di Totò Cianciolo - In questo 2015, Anno Reparatae Salutis, il 4 agosto, il Parlamento siciliano ha approvato la legge n. 15 “Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane”. Abbiamo soppresso le province. Anzi no, le abbiamo trasformate. Anzi no, abbiamo cambiato loro il nome. Un miracolo partorito in 52 articoli che poco chiariscono sulla reale consistenza funzionale di questi nuovi seppur già vecchi enti territoriali. Una promessa di integrare altre funzioni alternata ad un deciso annullamento di tutte le capacità di rappresentanza politica.
In sintesi e al di là delle denominazioni altisonanti, al posto delle vecchie Province sono stati istituiti sei Liberi consorzi. Mentre al posto delle Province di Palermo, Catania e Messina c’è la novità, recuperata dalla vecchia Legge 142/90, e cioè la Città Metropolitana. Che, come i Liberi Consorzi, ai componenti dei suoi organi è consentito di beneficiare di indennità corrispondenti a quelle assegnate agli amministratori della città capoluogo (o con il maggior numero di abitanti).
I lavori preparatori della legge, per una riforma così ampia, sono stati molto veloci. Da gennaio 2015 al 30 luglio. Per un momento ha serpeggiato la tentazione di un secco recepimento della legislazione nazionale in materia (L. 56/2014, cosiddetta legge Delrio), subito cessata al primo esame del carico significativo di competenze assegnabili ai “Liberi consorzi” e tutti a scapito della regione. Un paio di altisonanti dichiarazioni politiche sulle “qualità speciali dell’irrinunciabile autonomia siciliana” hanno fugato tutti i dubbi.
Un dato importante e curioso va posto in evidenza e riguarda uno dei pochi riferimenti politici contenuti nella legge: il sistema elettorale per la scelta degli organi di gestione. Il Presidente del Libero consorzio, il Sindaco metropolitano e gli Assessori sono eletti dai consiglieri comunali e dai sindaci di tutti i comuni del Consorzio o della Città metropolitana. Ma la vera chicca riguarda il fatto che ogni singolo consigliere o sindaco vale uno. Non è stato previsto, infatti, come è invece regolamentato con precisione nella legge Delrio, il voto ponderato che stabilisce un valore diverso in conseguenza del peso demografico rappresentato da ogni comune.
Non credo si tratti di semplice distrazione. È stato compiuto un gesto volontario che, sicuramente, non permetterà, ad esempio, al Sindaco della Città capoluogo di Messina (250.000 abitanti circa), stessa cosa per Palermo e Catania, di divenire Sindaco Metropolitano di un comprensorio di 108 comuni il cui peso demografico declina sino a meno di un millesimo del capoluogo. Roccafiorita, infatti, conta 225 (duecentoventicinque) abitanti. Incredibile. Solo un caso? - “A pensare male si fa peccato epperò ogni tanto si azzecca” -. Lungi da me l’idea di offuscare la dignità istituzionale di un amministratore, sindaco o assessore, di un piccolo comune. Ma, in buona sostanza, questa rappresenta una grave anomalia tutta siciliana che lede il principio della rappresentanza democratica a cui, credo e spero, verrà posto rimedio.
Secondo punto di riflessione (maliziosa): le competenze e la misera dotazione nominale di funzioni di coordinamento offerte dalla legge regionale. La Regione Siciliana si continua a comportare come un grande comune ed ha accentrato esasperatamente nei suoi uffici funzioni amministrative e gestionali che riducono al minimo il tempo da dedicare alla programmazione ed al controllo. La legge non accenna a rinunciare a questo neocentralismo di compiti pesanti mentre assegna direttamente ai comuni piani promo-pubblicitari e le manifestazioni nel territorio.
Chi continua a pensare che i nuovi organi di gestione sarebbero la risposta al fabbisogno di servizi sovracomunali (idrico, gas, tpl, rifiuti, energie, ambiente e territorio etc) dopo la lettura della legge 15/2015 non ha più dubbi. Il nuovo Libero consorzio e la Città metropolitana non ce la faranno. Il pallottoliere della complessità dei nuovi orizzonti di area vasta propone una messa a fuoco grandangolare della visione “di prossimità” delle piccole unità comunali, che va necessariamente organizzato attraverso un confronto “cooperattivo” oltre i rintocchi di campanile. E per questo dovrà necessariamente articolarsi all’interno di un decentramento funzionale di competenze che non è intervenuto.
Merita un plauso invece il recupero della centralità di ruolo dei comuni, pur rimanendo critico lo sviluppo del potenziale di rappresentanza e mediazione politica attraverso il quale i loro amministratori riorganizzeranno le funzioni tenendo conto delle realtà e degli interessi eterogenei che compongono i due nuovi enti. Ci vorrà però un po’ di tempo e nel frattempo l’azione sostitutiva della regione non farà ragione alcuna del principio di sussidiarietà cui il legislatore ripetutamente ispira l’intera legge sui “Liberi Consorzi”.
Credo che la legge approvata porterà con sé la necessità di aprire o riaprire il tema sulla “politica delle cose nel territorio”. Certo, come tradizione vuole, lo faremo a “tesoro sottratto” (come recita il vecchio detto sul tesoro di Santa Rosalia e delle tardive inferriate per la protezione della Teca), ma su un punto non si potrà tornare indietro, la dimensione politica di rappresentanza si sposta incontrovertibilmente verso il comune e nella valorizzazione del dibattito politico-istituzionale tra comuni. E chissà se nel corso del dibattito sapremo finalmente fare sintesi, questa volta politica, della grandissima contraddizione tra “visioni continentali” (Europa ed oltre) e gestioni di recinto (municipalità subcomunali).
Chi ci vede altro oggi?... Al direttore, che ringrazio per l’ospitalità, il microfono itinerante di un osservatorio tra vecchie e nuove visioni su rappresentanza, partecipazione e magari una “politica del domani” troppe volte soffocate nel bisticcio solo tecnico di competenze e funzioni sovrapposte.
Totò Cianciolo
11 Agosto 2015
A proposito di "Consorzi comunali e Città metropolitane".
RispondiEliminaNon ci avevo capito niente prima attraverso l'informazione mediatica e non ci ho capito niente adesso dopo la lettura dell'articolo. Naturalmente la colpa non è dell'articolista, ma dei mie limiti.
A naso mi sembra tutto un pasticcio che nessuno ancora sa come funzionerà. Penso che la manutenzione di strade ex provinciali e edifici scolasti ne soffrirà più di prima.
Il sig. Totò Cianciolo traccia un ampio ritratto di questo nuovo apparato chiamato libero consorzio. Mi sembra a mio modesto parere, non perché la modestia faccia parte della mia natura bensì perché avendo poca conoscenza in materia il mio parere puo' essere modesto. Quindi torno al punto citato, che a mio parere, dal momento che si è strombazzato a destra e a manca l'abolizione delle province, dal momento che si vuole favorire il clientelismo, ecco nascere un organo che le sostituisce. Quindi le province si aboliscono e al loro posto nascono nuovi organi che impegnano coloro che restano nelle fila di questo o quel partito. Non so e non mi pronuncio su quello che puo' portare questo cambiamento. Ma avendo zero fiducia in questo governo, sarà un gran pasticcio come tutte le idee che vengono partoriti dai loro ministri. Un niente a cui molti devono adattarsi così come ormai accade da tempo.
RispondiEliminaSulle Città Metropolitane, sulle cose inerenti i Consorzi, sto cercando,m con fatica e senza risultato, di capirci qualche cosa.
RispondiEliminaStanno sovvertendo tutti gli ordinamenti dello Stato e navigo a vista.
Di una cosa mi sento sicura,m che la abolizione delle province sia solo un atto tendente a sistemare ulteriori parenti/conoscenti ecc utili a qualcuno, in futuro.
Come al commento precedente, non ho alcuna fiducia in questo governo, creda cerchi sempre e comunque d fregarci....e, qui, mi fermo....
Totò Cianciolo da un uomo navigato, acuto esperto di legislazione regionale ha colto, nel suo articolo, i veri buchi neri della legge sui liberi Consorzi comunali e Città metropolitane. Comprendo che non tutti i frequentatori di questo Blog sono attrezzati o hanno voglia di entrare nel merito della nuova normativa che ha riformato l’ente locale “Provincia Regionale”. E per rispetto al sig. Michele Maniscalco mi guarderò bene dal tediare i lettori con valutazioni tecniche, articoli e commi che annoierebbero chi legge. Credo tuttavia che qualcosa, sul piano generale vada detta anche perché sono convinto che sia abbastanza diffusa la consapevolezza che questa nuova legge ha una genesi e un DNA fortemente propagandistici e scaturisce da un’irrefrenabile esigenza del governatore Crocetta, di “vendersi” uno scoop in una trasmissione televisiva di Giletti nel corso della quale, come si ricorderà, annunciò (ma solo per far parlare di se) l’abolizione delle Province anticipando addirittura la legge nazionale. E’ noto a tutti che quello fu per Crocetta un clamoroso autogol in quanto la situazione, per le province, si trasformò in un pastrocchio inaudito. Si generò grande incertezza per le centinaia di lavoratori che non sapevano più cosa fare e il loro futuro è tutt’ora incerto. Grande sperpero di denaro per pagare i nuovi apparati e i nove commissari nominati da Saro il rivoluzionario, che si beò per aver abolito le elezioni dirette dei Consigli provinciali e del presidente, per distribuire poltrone ad personam che rispondevano ad esso medesimo e non più ai cittadini elettori. Niente male come operazione politico-elettorale. Infatti i commissari andavano avanti di proroga in proroga esercitando un potere monocratico. Ma ciò che Cianciolo sottolinea opportunamente è l’assurdo legislativo che esclude, per i Sindaci delle città capoluogo, di divenire Sindaco Metropolitano di un comprensorio vasto formato da tanti piccoli e medi comuni. In realtà questa opportunità era stata prevista ma fu prontamente soppressa, con la presentazione di un emendamento che (è inutile girarci intorno) è stato ritagliato su misura per impedire al sindaco di Palermo, nonché presidente dell’Anci, di ricoprire quella carica. Come sempre la Regione con l’alibi di rifarsi alle norme nazionali, di queste prende solo la parte che più gli conviene cucendo, per il resto, vestitini su misura alle proprie esigenze. Così come giustamente sottolinea Cianciolo, non si è tenuto conto del voto ponderato (legge Delrio) che fissa un valore diverso in relazione al peso demografico rappresentato da ogni comune. Chiunque capirebbe che non possono essere assimilati (pur nel rispetto istituzionale di tutti gli enti locali), comuni come Scillato e città come Palermo. L’ottusità dell’Ars sta nel fatto di aver votato una legge calibrandola alle convenienze politico-elettorali contingenti. Un Parlamento serio avrebbe capito che una legge continua a produrre i propri effetti anche oltre la fase politica attuale e aldilà degli attuali assetti istituzionali. Ciò che adesso appare autolesionista a questa maggioranza domani, in un quadro politico-istituzionale diverso potrebbe giovargli. Ma non possiamo pretendere troppo, siamo nell’era Crocetta e non ci resta che piangere.
RispondiEliminaGrazie Dott. Maurizio.
EliminaDue riflessioni se non ho interpretato male: intanto nelle città metropolitane e non liberi consorzi le indennità aggiuntive non esistono poiché sono solo previsti rimborsi spese per i consiglieri e i membri della giunta della città metropolitana. Se non ho capito male (diversamente chiedo venia) in questo caso si ha una doppia indennità. Altra questione é il valore singolo del voto espresso. Se é vero che sembra assurdo che un consigliere di Messina conti quanto uno di un piccolo centro, pensate un pò al contrario. Se così non fosse infatti, quante probabilità avrebbero di passare in giunta o in consiglio le istanze del consigliere del piccolo centro? Qua da noi, in provincia di Genova, ora città metropolitana, nel mio paese che conta 3000 abitanti, valendo purtroppo il principio del numero della popolazione, sappiamo già di essere diventati la periferia della periferia della periferia di Genova. Il sindaco Doria avrà la facoltà di decidere quando togliere la neve da noi (siamo nell'entroterra, a 300 metri e nevica spesso d'inverno) pur vivendo in una città che si può dire che non sappia quale sia questo problema
RispondiEliminaAi componenti della Giunta della Città metropolitana, analogamente a quanto avviene nel Libero Consorzio, è attribuita un’indennità il cui ammontare si ottiene sottraendo all’indennità percepita presso il comune di appartenenza il 50 per cento di quella
Eliminaspettante al Sindaco Metropolitano (che nella fattispecie coincide con l'indennità del sindaco di Catania, Messina o Palermo). La norma prevede inoltre che quando l'indennità risulta essere di pari importo viene integrata con una maggiorazione del 10%.. Il secondo punto è strettamente connesso all'efficacia rappresentativa degli amministratori nel ricorso alle buone pratiche di mediazione politica. Fermo restando che una priorità è e rimane una priorità indipendentemente dall'amministratore, è l'istituzione che deve esprimere garanzia al cittadino del territorio amministrato, sia esso al centro o in periferia del comprensorio
Grazie della precisazione. Vorrei però capire se questa indennità sia solo prerogativa delle città metropolitane siciliane o meno, poichè ad esempio in Liguria, a me risulta che gli amministratori della città metropolitana di Genova non percepiscano nessuna indennità aggiuntiva a quella che già percepiscono nel proprio comune
EliminaSE questi liberi consorzi hanno la configurazione di associazioni semplici i cui "soci" sono i sindaci rappresentati sarebbe, a mio avviso, che viga il principio "ogni testa un voto".
RispondiEliminaAltre Tipologie di valenze delle rappresentanze possono essere inserite nei condomini, nelle S.p.A. e nella SCARL !
Indubbiamente penalizzare i rappresentati di Comuni che hanno un numero molto elevato di abitanti , a primo approccio, potrebbe sembrare limitante del loro elettorato passivo! Ma non potrebbe dirsi lo stesso per i rappresenti di piccoli Comuni che non potrebbero mai avere l’opportunità?
Riflettendoci, potrebbe anche essere una norma per "controbilanciare" le forze all'interno delle rappresentanze e non solo. Ritengo che uno dei motivi per cui si preferisce una "valenza" pares inter pares sottolinea che l'espressione di una maggioranza è dettata dal "merito personale" del membro, piuttosto che dalla sua "rappresentatività numerica" del Comune di provenienza!
Del resto, credo che se la Carica o meglio il Mandato Istituzionale dovrà essere improntato alla priorità ed alla sequenza dei problemi gestionali e dei servizi da risolvere e gestire, sia giusto esclude la eventualità che il "più forte che detiene una numerosa rappresentanza" possa sottovalutare o "glissare" sui problemi e servizi dei piccoli comuni.
Altra variabile da considerare potrebbe essere: è più facile per un rappresentate di un piccolo comune dedicarsi per più tempo alla gestione... piuttosto che una personalità che “comula” diverse nomine e cariche che lo "assorbono" con un carico di lavoro piuttosto impegnativo nella gestione delle sue Jobs giornaliere che la sua Carica o Cariche gli richiede. L'ultimo periodo dell'Intervento di Giacomo Oliveri ne è l'esempio!
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Complimenti per l'articolo
RispondiEliminaInizio col dire che non ho capito bene questa riforma che istituisce liberi consorzi e città metropolitane al posto delle ex province ma ho cercato di capire !!!Mi sembra che ci sarà un gran dispiego di risorse economiche e un grande potere alla Regione e se facciamo riferimento a Crtocetta,non mi sento tranquilla!!!Dove prenderanno tutti questi soldi?Mi è sembrato di capire che ai cittadini non spetterà votare!!Non ho capito che fine farà il personale e se gradiscono questa riforma Corrono il rischio di essere messi in mobilità!!?Sicuramente pochi ci guadagneranno molto e non sicuramente gli impiegati!!Diffidando sempre,penso che se è stata tanto voluta da Crocetta sarà UNA RIFORMA PASTICCIONA e saremo sempre più nelle mani dei politicanti!!!Ma il M5S cosa ne pensa?Grazie a Totò Cianciolo che ha voluto scrivere un articolo non certo semplice e interessantissimo!!
RispondiEliminaDopo due anni e mezzo di commissariamento la Regione siciliana ha partorito la legge di riordino delle province. Rosario Crocetta nella sua bulimia mediatica le “abolì” in diretta televisiva da Giletti a l’Arena, spacciandola come una rivoluzione copernicana. Aveva, invece, solamente eliminato gli organi politici di governo eletti democraticamente dai cittadini per sostituirli con uomini e donne di sua strettissima fiducia.
RispondiEliminaUn’operazione politica vergognosa, inutile, e dannosa. Gli enti sono rimasti per come erano, i dipendenti lo stesso. I servizi che riuscivano ad espletare no. Un risultato da guinness delle idiozie politiche. Ma tant’è.
Adesso c’è la nuova legge. E ci sono, di nuovo, 9 Enti territoriali come prima. Con la differenza che, le ex Province regionali di Palermo, Catania e Messina, sono diventate Città metropolitane. Sulla carta e chissà per quanto tempo. Mentre le altre sei si chiamano Liberi consorzi. E non si capisce liberi da cosa. Ma andiamo avanti.
Gli organi ci sono come prima. E pure pagati come prima o poco meno. La differenza sostanziale sta nel fatto che verranno eletti dai consiglieri e sindaci di tutti i comuni. E, come dice bene Cianciolo, con il metodo di una testa un voto. Un’altra cazzata assurda che va a fare benedire ogni principio di rappresentanza e di democrazia che si conosca. Praticamente una scelta degli scienziati legislatori siciliani per fregare Leoluca Orlando, Enzo Bianco e anche Renato Accorinti. I sindaci di Palermo Catania e Messina.
Da questo punto di vista non si poteva fare di peggio. Vedremo, invece, come funzioneranno e se funzioneranno questi “nuovi” enti. Speriamo bene.
Mi sono impegnata a leggere l'articolo e tutti i commenti relativi, per capire questa vicenda contorta. Arrivata alla fine dei commenti ho capito che è prevalsa una scelta di gattopardiana memoria: si è cambiato per non cambiare nulla; anzi si è peggiorato qualcosa perché i governi delle province venivano scelti attraverso le elezioni, ora é la politica che si autoconserva facendo le nomine. Peccato!
RispondiEliminaVale la pena, gentile Antonella, fare una piccola precisazione su quanto scritto e commentato: In Sicilia, in virtù della Specialità dello Statuto (approvato il 15 maggio del 1946 cioè prima ancora del Referendum Istituzionale del 2 giugno 1946) ed in particolare del suo art. 15 Le Province (il teso recita “Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano”) sono soppressi in Sicilia”. Un elemento di grande rilevanza, che permette ai padri della Consulta Statutaria di sintonizzare lo spirito autonomistico regionale all’autonomia locale dei Comuni ed attraverso la loro organizzazione associativa un soggetto istituzionale pronto a raccogliere funzioni e competenze decentrate. Una profezia datata mezzo secolo, se è vero che il principio federalista che ha animato nel Parlamento nazionale la riforma del Titolo V° era una pronunciata “visione comun centrica”. Ma il primo ordinamento degli enti locali viene emanato attraverso la legge regionale n. 17/1955 che delega il Governo Regionale di emanare l’ordinamento degli enti locali. I DPR furono due il 6/1955 e il 3/1957 che furono considerati i primi strappi di una Regione che voleva esprimere con autonomia e determinazione la propria organizzazione territoriale in armonia con le previsioni dettate dalla propria Carta Statutaria. I Giudici Costituzionali intervennero e “bacchettarono” l’abuso regionale di emanare provvedimenti aventi “forza di Legge” e la Regione nel 1963 con la propria Legge 16 confermò i contenuti dei Dd.Pp.R.S.. Da quel momento sembra quasi fatta ma la vigilanza della Corte Costituzionale richiama ancora una volta la Sicilia perché l’adozione di forme organizzative e regolamentari del territorio dovevano necessariamente tenere conto che la Costituzione Italiana prevede tra i suoi livelli di governo territoriale la Provincia e quindi il carattere di insopprimibilità rende l’art 15 dello Statuto inapplicabile.
EliminaNella Regione Siciliana, quindi, in forza della legge 16/1963 resiste la visione statutarista del consorzio tra comuni, ma vecchie province, senza essere ente territoriale sono considerate il punto di riferimento organizzativo dei comuni del territorio vasto delimitato dalle vecchie province attorno al capoluogo di comprensorio. Statuto, Costituzione Repubblicana e tanta voglia di Autonomia ma la prima qualità di autocentrare le scelte in materia di organizzazione e forma di governo del territorio viene “temporaneamente accantonata”. Le provincie, anche in Sicilia, nel 1975 eleggono, con elezioni dirette i propri consiglieri, ed il territorio riscopre, attraverso gli eletti, un luogo di confronto politico-istituzionale che dà voce alle piccole comunità troppo distanti dalle città capoluogo. Nel 1986 con la Legge n. 9 la Regione istituisce i Liberi consorzi e li denomina “Province Regionali”, il cui territorio amministrato coincide con quello precedentemente rappresentato nella vecchia provincia. In questa legge si affaccia per la prima volta un soggetto giuridico quasi sconosciuto in Italia: l’Area Metropolitana. Se pensiamo che tascorsi trentanni da quel 1986, ancora oggi dibattiamo su province e città metropolitane ma niente si è trasformato in organo di governo, per eccesso di sestessismo regionale. Si perché il posto lasciato dai legislatori del dopoguerra è stato nel tempo da una deputazione che è declinata, nelle motivazioni di ruolo, in misura inversamente proporzionale al mutamento delle esigenze di rappresentanza democratica espressa dalle comunità territoriali e dal popolo siciliano nel suo insieme. Promesse di decentramento naufragate nella paura di perdere il governo delle cosuzze in armonia con il postulato del cane dell’ortolano, che notoriamente non fa raccogliere ma neanche raccoglie.
Come al solito credo che il problema stia tutto nello statuto speciale e così liberamente si danno modi e compiti diversi da quelli scelti dal Governo Nazionale e quasi sempre peggiorandoli.
RispondiEliminaSul voto comparato … sembrerebbe giusto che nel voto venisse tenuto conto della rappresentatività dei consiglieri ma questo potrebbe portare ad escludere del tutto le presenze marginali del territorio a favore della città capoluogo, comunque anche in questo caso, contrariamente da come mi sembra che abbia scritto qualcuno, non sarà il Presidente della regione o la regione a decidere ma saranno le alleanze che si verranno a creare caso per caso (anche trasversali) nei territori che potranno fare nascere cose diverse e nuove esperienze.
Ad esempio in provincia di Padova è stato eletto a Presidente un sindaco di un piccolo comune appoggiato da una coalizione diversa di quella del sindaco di Padova e tra i consiglieri è stato eletto il sindaco del mio paese (comune con 12000 abitanti).
Questi enti sovracomunali potrebbero servire ad accorpare servizi e strutture dando servizi migliori e meno cari ai cittadini …se invece come al solito diventassero luoghi clientelari e di spreco aggraverebbero il giudizio non brillante che oggi si dà alla politica.
Le province? Così com’erano non avevano più ragione di esistere, ormai da anni si parlava di abolirle, se ci sarà un risparmio lo potremo vedere tra qualche anno, quando i compiti saranno assestati e le risorse umane allocate negli enti responsabili (regione, enti sovracomunali, comuni)!!!