di Davide Di Bernardo - In risposta all’intervista effettuata circa un mese fa all’allora Assessore Regionale all’Agricoltura Paolo Ezechia Reale,
vorrei segnalare alcuni problemi che renderanno la partecipazione all’Expo 2015 un ulteriore danno all’immagine della Sicilia nel mondo e alimenteranno un meccanismo che tra 20 anni non vedrà dei benefit nel settore siciliano, come auspica l’intervistato, ma invece dei danni irreparabili.
“Mettere in campo le professionalità migliori” è secondo l’Assessore il metodo migliore per far conoscere ed apprezzare i prodotti della nostra terra, ma è proprio su queste professionalità che si dovrebbe iniziare a discutere.
Le DOP e le IGP che nomina l’assessore hanno portato tantissimi vantaggi nel resto d’Italia, Emilia in testa, creando delle vere e proprie reti commerciali ed imprenditoriali che hanno reso produttivi anche piccole realtà.
In Sicilia questo è mancato.
Da una parte per la tendenza di individualismo insita nei produttori/commercianti siciliani, dall’altra parte per una mancanza di introiti derivanti dal reale possedimento di prodotto DOP.
Si pensi alle Arance di Ribera divenute DOP nel 2011 e che nel giro di pochi anni hanno visto sciogliersi il proprio sogno di poter vendere a prezzi alti, rispetto al mercato, il proprio prodotto perché DOP. Se verso novembre 2011 si chiedeva più di 1 € al chilo per il frutto dall’albero, 4 mesi dopo con le arance ancora appese agli alberi, i produttori chiamavano disperati le cooperative per vendere ad un quarto o anche meno il loro “ORO biondo”.
Ma il fallimento del sistema siciliano DOP si evince soprattutto sull’Arancia Rossa e sull’oro verde… il Pistacchio di Bronte.
La prima è stata il simbolo di uno spreco che ha visto il suo apice, dopo il periodo della compensazione europea, nei 21 €/cent al chilo dati qualche anno fa per salvare un deludente raccolto. Morale della favola si sono arricchiti diversi centri di raccolta selezionati dalla Regione che ai produttori realmente colpiti dalla brutta campagna non hanno dato nulla! Eppure un comitato costituito da diversi produttori del calatino aveva avvertito la Dirigente regionale dell’Assessorato all’Agricoltura, Rosaria Barresi.
Per quanto riguarda, invece, il Pistacchio la mancanza di reali controlli ha portato a creare una tale dipendenza al marchio “Pistacchio di Bronte” da rendere qualsiasi lavorato contenente pistacchio favorito da questa scritta, ma fu proprio per la sua rarità che nel 1999 vene inserito presso il Presidio Slow Food applicato solamente a prodotti rari ed eccellenti a rischio di estinzione! Oggi con i prodotti etichettati “Pistacchio di Bronte DOP” si potrebbe riempire una piccola nazione, troppo evidentemente per un paesino di soli 250 kmq!
Detto ciò ho voluto solo evidenziare la mancanza di effetti positivi, vista anche la perdita della maggior parte dei mercati internazionali, dei DOP e Igp in Sicilia e che quando l’Assessore parla di soli 3 milioni spesi per l’Expo, più “minime spese accessorie”, aggiungo che ne avremmo potuti spendere 4/5, l’importante sarebbe stato puntare sul riconoscimento delle differenze insite nei nostri prodotti rispetto a quelli spagnoli o africani e non con i Professori Universitari, ma col metodo che più denigra l’esperto Paolo Ezechia Reale: “la fiera del contadino”! Fatta comparativamente, s’intende.
Se volesse il mio aiuto, in questo momento sono in attesa di reinserimento nel mondo del lavoro, visto che l’affidarmi ad Associazioni tipo Coldiretti, o ad Igp come quella dell’Arancia Rossa, hanno fatto chiudere anche la mia azienda!
Davide Di Bernardo
06 Novembre 2014
E' estremamente interessante l'articolo di Davide Di Bernardo. La sua analisi/denuncia, è un male noto in tutta Italia, non solo in Sicilia.
RispondiEliminaNon esendo competente in materia, non entro nel merito della qualità dei prodotti descritti, ma sono sicuro che quanto denunciato da Di Bernardo sui prezzi, sull'estensione del DOP oltre il territorio di Bronte (perchè quello reale è troppo piccolo), siano delle verità assolute.
Dispiace che un giovane così competente si stato estromesso dal cico produttivo, anche perchè penso che ciò sia potuto succedere a causa delle sue giuste idee sula DOP, e, sopratutto sui prezzi che la speculazione intende imporre, sia che il prodotto si denomini DOPo, e sia che il territorio sia piccolo o grande.
Auguro a Di Bernardo di tornare a fare il suo lavoro, di gente come lui, questo Paese ne ha bisogno.
Questa Sicilia potrebbe e dovrebbe essere il giardino d'Italia. La California d'Europa, la terra pià bella e più ricca, da dove dovrebbero partire le merci e i prodotti agricoli più buoni e più sani. E invece arrivano nei mercati ogni genere di prdotti provenienti da ogni parte del mondo. La Sicilia non è autosufficiente quasi in niente. Arriva grano dall'estero, e anche agrumi, olio, frutta. Per non parlare dei prodotti della zootecnia. Altro che EXPO, altro che DOP e IGP. L'allarme di Davide Di Bernardo è tutto vero. Il disatro è davanti ai nostri occhi.
RispondiEliminaLa denuncia del giovane Di Bernardo è, a mio avviso, sacrosanta e mi porta a pensare, anche se non ho mai voluto accettarne la realtà, che la mafia di cui tanto si parla stia rinnegando le sue origini per espandersi all'interno e all'esterno del nostro paese. Si fanno mostre e "partite" internazionali solo per annullare il pensiero e lascizrci interdetti. In un mondo che con un clic uccide e viaggia indenne mi chiedo se sia possibile che tutto è casuale.
RispondiEliminala triste storia del giovane siciliano amareggia ancor di più perchè la perdita di lavoro si verifica in un settore produttivo, non impiegatizio e parassitario, ma nel settore agricolo ed agroalimentare, da dove dovrebbe iniziare la riscossa della nostra terra.
RispondiEliminaLa Sicilia terra di prodotti eccellenti che non riesce a sfondare. Noi qui, io abito in Lussemburgo, non vediamo i vostri prodotti, penso che ci vorrebbe gente con le palle per cambiare la situazione. Non conosco la Sicilia e non conosco come è gestita ma mi pare che qualcosa non funziona, datevi da fare cercate persone che si battono con voi e per voi, che sappiano fare arrivare i prodotti siciliani pure in nord Europa. Questo mi pare il minimo che si possa fare. Se sapeste che schifo di arance abbiamo qui che arrivano dalla Tunisia...
RispondiEliminaE' una brutta storia, ci sono dentro tutti gli abbandoni, i ricatti, i soprusi perpetrati per anni e anni a danno di una meravigliosa terra e dei suoi prodotti.
RispondiEliminaE' triste leggere di un giovane, pieno di volontà, di amore per la sua terra, perdere il lavoro.per, alla fine, solo e mere speculazioni. Veramente una brutta e triste storia, Per quel che puo' servire, vicina a Di Bernardo, con l'augurio che possa riavere e risolversi il tutto favorevolmente.
Grazie per i commenti, ma non cambia nulla, ne sono convinto!
RispondiEliminaEcco qui, http://www.youtube.com/watch?v=sECboLXvTaY il video promozione EXPO...noi manchiamo, o la massimo ci intravediamo per meno di un secondo con probabili melograni e arance.
Si dovrebbe parlare della diversificazione dei prodotti, dall'arancia bionda a quella rossa, dal kiwi verde a quello giallo, dalla zucchina lunga a quella a spine!
Si dovrebbe parlare del food, non di come fo%$£&e soldi ai finanziatori!
Spiace leggere appelli come quelli del Signor Davide Di Bernardo. Non sono competente per intervenire sui problemi della nostra agricoltura dalla Sicilia alla Val Padana grande produttrice di riso di ottima qualità. Ora importiamo riso dall'Asia. Recentemente ho visto limoni importati, venduti al consumatore a 3 euro/kg. Effetto della globalizzazione? Siamo cari per diversi motivi. Miei amici comprarono un televisore Autovox, convinti che fosse italiano; appena lo uscirono dallo scatolone, sorpresa: "Mamma, turcu e'! Made in Turchia". La globalizzazione, gestita a schifio, dopo aver distrutto in Italia il lavoro è l'industria, sta rovinando anche l'agricoltura? I rimedi decenti ed efficaci esistono per competere sul mercato italiano e globale: ridimensionare spropositati privilegi che, parlando in lire, per dirigenti pubblici regionali e nazionali sfiorano e superano il miliardo annuo di stipendio con relativa macroliquidazioni, ed eliminare sprechi e l'enorme spesa pubblica asociale e improduttiva. Passando dell'agricoltura al turismo, gli alberghi, i ristoranti, i negozi della Sicilia e del resto del Mezzogiorno, anche in inverno dovrebbero essere pieni di pensionati del Nord Europa e del Nord Italia; ma non si possono accogliere i turisti in mezzo alla munnizza panormita ed alla monnezza partenopea che, tra l'altro, ostruendo le feritoie dei tombini espone le citta' agli allagamenti in caso di forti piogge. Chi non rispetta il territorio, in cui vive, con rifiuti non ha diritto di piagnucolare per disoccupazione, cassa integrazione, lavoro nero.
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