di Michele Maniscalco - Ho letto il libro di Maurizio Pallante: "La decrescita Felice".
Lo spunto per farlo me lo ha dato l'articolo, del 15 marzo scorso, di Giuseppe Vullo, una forte critica alla “crescita”, attributo principale del capitalismo e, secondo Vullo e lo stesso Pallante, una grave malattia che va curata.
Io ho passato l'infanzia e l'adolescenza ai tempi dell'autoproduzione e del consumo a km zero e vi poso assicurare che non è stata felice. I miei genitori hanno avuto 4 figli tra il 1930 e il1935. Tutti nati a San Giuseppe Jato, provincia di Palermo. Le mucche e le capre ogni mattino giravano per le strade del paese e il vaccaio e il capraio mungevano il latte davanti alle persone che si potevano permettere di comprarlo. E non tutte le famiglie potevano farlo.
Il pane così come la pasta si faceva in casa. La cottura avveniva rigorosamente a legna e anche il bucato, a casa, con l'acqua attinta alla fontanella. Camicie, pantaloni, biancheria intima oltre al rammendo dei vestiti erano cuciti da mia madre, oberata di lavoro. Il riscaldamento era col braciere, e l’illuminazione con poche lampadine da 25 watt. La casa era di nostra proprietà così come 1 ettaro di terreno.
Producevamo un po’ di frumento che per pasta e pane ci bastava fino a novembre-dicembre, dopodiché sorgevano i problemi. Come comprare il frumento, la verdura, qualche vestito e tutto quello che non si poteva autoprodurre? Si, era tutto a km zero, ma anche il denaro necessario era Km zero. Mio padre era bracciante agricolo e le paghe per questa categoria di lavoratori erano irrisorie al confronto dei prezzi dei prodotti agricoli. Chi era proprietario di 4 ettari di terreno era un benestante. Con 10 ettari si era ricchi. Fino alla prima metà degli anni ‘40 pagavano la giornata lavorativa di 10 ore del bracciante 200 lire, e vendevano un kg di frumento 100 lire.
I quattro figli frequentammo le scuole elementari con successo, tre dei quattro erano i primi della classe. Finita la quinta elementare non si poteva continuare perché in paese non c'era neppure il ginnasio (l’attuale scuola media). E non esisteva la corriera gratuita per Palermo per gli studenti. Risultato: il più grande dei fratelli, a 12 anni, va a fare il bracciante agricolo, il secondo il manovale muratore, la terza fa la casalinga, il quarto impara a fare il calzolaio.
Nel 1960 poiché l'economia locale, con l'autoproduzione e le cose a km zero non mi dava né lavoro né i mezzi di sostentamento decido di emigrare in Svizzera. Trovo subito lavoro in una grande fabbrica e vi rimango per 29 anni. Dunque sono entrato tra quelli che producendo merci fa crescere il PIL.
Ma quanto questo PIL ha aiutato anche me a crescere in esperienza, cultura e conoscenze? Sin da ragazzino ho sempre avuto la curiosità di leggere libri oltre quelli di scuola. Ma non potendo comprarli, per soddisfare le mie curiosità, andavo dal barbiere, tutti i giorni, a leggere il giornale, non costava niente. Con la merce che producevo per conto del datore di lavoro, e col relativo salario, invece, potevo comprare tutti libri che volevo, soddisfare i bisogni necessari e conoscere il mondo. Col Pil che aiutavo a crescere potevo girare l'Europa in lungo e in largo e anche alcuni Paesi extraeuropei: Stati Uniti, Brasile, Egitto e Cina.
Dunque Maurizio Pallante ha torto? No. Non ha torto quando afferma che non si può continuare a crescere all'infinito. Le materie prime non rinnovabili sono ad esaurimento e l'inquinamento continuerà ad aumentare fino a limiti insopportabili. Pallante, come rimedio, suggerisce l'autoproduzione, il consumo di beni a km zero e una forte, fortissima riduzione del consumo di carne bovina. Secondo me l'auto produzione e il Km zero sono come una goccia d'acqua nell'oceano. Le due cose fattibili sono la riduzione del consumo di carne e la drastica riduzione del consumismo: non buttare le cose funzionanti ed utili solo perché la propaganda ci ha inculcato che sono obsolete e quindi vanno sostituiti.
A questo punto sorge il problema dell'occupazione: cosa fare con gli esuberi di manodopera? È un tema molto scottante al quale non posso rispondere. Ma proprio questo è il compito degli economisti e della Politica: trovare le soluzioni più idonee per il futuro delle nuove generazioni.
Michele Maniscalco
06 Aprile 2015
P.S. È la prima volta che Michele Maniscalco scrive come autore, finora ha partecipato al dibattito con numerosi, interessanti e precisi commenti. Ha vissuto per molti anni in Svizzera dove è emigrato nel 1960. Ha sposato, felicemente, una donna brasiliana di origine tedesca conosciuta per corrispondenza. Nel 1989 si trasferisce a San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, dove vive in una casa con un piccolo appezzamento di terreno, a 2 km dal centro abitato. Si dedica alla cura del giardino, alla lettura dei libri della sua ricca biblioteca, e alla passione per la Politica (non potrebbe essere altrimenti per scrivere su questo blog). Da 13 anni, da ottobre a maggio, insieme alla moglie, 2 volte la settimana, frequentano la "Libera Università Popolare Danilo Dolci" di Partinico. Un programma di 60 lezioni su 30 diversi argomenti, svolti da vari docenti rigorosamente a titolo gratuito. Michele è il “quarto” figlio descritto nell’articolo.
Benvenuto su PoliticaPrima e buon lavoro.
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Il capitalismo va combattutto come sistema economco e come sistema sociale.Il problema è che chi finora ci ha provato a sconfiggerlo è stato sconfitto. Adesso il capitalismo domina il mondo e domina nel mondo. Che fare? Adattarsi? Sottrarsi? e come? Una cosa appare certa: il capitalismo non si può sconfiggere con lotte frontali. Bisogna adottare tattiche e soluzioni produttive alternative nella micro economia e relazioni di solidarietà nella società, a sostegno di nuove forme produttive fondate sul "valore d'uso" allo scopo di ridurre le aree economico- sociali fondate sul "valore di scambio". Sarà possibile? Se si, in quanto tempo? Intanto cominciamo. Poi si vedrà.
RispondiEliminaPiù che la questione della decrescita felice , una cosa molto complicata e di difficile soluzione , a volte , anche contraddittoria , desidero valutare lo spaccato del percorso accidentato ed esemplare dell'autore .
RispondiEliminaQuello che mi preme sottolineare è, la grande voglia di conoscenza che avevamo negli anni 50/60 e le molte avventure che hanno permesso a tante persone di cambiare radicalmente la loro vita ... Vi ricordate di quel contadino sardo che comincia a studiare ad una età adulta , e non solo riesce a laurearsi , ma riesce a diventare uno studioso di grande capacità .
Perchè ho citato questo caso , che non è l'unico , per dire che a volte i tempi i ristrettezze economiche , l'uomo è spinto , per migliorare se stesso e la comunità , a fare cose che , oggi possono apparire straordinarie : detto questo non voglio assolutamente dire che i temi passati erano migliori di quelli attuali , ma semplicemente che erano diverse , perché da oltre tremila anni si ripete la tiritera che le generazione passate erano migliore dei giovani attuali ( mi è capitato di tradurre dal greco , in IV ginnasio , lo stesso luogo comune che si ripete da millenni)
Nonostante questa convinzione affermo che i tempi non sono tutti uguali , infatti , dopo la grande cultura greco- romana ,
vi fu il medioevo , ma poi arrivo il rinascimento quindi , ad ogni periodo , corrispondono splendori e/o arretramenti culturali , ma nella sostanza , l'umanità è sempre andata avanti , nonostante la pause negative
Che bell'articolo! C'è dentro la ricchezza di avere vissuto in uno spazio e in un tempo che hanno rappresentato un modello di vita a misura d'uomo, dove ogni cosa che si faceva aveva una sua ratio; la distribuzione delle risorse partiva dai bisogni reali e nulla andava sprecato. Non mi piace la facile retorica sui bei tempi andati ma, certamente, quello stile di vita “paesano” aveva in sé ideali e valori che si trasmettevano da padre in figlio. La crescita disordinata della nostra società, la corsa al dio denaro e al facile arricchimento a tutti i costi, hanno prodotto una economia malata e senza controllo in cui l’uomo ha perso la sua centralità. Il racconto di Maniscalco lo conferma nella sua conclusione quando si chiede, giustamente, cosa fare degli esuberi di manodopera.
RispondiEliminaE’ una domanda che conferma l’ottusità di un falso progresso in cui l’elemento umano e la sua condizione lavorativa, nella frenesia della iperproduzione, non sembrano avere alcuna importanza. E pazienza se ogni giorni si perdono centinaia di posti di lavoro.
Agganciandomi al discorso in questione... anch'io ho passato la mia infanzia con moltissime difficoltà... pensate un po' mio padre aveva "combattuto" inizialmente la guerra in Abissinia, poi la Guerra in Grecia dove fu preso prigioniero dai tedeschi, in seguito all'armistizio. Insomma, una vita da militare, non da volontario. Per cui una vita buttata al vento. Solo io sono riuscito a studiare. Prendere un diploma e... farmi una vita tranquilla. Ma i figli, nonostante 2 Lauree ciascuno, lavorano precariamente, e non sono sicuro se un giorno potranno andare in pensione…
RispondiEliminaCrescita o decrescita?
RispondiEliminaLa crescita per definizione viene salutata come felice, perchè, si presume, sia portatrice di benessere diffuso.
La decrescita invece sembra essere foriera di malinconia e di tristezza, quasi di sfiga, perchè induce impoverimento, sembra di tornare indietro.
Sono sensazioni? Si! sono illusioni di ottimismo o depressioni pessimistiche? Si!
Quale delle due realtà è la migliore? Non lo so!
Sono possibili? la seconda è più facile da realizzare, anzi è la costante, perchè c'è chi la sceglie e chi invece la impone agli altri per favorire la propria crescita.
E allora?
Non lo so.
Penso però che due cose sono certe , o comunque da perseguire con determinazione: andare avanti (crescita? forse) e costruire e mantenere tenori di vita, individuali e collettivi, sostenibili (decrescita? felice? è indifferente).
Decrescita o no, la MIA storia parte da lontano. Unica figlia sopravvissuta in tre gravidanze da genitori "di stipendio" che per il terrore di avere la figlia unica viziata mi crebbero in maniera molto spartana, quando incontrai mio marito, gli dissi subito che Dio volendo, avrei voluto una famiglia MOLTO numerosa, non tanto per motivazioni religiose o politiche, quanto per questa "sindrome da figlia unica" da dimenticare. Abbiamo avuto quattro figli, ed essendo anche noi di stipendio, abbiamo dovuto calibrare le spese. Per anni ho fatto quello che mi sentivo di fare, poi un bel giorno ho scoperto che ero in decrescita. Felice? Ma sì, perché no? In fondo facendo il pane in casa, autoproducendo tutto quello che in un appartamento si può autoprodurre, taglia di qua, e taglia di là, i nostri figli sono cresciuti sereni, con la consapevolezza delle spese di casa, del fatto che un anno andava in gita scolastica uno, e l'anno dopo l'altro, che quando c'erano però le "grandi occasioni da non perdere" si poteva fare qualche sacrificio in più, e permettere l'uscita a tutti. Insomma, più che decrescita parlerei di "consapevolezza felice". Una volta un'amica mi disse : "certo che se facessimo tutti come te, addio posti di lavoro". Io ci pensai un po' e poi le risposi che non la vedevo esattamente così, cambiando i bisogni della gente, sarebbero cambiati anche i lavori, in fondo ci si adegua ai tempi, non so, pensate agli omini che trasportavano il ghiaccio o quelli che andavano la sera ad accendere i lumi nelle strade... poi son cambiate le cose e sicuramente si saranno riciclati in altre occupazioni. Non mi sembra di fare cose speciali, mi sembra di avere testa. Perché questa è una vita da vivere come se giocassimo. Tu (stato, politico, insomma chi è più in alto di noi) mi aumenti le tasse? Mi strozzi lo stipendio? Perfetto! Io mi adopererò per riscaldare casa in altro modo, illuminerò le nostre cene con "luci alternative", comprerò 10 chili di farina e 20 cubetti di lievito, e se mi aumenti quello, io farò il lievito madre, andrò a cogliere le erbe spontanee, saremo felici alla faccia vostra e anche questa volta "ve l'avremo fatta sotto il naso".....Vediamo chi si stufa prima!
RispondiEliminaSiamo nel terzo millennio, il progresso ci risolve mille problemi e ce ne crea tanti altri, ma chi di noi potrebbe privarsi della Tv, del Pc, del riscaldamento?
RispondiEliminaI giovani hanno incertezze di tutti i tipi soprattutto nel lavoro, ma affollano pub e discoteche che prima non esistevano! Oggi possono scegliere come passare il loro tempo, cento anni fa si sposavano a vent'anni, crescevano i figli, invecchiavano a cinquant'anni!
Tornare a lavorare i campi? Fare il pane in casa, abolire luce e gas? Magari girare con il carretto...insomma esagerare non è un bene e trovare soluzioni invece sarebbe compito di chi ci amministra, di veri studiosi ed economisti mentre invece vanno al governo semplicemente ignoranti, opportunisti e furbi che sconoscono i bisogni della gente comune mentre sono altamente specializzati nell'organizzazione criminale della grande enorme truffa degli appalti, tanto per fare un esempio concreto, e di quanto serve esclusivamente al loro benessere!
Da circa 2 mesi ho una sgradevole e dolorosa periartrite con brachialgia dx, che mi provoca difficoltà nell'uso del muose e della tastiera. Ma non posso esimermi dal commentare l'articolo (vita vissuta) del signor Michele Maniscalco, personaggio amabile ed ammirevole, al quale, anche se non lo conosco personalmente, cosa della quale sarei onorato, esprimo tutta la mia stima ! Io senza conoscerlo mi ero dichiarato disponibile a prestargli il libro di "Pallante", ma egli personaggio d'altri tempi ha preferito comprarlo. Il riferimento al mio ultimo articolo diciamo che non è completamente esaustivo, di quel che penso io del "PIL, della crescita, e della disoccupazione". Se il sigr. Maniscalco legge bene, il mio ultimo articolo, si acccorge che scherzavo(parodia, dire la verità ridendo)...infatti di chiaravo che la crescita è un mantra che negli ultimi anni, aveva procurato a me ad agli Italiani, "una orchite gigante cronica recidivante", cioè una rottura di scatole. Insomma stufo della presa per i fondelli da parte dei politici e dei sacerdoti del capitalismo e del consumismo. Io ho 63 anni, e tutti gli immani sacrifici, compresa l'emigrazione, sono patrimonio mio e della mia gente. Per cui quello che egli descrive è nel contempo una pagina di storia e di letteratura verista. Pertanto nel riconfermargli la mia stima, mi ripropongo di commentare il suo scritto anche a rate e seriamente, nei limiti della mia inabilità attuale. Un rispettoso saluto.
RispondiEliminaDecrescita felice. Un’espressione che si sente sempre più frequentemente in questi giorni. Un po’ perché è un concetto, almeno dal punto di vista semantico, contiguo a quello di recessione, piaga di questi anni. Dunque, questo concetto va di pari passo con la riduzione degli sprechi. Tutto quello che non è necessario consumare, semplicemente non va prodotto. In quest’ottica, la produzione è una voce che procede dalla domanda, e non viceversa. Senso di comunità. Se la comunità è autosufficiente (per quanto possibile) allora è inevitabile che si instauri un rapporto più intenso tra una popolazione e la propria terra. Rapporto che va coltivato mantenendo, ed eventualmente recuperando, le tradizioni tipiche del territorio. In questo senso la decrescita non è solo una teoria economica, ma anche filosofia e antropologica, quindi culturale.
RispondiEliminaInsomma, una rivoluzione. Teoricamente è tutto affascinante. Vedremo alla prova della pratica se lo sarà ancora !
Salvatore Di Maggio
Questo articolo l'ho letto di un fiato, perchè dentro c'è parte della storia della mia famiglia.
RispondiEliminaIo sono il decimo di dieci figli, mio Padre è morto a 44 anni (1948), in quel tempo mia madre ne aveva 43, e mio fratello maggiore ne aveva 24, io 5.
Eravamo contadini a mezzadria, alla fine dell'anno, dopo aver patita la fame e il freddo, il padrone, tramite il fattore, ci comunicava il debito che avevamo nei suoi confronti.
Ogni anno era così. Ci aspettavamo sempre di fare San Martino, cioè essere cacciati da "loco", senza averne trovato un'altro da lavorare.
Non mi dilungo, vi basti pensare che quando ho visto quel bellissimo film di E. Olmi: "L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI", ho rivisto parte della storia della mia Famiglia.
Ricordo il fattore che veniva nel cortile, con la sua cavalla bianca a rimproverare mia madre, perchè, secondo lui, ci dava da mangiare troppo latte.
L'argomento comunque è un'altro: "La Decrescita Felice". Credo di poter dire qualche cosa sulla decrescita, non solo, ma sul capitalismo, che è sempre teso a ricercare una maggior produzione da fornire ai mercati, alfine di guadagnare sempre di più.
E' perfino banale osservare che da questi "mercati" possono comprare chi può, mentre altri fanno la fame, e sono sempre di più.
Ma questa osservazione non interessa affatto al capitalismo, ciò che interessa è: gudagnare e arricchirsi a discapito di chi muore di fame e di inquinamento.
Io penso che il capitalismo, che ha vinto la battaglia col comunismo, porti, prima o poi, alla catastrofe mondiale.
Con questa mia affermazione, non significa che io sostenga che il comunismo conosciuto (russo, cinese...) siano stati, o siano la panacea di tutti i mali. Non è così, tutt'altro. Penso però, che se non si troverà una terza via, che dia una prospettiva di sopravvivenza alle popolazioni del mondo, lo stesso finirà in malo modo.
La decrescita è necessaria, se vogliamo che inizi il disinquinamento,e se vogliamo che tutti i Popoli del mondo possano mangiare e vivere un pò serenamente.
Questa è una delle ragioni per evitare il maggior numero di guerre che ora stanno massacrando alcune parti del mondo.
La produzione di cibo sano, evitando pesticidi e tutto ciò che fa male all'organismo umano dovrebbe divenire una regola per tutta la produzione mondiale.
E' di ieri la notizia che il massiccio uso degli antibiotici per l'allevamento dei polli, crea dei batteri sempre più resistenti, per cui si prevede che in un prossimo futuro gli stessi antibiotici non avranno più nessun effetto nella cura di alcune malattie.
Ho accennato solo a qualc'una delle questioni riguardanti la produzione, che, secondo me, dovrebbero essere messe in atto fin da "ieri".
Credo comunque, che indicare come dovrà essere sostenuta la produzione, che così come la immagino io, creerà necessariamente anche la decrescita, si debba e si possa parlare ed indicare un diverso modello di sviluppo.
L'attuale modello, dicevo, ci porterà alla catastrofe, ne sono abbastanza convinto. Questo, e altre ragioni, dovrebbero far si che tutti noi, e in tutto il mondo, si ponga all'ordine del giorno il tema della sua sopravvivenza. Gli incontri mondiali che attualmente si fanno per affrontare questi problemi, non avranno nessun effetto finchè quelli (governanti) che partecipano "predicano bene, e razzolano male".
P.S: Mi scuso per i tanti errori, ma non ho il tempo di rileggere.
Ho letto attentamente l'articolo di Maniscalco e vi ho trovato la pacatezza degli anni trascorsi con la voglia tipica dei giovani che vogliono correre verso la evoluzione sfrenata con tutti i mezzi più o meno leciti.
RispondiEliminaPenso che tutti quelli che come noi sono arrivati ad una età "veneranda" non possono non ritrovarsi nel percorso di vita descritto senza provare un poco di nostalgia per la incosciente corsa allo sviluppo economico e personale. In effetti fino a quando l' economia Italiana si fondava nella agricoltura e nel' artigianato c'erano poche lire ma tanta solidarietà. Con la grande industria e con il terziario avanzato si è giunti alla dispersione di risorse umane per tornare alla valigia di cartone piena di sogni... infranti che, a mio modesto avviso, i politici, non solo i nostri, non sanno e non possono risolvere.. Tiriamo avanti? Volenti o nolenti indietro non si torna. Facciamoci il pane in casa e l'orto sul balcone forse sviluppiamo i muscoli.
Decrescita felice, mi fa paura anche solo come parola, escludo la felicità nel decrescere. Si potrebbe e dovrebbe cercare di essere più controllati in tutto, nulla escluso, ma quanto a tornare indietro di... secoli... ce ne passa. Tutto di puo' fare, tranne pensare ad un ritorno al medio evo.
RispondiEliminaQuesto sistema pare essere in disfacimento, un ridimensionamento delle politiche meramente economiche a scapito di quelle del lavoro, deve essere fatto, con buona pace dei governanti che insistono nella austerità, oramai fine a se stessa..
L'articolo che ho letto è veramente bello e mi ha riportata all'infanzia felice dove non si aveva che il necessario per vivere senza orpelli e senza tutte quelle cose che oggi riempiono la mia casa e la mia vita, non perché necessarie ma perché è ormai l'abitudine ad avere tutto quelle che puo' servire malgrado il più delle volte dimentico di averle. La decrescita mi sembra una nuova moda per mettere in atto un nuovo modo di dire e di parlare nonché di scrivere. Non so se sia utile o necessaria, quello che so per certo è che la sento come una minaccia per i tanti disoccupati o male occupati perché senza la crescita manca il lavoro. Certo produrre beni di consumo che portano sempre più inquinamento è davvero nocivo per tutti, ma se si ferma la produzione come possono milioni di persone oggi senza lavoro poter vivere!? Come risultato, crescita o decrescita, sono un cane che si morde la coda, fanno ognuno gli interessi della società ma portano con se grandi svantaggi.
RispondiEliminaIL FALLIMENTO
RispondiEliminaE’ mia opinione che oggi l’espansione continua dell’economia, premessa di ciò che definiamo capitalismo industriale, è divenuta impossibile a causa delle contraddizioni tra fenomeni di accrescimento e fattori limitanti, mentre continua tuttavia la corsa ad incentivare l’iperconsumo. In sintesi si deve produrre a prescindere a consumo reale…è proprio il caso di affermare che stiamo vivendo per lavorare, anziché lavorare per vivere. Dovrebbe prevalere il principio che tutto quello che non è necessario consumare, non va prodotto. Ho letto con molta attenzione l’articolo di Michele Maniscalco e a mio modesto parere si continua ancora a dare una interpetrazione sbagliata per questa decrescita che qualcuno ironizzando ha definito: “Felice”. In cosa consiste effettivamente questa decrescita? Solo una riduzione controllata, al fine di elminare parte di una produzione economica che va oltre i consumi, con l'obiettivo di stabilire delle relazioni di equilibrio ecologico fra l'uomo e la natura, ma soprattuto non trascurare il principio che tutti gli esseri umani sono “uguali”. E' un grave errore ritenere il concetto di decrescita come antagonista dello stesso capitalismo. La decrescita non inficia lo scambio dei beni e delle merci, ma solo favorire una riduzione necesaria alla tutela della vita e dell’uomo. Dobbiamo renderci conto che la crescita incontrollata, del capitalismo, non è fisicamente sostenibile da parte dei sistemi economici mondiali. Il giudizio di chi scrive è che a distanza di 26 anni dal fallimento ufficiale dell’economia pianificata, fallisce anche quella praticata dal liberismo sfrenato. Nessuno delle due economie “pianificata” e “capitalistica” ha prodotto vincitori, ma solo perdenti: i cittadini. Che l’economia pianificata praticata dai sovietici fosse insostenibile, oltre che ingiusta, non ci sono dubbi, ma nello stesso tempo è necessario prendere coscienza dei disastri a cui si va incontro praticando una economia basata su un liberismo sfrenato che trae la sua forza da un mercato in cui prevale un consumismo insostenibile. In questo gioco, il libero mercato ha il ruolo di grande regolatore (teorico) di un meccanismo capace di funzionare perfettamente senza interventi esterni. Una favola, è il caso di ripeterlo, che troppe persone hanno pagato a caro prezzo, in un gioco al massacro in cui, pochi si sono arricchiti a danno di molti. Ormai è da anni che si assiste a questo sistema in disfacimento, che va deteriorandosi sempre di più, e che non può essere circoscritto soltanto agli Stati Uniti, dove il governo è dovuto intervenire per limitare i danni. Senza voler fare del catastrofismo, stiamo assistendo ad una folle corsa sulla strada che porta al fallimento, senza accorgerci che quelli che ci spingono a correre sempre più, si stanno man mano defilando dalla gara per arroccarsi in posizioni più sicure. Ancora una volta a saldare il conto di un fallimento saranno sempre gli stessi: i cittadini.
Sicuramente non possiamo più tornare indietro!
RispondiEliminaIl mondo si è avviato su una corsa al produrre, tale, che sarebbe ormai “innaturale” smantellare questo tipo di sistema, se non a prezzo di un'ulteriore perdita, anche generale.
I sindacati fiaccamente continuano a rivendicare spazi di contrattazione che non possono più trovare accoglimento alcuno.
Siamo diventati poveri? Ancora non lo siamo, ma non possiamo continuare a pensare che l'economia si possa salvare con l'aumento della produzione come ai vecchi tempi, nella speranza che questo porti ad un rilancio dei consumi e dunque a nuove entrate.
Chi dovrebbe consumare!
La disoccupazione si avvia al suo picco massimo; i giovani sono spesso pigri e rifiutano di investire in cultura di qualità! Né è vero che alcune scelte “convenienti” diano più possibilità di occupazione! Chi si iscrive a lettere classiche o a filosofia? Pochissimi!
Si preferiscono facoltà più “pratiche”!
Già questo modo di pensare fa capire quale sia uno dei noccioli della questione!
E dunque?
Tornare ad ammassare il pane in casa e lavare i panni nella tinozza!
Non si può più!
Però alcune osservazioni vanno fatte!
L'energia alternativa è allo stallo! I lavori della campagna non li vuole fare nessuno, molte terre
sono abbandonate e incolte. L'artigianato va sì alla grande, ma solo per le tasche di chi lavora in nero! Le “gare degli chef” e quelle dei “parrucchieri professori” pare siano molto gettonate, redditizie e in crescita.
Ma non possiamo consumare quantità di cibo che, tra l'altro, non abbiamo più!
Né possiamo tagliarci i capelli due volte al giorno!
Che ci faremo con tutti questi cuochi e con tutti questi artisti dell'acconciatura?
Poi ci sono anche le palestre che finora hanno dato buoni guadagni; ma la clientela anche qui comincia a scarseggiare!
La cultura continua a restare un accessorio inutile!
Poi quella classica!
E invece è proprio in cultura che dovremmo investire, perché il nostro è il paese della cultura nel mondo! Dovremmo invogliare di più i nostri giovani a studiare! Seriamente!
Non di certo perché poi debbano trovarsi costretti ad andarsene all'estero per dare lustro e guadagni ai paesi stranieri; ma perché, rilanciando alcuni settori di qualità, si potrebbero fare a casa nostra “rilanci economici”di qualità, che darebbero ricchezza vera e stabile al nostro paese.
Dovremmo inoltre richiamarli a maggiore responsabilità questi nostri giovani, perché escano da sotto l'ala della loro mamma chioccia; sacrificarsi per il proprio futuro è un dovere morale!
Basta anche con gli sprechi! Non si può avere tutto ciò che si chiede a questo mondo!
Insegniamo loro ad essere più modesti e più controllati, anche negli atteggiamenti: la sfida, la maleducazione, alla lunga non pagano!
L'eleganza è un valore importante; dico quella vera: interiore e nel comportamento!
Ma per questo ci vorrebbe una politica diversa! Oggi invece la politica continua a “farsi beffa” della cultura: bisogna essere veloci, operativi, pratici!
L'etica del “ non so bene che faccio, l'importante è che faccio”!
Si può avere un responsabile alla cultura con 15 anni di fuori corso all'università?
Beh, già solo questo la dice lunga!
Povera Italia!
CITAZIONE: "A questo punto sorge il problema dell'occupazione: cosa fare con gli esuberi di manodopera?
RispondiEliminaSig. Maniscalco legga Serge Lattouche e Nicholas Georgescu-Roegen.
Il primo che è il fondatore della decrescita il secondo della bio-economia, e vedrà che proprio il capitalismo è quello che crea problemi di manodopera.
Poi, una cosa è la povertà altra è la decrescita. Non confondiamo i piani concettuali.
Sigor Salvia, Cercherò nelle librerie i due libri che lei mi consiglia.
EliminaImparare come se dovessi vivere sempre. Gahdii.
Mia madre era una Salvia. nata a Sancipirello..
Trovarli è facilissimo, oppure scarichi il secondo (Georgescu) in formato pdf, ricordo essere di libera fruizione.
EliminaLa consapevolezza dell'ignoranza è madre del sapere e di ciò, certamente, ne era consapevole Socrate.
Non sono siciliano
Cordialità
Non mi soffermo sull'argomento, già ampiamente trattato su crescita o decrescita da persone molto più ferrate di me, sento impellente il bisogno, innanzitutto, di complimentarmi con l'amico... Maniscalco, la cui crescita personale e culturale, mi ha veramente sbalordita, a dir poco, dando un chiaro e tangibile esempio che con la tenacia e la volontà, si possono raggiungere dei grandi obiettivi. Ecco, è proprio la volontà del singolo individuo a contribuire alla rinascita, al cambiamento tanto agognati, non certo i signorotti politicanti che continuano a giocare sulla nostra pelle, ahinoi.
RispondiEliminaMi chiedo, perché non incoraggiare i giovani ad inventarsi delle attività, riscoprendo la natura, la madre terra generosa e gravida di tutto quel che il buon Dio le ha fornito, perché ne usufruissimo noi esseri umani... anche con il piacere e la soddisfazione che può un rapporto diretto con essa, dare ri/dare all'uomo. Sarò un'illusa... ma se si desse fondo alla fantasia, alla creatività dei giovani, spenti dall'inattività e dalla ricerca di effimeri valori, se si riscoprissero delle grandi tradizioni come il ricamo, che produce delle vere opere d'arte, o il tombolo, o il filet, arte pura, o anche il taglio e il cucito, i lavori a maglia ai ferri e ad uncinetto. Chissà quanti sorrideranno a questo mio invito, ma sono certa, più che mai che sarebbe una strada da tentare di percorrere.
Ci vuole solo ed esclusivamente TANTA VOLONTA' DI farcela ED IMPEGNO! Mi auguro che il mio modesto invito possa venire raccolto da qualcuno e che possa servire a qualcosa! Ciò detto, auguro all'amico dott. Vullo una pronta guarigione!
Ringrazio la dolce Lucia Arnao per l'augurio di pronta guarigione. Cara Lucia...sarà la legge del contrappasso che dopo 40 anni di attività medica, adesso mi tocca per qualche mese di fare il paziente ( cosa a me sconosciuta), cmq grazie. Riguardo alla sostanza del tuo intervento, sono totalmente d'accordo sul tuo auspicio a che i giovani ritornino alla terra per trovare sostentamento, lavoro e libertà. Bisogna abbandonare il modello perverso iperliberista ed iperconsumista e mercantilista che distrugge persone e cose solo per il profitto. Bisognerebbe capovolgere tutti i parametri economicisti, monetaristi, finanziari, che nel contempo trascurano tutti quei valori umani come...solidarietà, amore, amicizia, fraternità e libertà dagli oggetti, dalle merci e dal denaro ! Pia illusione ? Assolutamente No ! Piu vado avanti e più mi convinco che Carlo Marx aveva ragione. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la ricerca del profitto a tutti i costi, il guadagno purchessia, senza valori, senza etica. Ho letto qualcuno dire che la "decrescita felice", non esiste...dissento totalmente da tale asserzione...è vero la decrescita felice formalmente e grammaticalmente rappresenta un "ossimoro", ovvero l'accostamento di due parole opposte, una positiva ed una negativa ! Ma è sicuramente peggio la crescita infelice ! Ti porto un esempio fresco...il giorno di pasqua ero in casa di un amico politico e costruttore il quale ha molti amici e possiede ed utilizza 4-5 cellulari in contemporanea...il giorno di pasqua gli squillavano in contemporanea tutti i cellulari, perchè uno era per la famiglia, degli amici, dell'azienda, dei politici etc. etc. L'ho visto in difficoltà, mentre faceva e riceveva telefonate ( parecchie formali ed ipocrite) e mi disse vedi Giuseppe oggi sto facendo un lavoro massacrante e mi sento infelice ! Certo dissi io...basterebbe avere solo un cellulare come faccio io....e poi 4-5 televisori, 4-5 macchine, la barca, il ristorante tutti i giorni, tante case al mare, in montagna, in città, al paese e cosi via, e poi la moglie e le diverse amanti e cosi via...Insomma non posso dilungarmi oltre( causa dolore al braccio)...ma in un precedente articolo avevo proposto scherzosamente che sarebbe il caso di capovolgere il paradigma...ovvero dal "PIL al PIF" ossia dal prodotto interno lordo, al prodotto interno felice...!
EliminaStrafelice per l'apprezzamento che il Dottor Vullo, mi ha rivolto, pur con la sua sofferenza al braccio... , mi sono quasi emozionata. Ma, non solo Marx , ma anche Thomas Hobbes, se non vado errata, ha scritto che "L' UOMO E' UN LUPO PER L'ALTRO UOMO", testuali parole che mi sono rimaste impresse nella mente. È anche vero che la storia è fatta di corsi e ricorsi storici, come diceva G.B Vico... stiamo rivivendo il Medio Evo, il fascismo o la preistoria? Sicuramente il peggio di quanto la nostra povera Italia abbia vissuto negli ultimi decenni della sua storia! Che il sole torni a riportarla al suo antico splendore e le ridia l'onore di cui è stata rapinata!
EliminaDipende cosa si intende per decrescita, se partiamo dalla produzione inutile e superflua, che comporta lavoro e consumo inutili,sarebbe già un primo passo verso maggior felicità e minor miseria. Io ho letto attentamente sua proposta, e malgrado tanti punti interrogativi, risulta la miglior proposta contemporanea, assolutamente più ragionevole che tutti prodotti dei vari "think tanks" neoliberisti.
RispondiEliminaOttima analisi, un mondo migliore e più equo. Il punto debole, cui Maniscalco non è in grado di dare una risposta, è la soluzione del problema "esubero della manodopera". Come risolverlo? E' un problema già presente oggi con la disoccupazione oltre il 14% e quella giovanile oltre il 40%. Non risulta che alcuna soluzione sia alle viste se non l'auspicata ripresa dei consumi e il contestuale aumento della produzione e quindi una maggiore occupazione. Parafrasando il noto aforisma di Winston Churchill "la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora", il capitalismo è la peggior forma dell'economia, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora. L'economia capitalista, il cui inizio è riconducibile al 19° secolo con la rivoluzione industriale, sopravvive e ad essa si è convertita anche la Repubblica popolare cinese, l'economia socialista (comunista) o pianificata è miseramente crollata dopo pochi decenni. Esiste una terza via? Ne dubito, ma se esiste che venga attuata con urgenza, l'aspettano i milioni di disoccupati italiani. Intanto, nell'attesa che gli economisti (un Monti, un Letta, un Padoan, questi abbiamo sul mercato) la individuino, un po' di soldi in tasca ai nostri connazionali per la ripresa dei consumi e l'avvio del ciclo virtuoso....capitalistico. Poi se ne riparlerà!
RispondiEliminaLa cd "decrescita" è un tema complesso.... che attiene al rapporto essere umano, natura, impiego coerente delle risorse, non esemplificabile con il "ritorno al passato" in cui la terra era sinonimo di ignoranza, povertà e sfruttamento;
RispondiEliminail concetto piuttosto promuove la cultura delle risorse naturali in funzione biodinamica di coesistenza, tale da determinare l'interazione colturale con le culture. Parlerei pertanto di una visione prossima alla Gestione sapiente del GIARDINO (la cui varietà biologica accertata da studi scientifici dimostra come le culture offrano sostegno salutare ed alimentare all'essere umano coniugandosi con la diversità delle proprie necessità). Si produce cibo per 12 miliardi di persone, le risorse abbondano per tutti, ma taluni ne accumulano perchè attraverso il monopolio di esse riescono a gestire i popoli con il RICATTO DELLA NECESSITà; le risorse sono carenti solo per gli avidi che ne accumulano senza soddisfazione.... perchè in fondo ciò che è materialmente finito, non può soddisfare il bisogno infinito di felicità: tale competenza è di fatti spirituale provenendo dalla Gioia esistenziale alla Vita: il nostro progetto originario.
Vulissi scinniri.
RispondiEliminaVulissi scinniri ‘nnarrè di sessant’anni
e pigghiari pi li manu a li me nanni
pi faricci vidiri dunni semu junti
picchì li sacrifici d’iddri foru tanti.
E si scinnennu scinnennu li truvassi
dicissi a lu sceccu paura ‘unn’avissi
ca ‘na vota nuddru su putìa ‘mmaginari
ca un jornu lu sceccu putissi vulari.
Sicuru ci arrizzassiru li capiddri
e ca si sbarrachiassiru tutti dui l’occhi
ca nun si usa cchiù coppuli ma cappeddri.
A st’epuca morsiru tutti li pidocchi
e lu sceccu àvi veramenti du ali
picchì oramai ci su granni apparecchi.
Totò Mirabile
.
Caro sigr. Maniscalco...stiamo affrontando un tema veramente complesso, che è inerente alla scelta del migliore sistema politico-economico-sociale. Il liberismo ha sconfitto il comunismo ? Si è vero ! Perciò il capitalismo-liberismo è il migliore sistema economico possibile...perchè il mercato si autoregolamenta da solo ? Totalmente Falso ! La decrescita è uguale alla recessione e provoca disoccupazione ? Queste affermazioni sono false e mistificanti ! Si ricorda il governo Monti al suo esordio con la sua triade economica..."crescita, equità, rigore" ? Ebbene l'unica cosa attuata fu il rigore con il taglio delle pensioni della classe media...macelleria sociale ! In tutti i casi è da circa 30 anni che non abbiamo crescita. Allora dobbiamo porci diverse domande e cercare di dare delle risposte...1) il sistema liberista che tanti disoccupati ed ingiustizie sociali procura è il migliore sistema economico per l'umanità ? 2) Crescita di che cosa ? 3) La crescita è utile e necessaria ? 4) A chi servirà la crescita al lavoratore o al padrone ? 5) Cosa ne faremo delle eccedenze della crescita drogata, inutile e non necessaria ?....continua
RispondiEliminaGentile Dott. Vullo, La ringrazio per le parole di stima nei mie confronti nel precedente commentp. Se si si presenta l'occasione di conoscerci personalmente L'onore sarà Mio.
EliminaDa tempo e in varie discussioni con i miie amici ho sostenuto che il socialismo applicato in Russia ha avuto tanti difetti, ma una cosa, ricosciuta da tutti, è stata prima l'alfetizzazione di massa e poi la formazione professionale estesa a tutti.i cittadini. Gorbaciov, della mia stessa età, anche lui abitante in un piccolo paesino si è potuto laureare in ingegneria. A me col liberismo questo è stato negato.
Le auguro una pronta guarigione per poter tornare a scrivere interessanti articolli su Politica Prima..
Una bella pagina di letteratura verista, quella di Michele Maniscalco.
RispondiEliminaPur essendo di qualche anno più giovane di lui, non mi è estraneo il mondo da lui raccontato. Nato a Palermo insieme alla seconda guerra mondiale, ricordo anch'io di vaccari che vendevano il latte per le vie vicine al porto, e anch'io ho visto il mondo cambiare quasi repentinamente negli anni '50.
La mia sorte è stata più fortunata della sua. Vivendo in città in una famiglia piccolo-borghese ho potuto fare tutto il corso di studi fino alla laurea, grazie anche al fatto che subito dopo la maturità ho contribuito al mio mantenimento dando lezioni private a ragazzi del ginnasio e del liceo.
Furono anni felici, bastava poco per esserlo.
Ma oggi non sapremmo fare a meno della gran parte dei beni che ci circondano e che sono il frutto delle più moderne tecnologie.
Non ho letto "La decrescita felice" di Pallante, ma ritengo che il mio giudizio, da quel che ho sentito dalle numerose recensioni e commenti, non possa essere diverso da quello dell'autore. A me sembra una mera utopia, anche se è a tutti evidente che il consumismo, reso più pervasivo dalla globalizzazione della produzione, ha creato gravi problemi di inquinamento, e che il capitalismo senza freni è il principale responsabile.
Una considerazione necessaria riguardo al sistema economico più adatto per la nostra società credo sia opportuna: oggi é evidente quanto il sistema capitalistico abbia fallito completamente. Nel momento in cui il consumismo sfrenato si é inceppato abbiamo assistito alla fragilità di questo sistema economico. Abbiamo macerie sparse ovunque, disoccupazione alle stelle, fabbriche ed attività chiuse inesorabilmente. Non conosco la ricetta miracolosa per riprendersi ma sono convinta sia necessario rivedere totalmente il nostro modo di vivere
RispondiEliminaQuesta storia scritta da Michele Maniscalco mi fa ricordare la storia della mia famiglia. Mio padre nemmeno un ettaro aveva... coltivava un giardino di 600 m2 ....ma c’era di tutto, e poi allevava galline, polli, conigli, piccioni e non mancava il maiale, il quale veniva ucciso in dicembre e ci forniva salumi per un anno. Ma oltre questo faceva il bracciante, lui e mamma a lavorare noi campi per pochi soldi oppure ricevevano del grano. Andava a pesca e mi ricordo la squisitezza di quei pesci, sapeva fare pure le scarpe e mai siamo andati scalzi. Mai ci è mancato il cibo... mio padre era un genio per questo, ed eravamo più felici. E io dico sempre... felice chi si ritrova con un po’ di terra per coltivare i prodotti necessari a km 0. Quelli almeno non soffriranno la fame.
RispondiEliminaQuesto libro di Maurizio Pallante "Decrescita felice", che viene citato nell'articolo di "Michele Maniscalco" deve essere interessante, ho preso appunti e sarà il prossimo libro che leggerò. A regola la crescita dovrebbe essere un bene per tutti, dovrebbe dare benessere, quindi consumismo, quindi lavoro, quindi si ritorna al punto di partenza "benessere". Il problema non è la decrescita, ma forse è decrescere troppo velocemente per cui arrivi ad un punto in cui la decrescita si trasforma in discesa. Probabile che, ora, tutti i paesi del mondo industrializzati e all'avanguardia si trovino in quella fase di discesa dove non c'è quasi più nulla da inventare, infatti il mondo del lavoro ne sta risentendo moltissimo. L'unica cosa che va avanti, ma non basta, è la tecnologia. Ecco credo che stiamo pagando la velocità della crescita fatta in pochi decenni, sarebbe bene riprendere delle vecchie abitudini.
RispondiEliminaL'esordio di Michele Maniscalco come autore non poteva andare meglio di così. Un articolo apprezzatissimo, intriso di umanità, di ricordi, di realtà. Lo spaccato di una società diversa, quella delle difficoltà, degli stenti, delle mancate opportunità. Del lavoro umile e duro, delle campagne coltivate ma avare, delle differenze tra i possidenti e i lavoratori senza diritti, del latte genuino ma nemmeno per tutti. E la società del pieno riscatto, della crescita sociale e culturale, anche se lontano dalla terra d’origine.
RispondiEliminaE la decrescita? L’autore, mi pare di capire, non si entusiasma per le tesi, pur affascinanti, di Pallante e degli altri fautori della cosiddetta “Decrescita Felice”. Ma, da persona consapevole delle difficoltà di questo sistema economico, individua, nel ripensamento del concetto di crescita, della riduzione di certi consumi, come la carne, e della capacità di recupero e riutilizzo degli oggetti, una via per salvaguardare e preservare il nostro pianeta e il nostro futuro. Insomma, non è facile e non credo ci siano portatori di verità su ciò che sia meglio fare. Non c’è dubbio, però, che qualcosa bisogna cambiare.
Io non sono un fautore della crescita ad ogni costo. Ritengo si debba cercare sempre un equilibrio tra lo sviluppo e il progresso e la capacità di tenuta del pianeta, senza dimenticare che le teorie catastrofiste non portano da nessuna parte e nemmeno quelle del non fare nulla per evitare l’inquinamento, gli affari sporchi, la cementificazione. Problemi gravi di cui bisogna tenere conto, ma che non possono e non devono diventare l’alibi per bloccare o frenare lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni socio economiche della società.
GRAZIE GIANGIUSEPPE!!!
EliminaCaro Giangiuseppe, sono Luce di cognome e Franco di nome, come sono stato sempre "franco" nelle mie esposizioni. Ho letto tutto....compreso i vari commenti ed ho avuto la netta impressione che nessuno ha capito cosa si intende per decrescita. Si sono fatti esempi "spiccioli" della nostra vita quotidiana che nulla hanno a che spartire con l'economia e il governo di uno Stato. Tra i tanti, il tuo, caro direttore, è il commento che mi soddisfa di più e mette a nudo il vero problema di una crescita senza controllo. Non sempre il "PIU'" e da annoverare nella positività. La mia regione, la Puglia è quella che non ha fonti energetiche, ha scarsità di acqua, ma per stare negli standard della produttività sfrenata, consuma enormi quantità di acqua, enormi quantità di energia, per prodotti agricoli di ogni tipo che vanno a finire al macero perchè invenduti. Grazie direttore per avermi interpetrato!!!!!
EliminaBellissima e completa quest'analisi di Michele Maniscalco ...io anche se sono nato nel 1949 ho vissuto di prima persona tanti aspetti che lui ci ha voluto evidenziare ...credo che Pallante e tanti altri che parlano di decrescita felice non hanno vissuto le nostre esperienze, magari loro allora o non c'erano o erano già nello stato di crescita felice.
RispondiEliminaSpesso tutto viene esemplificato e portato in un contesto solo nazionale se non addirittura locale ...ma non è così ...viviamo su un pianeta a risorse limitate mentre l'incremento della popolazione rende queste risorse sempre più esigue ...certo che con il pensiero si potrebbe tornare anche all'età della pietra ma quello che vedo io e che nessuno vuole rinunciare a niente a favore di chi sta peggio ...comunque bisogna essere coscienti che dopo l'attuale crisi niente sarà come prima, gli equilibri del mondo già sono cambiati e continueranno a cambiare e a questa nuova realtà che dobbiamo adattare la nostra vita ...chiudo il mio ragionamento dando il benvenuto a Michele e facendogli ancora i complimenti per il tema trattato e per come lo ha trattato!!!
Capitalismo si, capitalismo no! Recita un vecchio adagio siciliano: "U pirocchiu 'nta testa avi a manciari!" Questo governo Renzi, e i due prima di lui, hanno operato acchè si restringa la fascia dei ricchi e si allarghi la fascia dei poveri.... ma Renzi non dovrebbe stare dalla parte dei poveri, o sbaglio? 1^ e 2^ carica dello Stato sono palermitani, il ministro dell'Interno è agrigentino, la Sicilia nel mentre fallisce! Caro il mio Michele, Francesco Belli, medico condotto e ufficiale sanitario di San Giuseppe Jato, nel 1934 così scriveva a proposito dei comuni della provincia di Palermo:
RispondiEliminaAlimenti - Le persone benestanti si nutrono per lo più di carne, ma parcamente, di pasta, verdure, legumi e di pesci. Il contadino abitualmente si nutrisce di solo pane e minestra di pasta (pel solito casereccia) con verdura o legumi. Eravamo al XII anno dell'era fascista! Nulla di nuovo sotto il sole!!!!!
La decrescita è veramente felice? - Veramente bella la rievocazione del passato. Ma tornare a quei tempi sarebbe una bischerata. Furono anche gli anni in cui si ricominciò a risorgere dopo la maledetta seconda guerra mondiale. La decrescita non è felice. Ma l'attuale modello di sviluppo è infelice e pericoloso: inquinamento, scorie nucleari, effetto serra con surriscaldamento del pianeta, immondizia, discariche alias montagne di rifiuti veri cimiteri di questo tipo di sviluppo. Quando non si parlava di ecologia si praticava la raccolta differenziata grazie al vuoto a rendere. Con una seria raccolta differenziata si recupererebbero metalli, carta, altro, e con i rifiuti di origine organica, bruciati nei termovalorizzatori, si potrebbe produrre energia elettrica. Difficoltà a sistemare le scorie radioattive che molti non vogliono nel proprio territorio. Forse il surriscaldamento del Pianeta non dipende dal bruciare petrolio e carbone; ma, nel dubbio, meglio adottare il criterio di precauzione avvalendoci in modo intensivo dell'energia solare e delle altre energie pulite non rischiose per mandare il petrolio a quel paese, o per importarne meno. Centrali solari e migliaia di km quadrati di pannelli fotovoltaici sui tetti delle case e sui capannoni agricoli e industriali. Alcuni anni fa il guasto di una piattaforma petrolifera nell'Oceano Atlantico devasto' il Golfo del Messico per tre mesi e mezzo di fuoriuscita di petrolio. Molto rischioso spirtusare il fondo del mare! Se un cosa simile succedesse nel Mediterraneo, mare chiuso con i minisbocchi di Gibilterra e Suez, sarebbe una catastrofe per ambiente, turismo pesca ! E, dulcis in fundo, in certi Paesi, ove c'è puzza di petrolio, c'è più kasino del necessario ! Il criterio di precauzione vale anche per le pericolose entrali nucleari: guasti, terremoti, alluvioni, rischi di guerra e attentati. Pochi anni fa il guasto di una centrale nucleare giapponese provocò gravi danni all'ambiente. Petrolio, carbone, nucleare sono archeologia industriale ed energetica. Un sano sviluppo industriale ed economico è possibile con il riciclo dei materiali, le energie pulite sopratutto quella solare. Il futuro si trova nel cosiddetto " buio " Medio Evo con Fratello Sole e Sorella Acqua, come li chiamava San Francesco. Con energia elettrica (prodotta senza inquinare) e acqua, con l'elettrolisi, si produce idrogeno. Una volta chiesi a un mio collega tecnico: "Se potessi mettere nel sebatoio della mia macchina idrogeno cosa uscirebbe dal tubo di scarico ?" Mi rispose: "Acqua ". Ma quale decrescita? È un eufemismo di povertà ! Confucio diceva che quando le parole cambiano di significato gli uomini perdono la libertà.
RispondiEliminaUn bel racconto di quell'epoca che noi sessantenni abbiamo vissuto in pieno con tutte le sue difficoltà, i grandi sacrifici e le rinunce per potere studiare, le sue povertà e la felicità di ottenere quel poco che ci si poteva permettere o che giungeva inatteso.... chi si contenta gode.. E' da tempo che rifletto su questa problematica ma il fatto di avere vissuto sulle mie spalle tutte queste "miserie e gioie" non mi permette di schierarmi del tutto per la "decrescita felice" anche se mi rendo conto che il punto in cui siamo arrivati sarà quasi senza ritorno senza cambiare verso allo sviluppo così come oggi lo intendiamo. Ma, come qualcuno dice nei commenti, le cose cambieranno che lo vogliamo o no e questa lunga crisi ci sta già insegnando qualcosa se riusciremo a farne tesoro. L'unico problema semmai è la conclusione, quasi ottimistica, dell'autore di affidarsi alla politica per trovare la soluzione giusta... guardandoci intorno vengono i brividi!
RispondiEliminaArticolo molto toccante! Complimenti al signor Maniscalco mi sembra di rivivere quelle giornate quando anche mio nonno emigrato in Venezuela mi raccontava della sua vita, una vita di sacrifici e stenti,tre figli da crescere, eppure ci è riuscito egregiamente, i suoi figli si sono persino diplomati e per Lui era motivo di grande soddisfazione. Io non ho vissuto questi periodi, mio Padre con il suo umile lavoro non ci ha mai fatto mancare niente, ma la vita con Lui è stata ingiusta strappandocelo quando ancora era molto giovane, ma anche dopo la sua morte ci ha garantito un benessere che è continuato a lungo. Avevamo tutto, ma non eravamo abituati a sperperare, mia madre ricordo ci comprava le scarpe per la domenica e quelle per tutti i giorni, oggi invece si compra non perchè serve ma solo perchè era un'occasione, i nostri figli non gioiscono nemmeno davanti a un regalo perchè ormai sono quotidiani, scontati, e intanto si accumulano ceste di giocattoli, vestiti, scarpe,borse,oggetti inutili.Ma se ci pensiamo un pò siamo tutti investiti da questa ondata di consumismo senza rendercene conto.
RispondiEliminaDovremmo insegnare ai nostri figli a tornare un pò indietro e autolimitarci nei consumi soprattutto negli sprechi alimentati dalla pubblicità perchè forse arriveremo al punto che avremo TUTTo ma non goderemo di Niente!
Non ho letto il libro ma ho visto diversi documentari sull'argomento e sentito diverse testimonianze. Decrescita va bene ma con criterio e senza estremismi. Basterebbe semplicemente rinunciare agli eccessi e smettere di sprecare risorse. Specie al Sud le tavole abbandono di " porcherie" e le mali abitudini siciliane finiscono per generare obesità. Prima di parlare di decrescita forse dovremmo parlare di educazione all'alimentazione e da questa virare verso l'utilizzo consapevole e cosciente di ogni singola risorsa, di cui necessità l'umanità.
RispondiEliminaEssendo nata poco più di 30 anni fa, non ho vissuto l'esperienza dell'autore. Ogni infanzia ha le sue peculiarità e ringrazio il sign Maniscalco per averci raccontato la sua.
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