Elenco pagine statiche

domenica 4 gennaio 2015

BISOGNA PRESTO VOLTARE PAGINA

indignadosdi Franco Luce - Ricordo il profondo disgusto che provavo da bambino, quando durante una scampagnata, un compagno di scuola si accaniva a tagliare la coda alle lucertole.
Qualche altro notando il mio stato d’animo, mi assicurava che alla lucertola la coda gli sarebbe sicuramente ricresciuta.
Ebbene a distanza di oltre mezzo secolo questo fenomeno lo riscontro nelle maggioranze di governo. Si disfanno e si rifanno proprio come le code delle lucertole, al punto da farmi dubitare se il nostro parlamento sia costituito da uomini o da “cellule staminali”. Peccato che questo veloce modo di riproduzione non riversa i suoi effetti “positivi” sulla nostra economia.
Purtroppo la situazione reale nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti e si avverte anche se volessimo girare la testa dalla parte opposta. La fascia di povertà, o prossima a tale stato, si allarga sempre di più. Se poi, proviamo a dare uno sguardo ai dati non incoraggianti diffusi dagli istituti di statistica, allora dovremmo fare una profonda riflessione, ed in particolare dovrebbero meditare i politici e tutti coloro che svolgono un ruolo di rappresentanza sociale.
Letti con attenzione e senza pregiudizi, non può essere ignorata una evidente sfiducia nei confronti della politica e dell’azione di governo. Ormai sono innumerevoli le volte che la stampa è intervenuta denunciando lo stravolgimento degli equilibri sociali e del progressivo impoverimento della popolazione in atto da alcuni anni.
mensa poveriAl contrario, ad ogni tornata elettorale si promettono aiuti alle famiglie e ci ritroviamo che una su 10 è in arretrato nei pagamenti del mutuo o delle bollette, oltre al loro potere d’acquisto che subisce sistematiche riduzioni. La cosa che più spaventa è la continua erosione delle nostre riserve in quanto la propensione al risparmio ha raggiunto i livelli più bassi degli ultimi 20 anni. Condizioni, queste, che non si concentrano solo sulla cosiddetta fascia di “povertà estrema”, ma che si propagano attraverso un impoverimento di quelli che vengono definiti “ceti medi”.
Al punto in cui siamo l’uso del termine crisi non serve più per descrivere se è una situazione di tipo ciclica o congiunturale, ma è opportuno prendere atto della sua estrema gravità, ed agire di conseguenza. Da ciò la necessità di mettere in rilievo come si stia realizzando un intreccio tra crisi economica e crisi sociale capace di modificare radicalmente le caratteristiche strutturali della situazione in cui siamo immersi.
Il nostro Paese da circa quindici anni registra una crescita prossima allo zero e di conseguenza un sostanziale blocco della produttività. Nel resto dell’Europa ci sono stati dei rallentamenti, ma non hanno mai raggiunto, anche nei momenti peggiori, i livelli di quello italiano. Le cause sono abbastanza note e risiedono nella finanza pubblica che agisce a bassa produttività, nel fisco troppo oneroso e nella complicata burocrazia che riesce a frenare e limitare ogni iniziativa.
Necessita, pertanto, una classe politica e di Governo capace di interpretare il disagio giovanile e quello sociale, con la volontà di affrontare con rigore e coraggio le urgenze dei poveri e di chi si sta impoverendo. Se non si affronta con decisione il tema delle riforme, le tensioni positive di cui è ancora ricco il nostro tessuto sociale e produttivo, rischiano di sfiduciarsi e di farci cadere in una totale svogliatezza sociale o peggio, in una protesta violenta.
Non nascondo di essere pervaso da una vena di pessimismo dato che al punto in cui è precipitata la situazione economica e sociale, non potrebbero bastare, o forse non più di tanto, le riforme del mercato del lavoro, delle pensioni o i tagli operati sui servizi. Servirebbe una forte tensione verso l’innovazione e la ricerca, mettendo in campo nuovi modelli sociali, produttivi e gestionali. Ma che razza di società vogliamo costruire senza ricerca e innovazione!
Si abbia almeno il coraggio di dire da parte di chi ci governa che la crisi è profonda e che se ne può uscire solo puntando sulla responsabilità di tutti, sullo sviluppo umano, come nuovo paradigma della crescita, dell’uso intelligente del progresso tecnologico e scientifico che ci faccia recuperare produttività.
famiglia giovaneQuando, invece di invadere le televisioni, radio e giornali, i nostri politici avranno il coraggio di dire come realmente stanno le cose, quello sarà certamente un giorno interessante. Negli ultimi dieci anni, dal 2000 al 2010 abbiamo perso più di 2 milioni di cittadini tra i 15 e i 34 anni “. Il 10% dei giovani costituisce il popolo delle ombre, cioè né lavora e ne studia, inquadrati in quel 29% di disoccupazione giovanile.
E che dire di coloro che sono confinati nel precariato e crescono senza un’idea di quale può essere il loro futuro? Come fa un ragazzo o una ragazza a pensare alla costruzione di una famiglia a rendere stabili gli affetti quando percepisce, si e no, 1.000 euro al mese e ne deve pagare 450/500 di affitto? Quello che mi spaventa delle giovani generazioni è il crescere del disincanto e il sedimentarsi della convinzione di vivere in una società non meritocratica, bloccata da giochi di potere politico ed economico.
Per questo credo serva ormai una nuova classe politica, se non vogliamo che la stessa politica perda ogni fascino con il rischio di fare anche noi i conti con gli “Indignados”. Se le cose non cambieranno, anch’io un giorno saprò da che parte stare.
Franco Luce fotoFranco Luce
04 Gennaio 2015












9 commenti:

  1. Molto emblematica l'immagine della lucertola e della coda che sempre ricresce. Come le nostre incredibili maggioranze di governo. Ma cosi ė. E finchė il sistema 'lucertola' non verrà profondamente cambiato stiamone certi durerà ancora a lungo. Dobbiamo preoccuparci degli Indignados? Caro Franco, non mi pare ci siano questi segnali, non vedo movimenti seri e organizzati come quelli a cui ti riferisci. In Italia, almeno per ora, possiamo staresereni...! Forse.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh caro Gian per "indignados" non intendevo il significato classico della parola, in realtà mi riferivo a quel segmento di popolo che indignato verso uno Stato, che malgrado l'enorme pressione fiscale alle quale è sottoposto, non vede uno spiraglio positivo di miglioramento, reagendo spesso passivamente.

      Elimina
  2. La cosa che più spaventa è la continua erosione delle nostre riserve in quanto la propensione al risparmio ha raggiunto i livelli più bassi degli ultimi 20 anni
    mi scusi signor Franco, da dove ha preso questo dato visto che , sia Draghi che Visco hanno detto l'esatto contrario ? cioè un aumento del risparmio per paura del futuro incerto ? ... cosa ben più grave , se si fa la giusta riflessione ....

    RispondiElimina
  3. "Sfiducia nei confronti della polica e nell'azione dei governi"
    Come si fa ad avere ancora fiducia nella politica e nell'azione dei governi se dal 2008, quando è iniziata la crisi abbiamo avuto 4 Governi diversi (Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) con molte promesse e senza il minimo risultato nell'arginare la crisi, e ci troviamo, dopo quasi 6 anni, con una situazione molto peggio di quella di partenza? Ci dicevano che la crisi era mondiale, ma le nostre banche erano meno esposte e quindi saremmo usciti dal tunnel prima degli altri. Adesso l'Europa è tornata a camminare, la Gemania marcia speditamente, gli Stati Uniti corrono e noi stiamo sperando di avere un PIL vicino allo zero nel 2015 per poter dire che la caduta si è fermata.
    "15 anni di crescita zero e blocco della produttività" Ma non spetta anche agli industriali investire in rinnovamento per aumentare la produttività? A me sembra che i nostri industriali anzichè nel rinnovamento hanno investito in speculazioni finanziarie.
    "Necessità di affrontare con coraggio le urgenze dei poveri"
    I famosi 10 miliardi per aumentare di 80 euro le buste paghe dei lavoratori dipendenti, che certamente non sono ricchi, secondo me sarebbero stati più efficaci a stimolare i consumi se fossero stati usati per un consistente aumento delle pensioni minime.
    " il tema delle riforme"
    Le riforme, quelle giuste, sono necessarie ed urgenti. Comunque è prioritario un massiccio investimento in opere pubbliche per mettere in sicurezza l'Italia che frana da tutte le parti. Si è vero occorrono molti miliardi che il Governo non potrà cercare e trovare nei tagli, ma con una sostanziale patrimoniale una tantum. Se i nostri ricchi sono sempre più ricchi, nonostante la crisi vorrà pur dire qualche cosa.

    RispondiElimina
  4. Interessantissimo articolo e lucida analisi di tempi bui!!!!!!!!!Il pessimismo dell'autore è condiviso e condivisibile da tanti italiani e non lo dico per scrivere.basta scambiare quattro chiacchere in giro per capire e interpretare!!la politica ha perso credibilità agli occhi dei cittadini .Come possiamo fidarci di persone imbelli che non sono in grado di tirare una barca e figuriamoci una nave di guai!!!Nessun segnale verso il popolo è mai venuto da loro.Certo una diminizione degli stipendi,un taglio al costo della politica,una diminuizione dei privilegi,non avrebbe sanato il debito pubblico ma avrebbe avvicinato il cittadino alla politica e non è da poco!!!ammettere realisticamnete la situazione in cui ci troviamo?Pura utopia !!!viviamo in un paese dove si fanno condoni a ladri,assassini e malfattori,ma non ha pietà per il piccolo imprenditore in difficoltà a pagare le tasse o per la famiglia che non riesce a pagare il mutuo!!!per loro niente condon e niente pietà!!!E pensare che a meno di un'ora di aereo da noi ,i paesi dell'est europeo,stanno conoscendo un nuovo sviluppo perchè è lì che si investe!!!Molto meno tasse e vita più semplice per gli imprenditori!!Il costo del lavoro altissimo,la pressione fiscale e il costo dei trasporti ,dell'energia,rendono impossibile il decollo dell'imprese in Italia! L'impoverimento sociale e anche degrado di mentalità. Siamo poveri anche sotto l'aspetto culturale . la cosa peggiore è stata l'impoverimento del ceto medio che poteva mantenere un'economia dei consumi!Dice visco e dice Draghi che risparmiamo molto di più e che abbiamo paura a spendere !Queste analisi mi lasciano perplessa!!Quando negli stessi negozi che praticavano il prezzo fisso e che avevano una media clientela ,leggo cartelli come SI VENDE A RATE,quando si aspettano i saldi per affrontare le spese,quando sento dire Quest'anno non posso permettermi una vacanza!!!!!!Mi riferisco sempre a quel ceto medio che i capricci se li passava!!!Gli Indignados sono tanti!Sono passivi è vero,ma le manifestazioni di piazza piuttosto vivaci,si susseguono e sono sicura che c'è un apparato pronto a farvi fronte!!!certamente i giovani sono i più penalizzati e l'adolescenza supera i limiti anagrafici!!!Senza responsabilità,alle spalle di mamma e papà,pur essi penzionati!!!i giovani valenti sono già al servizio di altri stati e nazioni!!!Desolante panorama !!!Serve una nuova classe politica,fatta di onestà e chiarezza!!dal fango ,a volte,nascono i fiori Speriamo anche noi Franco Luce in una nuova classe poilitica che non ci faccia indignare ma che s'indigni e abbia un'idea di una sana dignità!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Apprezzo la lucidità d'analisi della signora Bignardelli, in particolare per essere d'accordo con me che quanto affermato da Draghi e dal ministro Visco sono soltanto delle dichiarazioni a sfondo politico. Non è affatto vero che c'è un sostanziale ritorno al risparmio, l'analisi corretta ci convince del contrario, se si parla macroeconomia in senso lato, cioè spiegata come effettiva propensione marginale al risparmio, quella ricchezza che produrrebbe l'aumento del risparmio determinato da un incremento del reddito disponibile pari ad una unità di moneta come ad es. l'euro....

      Elimina
  5. L'ITALIA E GLI ITALIANI!

    Se la memoria non mi falla imparai ancora alle elementari, e mi è rimasta in testa, una frase celebre di Massimo d'Azeglio!
    Il nostro personaggio, che aveva partecipato attivamente affinché' si giungesse all'unita' d'Italia, quando fu proclamato il Regno d?Italia ebbe a dire: “Abbiamo fatto l'Italia ora bisogna fare gli italiani!”
    Mai enunciazione fu più profetica in quanto, ancora oggi, ben 150 anni da quella data, vien da pensare che l'Italia esiste, è vero, ed e' anche stata protagonista, in qualche modo nella storia dell'umanità, ma esistono gli italiani? Dico: come popolo convinto degli stessi intenti, dell'importanza di essere nazione? Di essere stato? Sulla carta e nella struttura esiste ma nell'individuo mi vien da dire che forse si è ancora fermi al momento in cui il D'Azeglio pronuncio' quell'aforisma e che esso e' di una attualità' cosi' viva e palpitante da far pensare che un secolo e mezzo di “unita'” altro non ha è realizzato che uno “stato di carta” senza “nazione”.
    Il Prof. Luce si domanda il perché' dell'odierno, evidente, sfascio della società italiana sotto il profilo economico principalmente ma a me pare che la faccenda vada esaminata, anzitutto, sotto il profilo della “coscienza” nazionale”, coscienza che avrebbe dovuto far riflettere chi proclamò l'Italia unita sulle cause della sua “disunione” a partire dalla fine dell'impero romano. e che , a mio modesto parere,è presente nel testo dell'Inno Nazionale, là dove dice: Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi". Più chiaro di così l'Autore dell'inno non poteva essere e, purtroppo,ancora oggi la situazione non pare del tutto superata se pensiamo alla previsione costituzionale della funzione federativa delle Regioni che, in effetti, produce soltanto idee “secessioniste” del tutto ipotetiche e irreali.
    Detto questo la conclusione a me pare semplice: non solo gli italiani sono assolutamente sprovvisti di una cultura che contempli il cosiddetto “senso dello Stato” e, addirittura il significato profondo della vocabolo “democrazia” che nella sua essenza più intima e reale ha un solo significato: “partecipazione”! Ovverosia: partecipazione attiva del cittadino all'amministrazione dello stat6o attraverso la designazione a suffragio popolare degli “amministratori” .
    A questo punto non mi resta che concludere con una domanda: di chi la colpa?
    Gesù! Ma la risposta ovvia mi pare sia quella che dovrebbe venir spontanea: dei governi che si sono succeduti, e, in primo luogo di quelli succedutisi dal 1946 in poi.
    I Padri Costituenti, che avevano patito sulla propria pelle il disfacimento dello stato prima sotto i Savoia divenuti Re d'Italia, loro dicevano “per grazia di Dio e volontà del popolo italiano”, ma nella realtà per aver truccato i plebisciti seguiti all'occupazione “manu militari” delle varie regioni italiane e poi il fascismo,
    I Padri Costituenti alla fine della seconda Guerra Mondiale, donarono all'Italia una delle più giuste e perfette costituzioni presenti sulla terra ma che, se realmente capita e applicata, avrebbe impedito a personaggi del tipo di Berlusconi e dell'attuale suo clone Matteo Renzi di governare, e così, coloro che dovevano renderla di pratica comune, l'hanno completamente disattesa con la complicità viva e reale di qualche Presidente che avrebbe dovuto esserne il reale custode!
    Forse una cosa si potrebbe fare ma non si farà mai e sempre per le ragioni di una cultura esclusivamente personalistica,egoista,anticomunitaria.
    Ergo bisogna solo affidarsi alla speranza che, prima o poi, ci venga assegnata dal destino una classe politica che si differenzi dall'attuale per cultura sociale,democratica, e, principalmente, che sia onesta e non succube delle varie mafie.

    RispondiElimina
  6. "Si abbia almeno il coraggio di dire da parte di chi ci governa che la crisi è profonda e che se ne può uscire solo puntando sulla responsabilità di tutti, sullo sviluppo umano, come nuovo paradigma della crescita, dell’uso intelligente del progresso tecnologico e scientifico che ci faccia recuperare produttività". Proprio qui sta l'inganno. Nessuno riconosce di aver sbagliato ne tanto meno che serve cambiare rotta per sottrarsi a questa misero pensiero che ci abitua alla crisi. Che il politico di vecchio stampo sia colpevole dello stallo odierno lo crediamo un po' tutti ma pochi ammettono che la colpa sia anche del cittadino. Se prima ritenevo i cittadini esenti da colpe adesso penso esattamente il contrario. Ci ritroviamo a vivere in una nazione dove ci si accontenta e non si riesce a mettere in discussione il proprio status. Non si studia e non si programma la propria vita. E se si ha un titolo di studio si cerca di spenderlo nel pubblico impiego. E' vero che il povero ha meno possibilità di spiccare il volo nella vita ma è altrettanto vero che se si usa il cervello ci si può emancipare dalla propria condizione di vita. Ho l'impressione, vivendo al sud che i siculi si siano abituati alla crisi, ai salari bassi e alla mancanza di certezze. Vivono giorno dopo giorno, spensierati e anestetizzati. Eppure li vedi felici e sorridenti quando camminano a testa bassa con il proprio iPhone. Ti chiedi leggono i quotidiani online? ma quando mai, passano il loro tempo con twitter e facebook. Postano le foto del primo all'amatriciana e delle verdure lesse. Siamo questi? Ebbene si. Ignoranti e stupidi e intanto gli altri sono avanti a noi, parlano 3 lingue e hanno diverse lauree da spendere nel mercato della precarietà. Cosa non funziona mi chiedo spesso. Non funziona la mentalità. La modernità al sud non è ancora arrivata e la coscienza cittadina è da venire. Guardi le infrastrutture vecchie e arrugginite ed i mezzi di trasporto obsoleti e inefficienti e ti sembra di vivere nel primo dopoguerra. Fai scalo nelle capitali europee e gli aeroporti del sud sembrano vecchie stazioni ferroviarie. L'odore di limone lo trovi nei bagni pubblici viennesi. Sono l'unica a vedere scuole fatiscenti? e vogliamo parlare dei programmi scolastici arretrati? ore e ore di latino e letteratura italiana ed in Europa siamo gli unici a sfornare turisti incapaci di presentarsi in inglese. Eppure se incontri un amico questi ti chiederà hai visto la partita? e i 10 comandamenti di Benigni? Hai saputo a quanto ammonta il superEnalotto? "Quando, invece di invadere le televisioni, radio e giornali, i nostri politici avranno il coraggio di dire come realmente stanno le cose, quello sarà certamente un giorno interessante". Magari non per noi! "Negli ultimi dieci anni, dal 2000 al 2010 abbiamo perso più di 2 milioni di cittadini tra i 15 e i 34 anni. Il 10% dei giovani costituisce il popolo delle ombre, cioè né lavora e ne studia, inquadrati in quel 29% di disoccupazione giovanile". E la famiglia media che fa? Li mantiene e gli permette di rientrare alle 5 del mattino, ubriachi. Quella in corso è una crisi di costumi. E' una crisi sistemica e soprattutto culturale. Buon anno a tutti i pessimisti che come me credono che nella vita le cose possono cambiare.

    RispondiElimina
  7. . alle lucertole ricresce la coda, ai nostri "politicanti" cambia la pelle, ma la sostanza resta sempre quella, una meschinità esagerata. Riusciremo ma, ad essere veramente, un Paese normale? Sino a quando tutti noi, supinamente accetteremo questo stato di cose, ne dubito.
    Dobbiamo essere noi, a cambiare la nostra mentalità diventata troppp passiva, facendo in modo che "loro" capiscano che è arrivato il momento di essere seri, di cambiare veramente, altrimenti non credo, ci sarà scampo per tutti noi.
    Amaramente dico: Ho paura.

    RispondiElimina