza dello stato. Quindi la riforma del titolo v del 2001, anche se ha creato molte conflittualità nelle competenze, é stata comunque un passo avanti. Le leggi non sono perfette ma si possono migliorare. Voterò si al referendum perché eliminare il bicameralismo é utile in quanto snellisce i tempi e garantisce una migliore governabilità. Vedremo poi come funzionerà il Senato delle Regioni e che compiti avrà. Potrebbe eliminare molte conflittualità fra stato e regioni. Diamo atto a Renzi di aver imposto molto dinamismo nell'azione del governo; penso sia comunque preferibile all'immobilismo del passato e al ventennio berlusconiano che ci ha massacrato economicamente e culturalmente
RispondiEliminaConcordo Antonella, se vogliamo una potestà legislativa ripartita tra Stato e Regioni va benissimo la divisione delle competenze.
EliminaIl guaio è che sia la riforma del 2001 sia questa riforma non stabiliscono i confini e non creano un Istituto parlamentare preposto alla soluzione dei conflitti.
Come spiego, il problema nasce dalle materie trasversali che questa nuova riforma amplifica. Inoltre, introduce una "clausola di supremazia" che consente al Governo (attenzione, al Governo, non al Parlamento) di invadere senza limiti le competenze regionali.
La riforma non risolve alcun problema emerso con la riforma del 2001 e crea nuove situazioni di conflitto generalizzato.
Sebbene la riforma affermi che il Senato rappresenta gli Enti territoriali, non è investito del compito di risolvere i conflitti e i problemi interpretativi tra Stato e Regioni, come suggerito dalla Corte Costituzionale.
Ogni conflitto arriverà quindi alla Consulta che non potrà dare risposte generali ma solo specifiche sul problema specifico posto.
Serviva definire i confini e avere un luogo istituzionale in grado di dirimere le vertenze sui confini.
La riforma non fa nulla di tutto ciò.
Il dinamismo e il cambiamento non sono valori in sé, ma solo in ragione di ciò che producono.
Quante sono le riforme approvate negli ultimi anni su scuola, giustizia, previdenza...?
Dobbiamo gioire per le tante riforme o il numero delle riforme (praticamente una per ogni governo sulle materie citate) sono la dimostrazione del modo superficiale di intervenire?
" L'idolatria della riforma e del cambiamento la lascio volentieri agli schiocchi, perché le riforme vanno sempre analizzate nel merito " Condivido questa affermazione dell'autore. Le parti della Costituzione modificate sono diverse: 1) Fine del bicameralismo perfetto; 2) Modifica del senato nella composizione numerica, diverso concetto dei senatori a vita e un ibrido sistema elettivo; 3) Nuovo procedimento di approvazione delle leggi; 4) Diversa modalità della elezione del Presidente della Repubblica; 5) Modifica del rapporto competenze Stato e Regione con tagli ai costi della politica, tetto agli stipendi dei presidenti e consiglieri regionali; 6) Cancellazione delle provincie e del Cnel ; 7) Giudizio preventivo di legittimità sulla legge elettorale da parte della Consulta , compreso l'italicum; 8) Maggiore equilibrio sulla rappresentanza. Per comprendere l'impatto positivo o negativo dovremmo, individualmente, affrontare uno studio comparato fra la situazione attuale e quella che dovrebbe presentarsi con l'applicazione della riforma. Non volendomi avventurare in analisi tecniche che come, giustamente, fa notare Asia Lucia Cricchio confonderebbero i non addetti ai lavori, mi limito ad alcune considerazioni dettate dalle mie aspirazioni riformatrici. Con la riforma del Titolo V del 2001, alle autonomie territoriali venne riconosciuta la dignità costituzionale del controllo di conformità delle leggi solo dopo l'entrata in vigore. Ne seguì un abuso eccessivo: leggi in contrasto con gli interessi nazionali, leggi sulla medesima materia diverse da quelle di altre regioni. I cittadini di una regione, in materia sanitaria, non hanno gli stessi trattamenti di quella limitrofe. Se poi affrontiamo il problema del malcostume, tutte le regioni si sono distinte nell'aumento degli stipendi, sistema vergognoso dei rimborsi, liquidazione di fine mandato e vitalizi. Molti, per assurdo, hanno invocato la soppressione delle regioni definite fonte di sperpero delle risorse finanziarie. Alcuni riformatori del 2001 si sono pentiti di aver, allora, modificato il Titolo V. La situazione richiedeva una modifica mirata ad annullare gli effetti negativi e non generare eventuali contenziosi per un ritorno alla supremazia statuale evidenziata dall'analisi che Sergio Bagnasco fa nel suo articolo. Visto che tutti commentando fanno riferimento alla questione del senato vi esterno il mio desiderio della riforma parlamentare. Avrei mantenuto le due assemblee con queste caratteristiche: a) Forte riduzione numerica dei deputati e senatori; b) Mantenimento del bicameralismo, secondo il concetto del costituzionalista Mortati : << Il bicameralismo ha senso, cioè, se una camera riflette gli interessi di tutta la Nazione ed un'altra, invece, quella delle comunità locali >>. Ambedue elette a suffragio universale. Rimango sempre convinto che non era necessario riformare e per di più in questo modo. Più tempo e accordi politici avrebbero individuato la necessità, la convergenza e gli obiettivi riformatori.
RispondiEliminaLorenzo, hai ragione, ci sono tanti aspetti in questa riforma costituzionale ma in questo articolo ho voluto concentrarmi sul Titolo V perché si tratta di un tema ostico da tutti accantonato, limitandosi a dire che la riforma del 2001 non ha funzionato.
EliminaCerco di illustrare le ragioni del perché non ha funzionato e verifico se in questa nuova riforma si risolvono le cause del non funzionamento.
Arrivo alla conclusione che non fornisce alcuna risposta e crea nuovi motivi di contenzioso.
Anche se si legge questa riforma insieme alla riforma del Senato, la risposta non cambia.
Perché nella riforma del Titolo V non è nemmeno citato il Senato che quindi non viene investito del potere di risolvere i conflitti tra Stato e Regioni; questa riforma non dà vita a un organismo parlamentare in cui possano essere composte le situazioni di conflittualità, come invece suggerito dalla Corte Costituzionale.
Dalla lettura della riforma del Senato si deduce che rappresenterà gli Enti territoriali ma questa affermazione declamata resta tale: una declamazione. Con quali strumenti e come potrà rappresentare gli Enti territoriali?
È una formula derivata dal sistema tedesco. Ma in Germania i senatori sono nominati dai Governi di ogni Länder; rappresentano il Governo del Länder e hanno vincolo di voto.
I nostri non hanno vincolo di mandato, non hanno nemmeno un mandato politico e non sono eletti dai Governi ma dai Consigli regionali.
Come saranno eletti?
Con metodo proporzionale e in conformità al voto espresso dagli elettori. Che significa non si sa, ma in ogni caso non rappresentano i Governi delle regioni che li hanno designati.
Il Senato, per il numero dei senatori, per la vastità dei poteri e per il metodo di elezione, non potrà essere rappresentativo proprio di alcunché e in Costituzione non c'è traccia di come si dovrebbe concretare questa rappresentatività.
Su questo punto, tornerò.
Io vorrei andare un po' controcorrente, considerando che il numero dei parlamentari è abnorme, intanto viene ridotto il numero dei senatori e poi si elimina questo doppio passaggio parlamentare, che oggi agli occhi di tanti appare superfluo. Anche perché non siamo più ai tempi della nascita della nostra costituzione, in cui necessitavano i pesi e i contrappesi. Sperimentiamo quindi questo nuovo sistema legislativo. Speriamo di vivere ancora per potere commentare.
RispondiEliminaNino, introduci temi che non riguardano l'argomento posto.
EliminaUno dei limiti di questa riforma e del referendum confermativo è che si chiede il voto generale: prendere tutto o respingere tutto.
Il Titolo V poteva essere isolato dal resto perché maldestramente i parlamentari non hanno collegato le due cose.
Per esempio assegnando al Senato il compito di dirimere le vertenze e i dubbi interpretativi tra la potestà legislativa dello Stato e quella delle Regioni. Eppure era un suggerimento che veniva dalla Consulta per dare una risposta sistemica alla perenne conflittualità.
Il numero dei parlamentari poteva essere ridotto agendo su entrambe le Camere, invece di creare questo forte squilibrio.
Il doppio passaggio non è eliminato e si può creare un ingorgo legislativo perché ogni parlamentare (quindi anche ogni senatore) conserva la totale iniziativa delle leggi. Infatti, l'art. 71 comma 1° non viene modificato.
Ma a questi temi dedicherò specifici interventi.
Mi spiace, ma non posso condividere il "sperimentiamo" e poi vediamo. Non è stato questo lo spirito ai tempi della riforma costituzionale del cdx e non deve essere questo. Perché con la Costituzione non si fanno sperimentazioni. Bisogna pensare a un modello che dia ragionevoli aspettative di poter risolvere i problemi posti e questa riforma risolve solo il problema della fiducia al Governo da parte di entrambe le Camere. Per questo bastava riformare l'art 94.
Le modifiche proposte servono solo ad far aumentare il potere delle elite che comandano i partiti a danno dei cittadini. Vogliono farci credere che modificare la Costituzione serva a migliorare la situazione anziché' candidare persone oneste e competenti....Siamo nelle mani di persone in qualificabili che vogliono cambiare le regole per poi metterci in situazioni politicamente pericolose....la totale fine della poca democrazia rimasta.
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