di Sergio Potenzano - Il pensiero sul ‘lavoro’ mi porta inevitabilmente a ricordi lontani sempre vivi nella mia mente. Sono nato in quell’abitazione che fungeva anche da negozio "putia", quinto di otto figli.
Non so definire con certezza la data di inizio della mia vita lavorativa, ho mosso i primi passi in mezzo alle cassette di frutta e verdura, mio padre faceva il fruttivendolo e noi figli collaboravamo per mandare avanti l'attività. Con l’arrivo dell’ultimo dei miei fratelli, già stretti in quella casa, fummo costretti ad affittarne una poco distante.
In famiglia si doveva lavorare tutti per vivere, i miei fratelli, già maggiorenni, facevano i muratori, mentre le mie sorelle stavano a casa, perché le femmine non dovevano lavorare fuori, ma a casa a fare le casalinghe. Non posso dimenticare i sacrifici, il sudore, le sofferenze, che caratterizzavano la gestione del negozio. Io, già abituato alle fatiche quotidiane, a 5 anni cominciai ad accompagnare mio padre al mercato ortofrutticolo. Sorvegliavo la merce appena acquistata e sistemata nel cassone della famosa ‘Ape’ a tre ruote.
Ricordo che prima delle 5,00, papà, mi svegliava, e senza avere il tempo di fare colazione si andava; poi, casomai, verso le 7,00 un panino con la ‘frittola’ (frattaglie fritte, tipico cibo da strada palermitano), o, in alternativa, panino con le panelle, comprato al mercato di via Monte Pellegrino, e poi via, di nuovo verso la ‘putia’ per scaricare e sistemare la frutta, e aprire al pubblico.
Divenuto più grandicello i compiti cambiavano. Cercate d’immaginare cosa si prova d'inverno a sollevare fasci di carciofi e cardi bagnati dalla pioggia, e bagnarti di conseguenza dalla testa ai piedi prima di riporli nel cassone della "lapa", pungerti le mani e sentire il brivido dell'acqua fredda addosso, e poi non potersi asciugare o riscaldare, arrivare al negozio e scaricare la merce, riprovando le stesse sensazioni.
Ma il bello doveva ancora venire. Dopo aver frequentato le lezioni scolastiche, era mio compito lavare le patate, per poi bollirle e venderle al pubblico. Parliamo di 25 chili di patate, impiegavo circa due ore prima che fossero pulite per bene, e con gli schizzi mi bagnavo i vestiti, anche in pieno inverno, e soprattutto nel terrazzo a cielo aperto.
A 15 anni decisi di non continuare. Sentii il bisogno di evolvermi, di fare nuove esperienze, trovai lavoro presso un negozio di merceria all'ingrosso, in via Roma, a Palermo. E viste le mie braccia forzute mi diedero il compito di scaricare, assieme ad altri sfortunati, interi tir pieni di scatole di maglie e mutandoni invernali che pesavano in media 40 chili. Dovevo caricarli sulle spalle o in testa, attraversare piazza S. Anna (parecchie decine di metri), e salirli al primo piano di un deposito. Avete presente i lavori forzati? ci siamo quasi, a volte mi veniva da piangere per la stanchezza e per il dolore che provavo nel caricare sulle spalle questo peso, e tutto per la modicissima paga di 50 mila lire al mese. Un jeans, a quel tempo, ne costava 10 mila di vecchie lire.
A volte imploravo il Signore chiedendo cosa avessi mai fatto di male per soffrire così, ma malgrado ciò non ho mai mollato, perché ritenevo una fortuna lavorare e guadagnare.
Finalmente, un giorno, le mie suppliche vennero accolte. Seppi da mio padre che era possibile, iscrivendomi ad una cooperativa, lavorare come bidello nelle scuole superiori di Palermo. Lo feci e dopo qualche giorno cominciai per 150 mila lire al mese, avevo già vent'anni, e fare il bidello era una pacchia, abituato alle fatiche com’ero, lavare le aule era come bere un bicchiere d'acqua fresca.
Il problema nacque dopo qualche giorno, perché le aule le pulivo ‘troppo pulite’, con la forza che imprimevo veniva fuori una sbiancatura che impressionava. Ma quando il Preside chiese ai miei colleghi di fare altrettanto, la reazione fu pesante. Mi volevano quasi fare fuori, e, chiaramente, mi dissero che se volevo continuare e andare d'accordo con loro ‘dovevo’ diventare come loro, lavare i pavimenti senza troppa foga e con un secchio d'acqua a classe. Ho dovuto adeguarmi.
Questo per dire che i sacrifici e le fatiche mi hanno forgiato, e da allora ho sempre pensato che se Dio mi avesse dato dei figli avrei fatto l'impossibile per farli studiare. Non volevo che un giorno potessero essere costretti a fare i miei stessi sacrifici. E fino ad oggi ce l'ho fatta, i miei figli stanno per laurearsi, non posso fare e chiedere di più, gli sto fornendo le armi per lottare e avere un lavoro dignitoso, al resto ci penseranno loro.
Naturalmente questa non è tutta la mia storia, perché nonostante le difficoltà sono riuscito a diplomarmi, frequentando una scuola serale per 5 anni, e ho pure iniziato l'università. Non ce l'ho fatta a laurearmi, e da parecchi anni ormai lavoro in ufficio. Guardo in giro e penso al mio passato e vorrei tanto che i giovani avessero più grinta, e tanta voglia di fare.
Purtroppo ciò accade poco, e forse la responsabilità è tutta delle generazioni come la mia, che, per spirito di rivalsa con il passato e per un sentimento di eccessiva protezione ha fatto un grave errore. Quello di disabituarli ad ogni sacrificio, fornendo loro il necessario e anche di più, eliminando così ogni spinta e motivazione per agire e mettere in moto il cervello. Mio Padre diceva sempre questa frase, che mi è rimasta impressa "se un principio è forte, ogni desiderio viene a fine". Una grande lezione che ho tradotto così: se ti prefiggi un obiettivo, raggiungerlo dipende solo da te.
Sergio Potenzano
10 Settembre 2014
l'ho letto tutto di seguito e mi sono commossa. Che dire? Se ognuno di noi facesse il proprio dovere mettendoci anche un pizzico di AMORE forse il Mondo procederebbe meglio ......ma tu puoi dire:" Amore nel pulire i pavimenti di una scuola?" Sì "AMORE". Si può vivere tutto con AMORE. Quando a casa vedo troppo disordine dico ai miei familiari che "Non amano le proprie cose". QUANDO a SCUOLA vedo in classe poco rispetto per la pulizia che i collaboratori scolastici fanno oppure per i propri libri, quaderni, colori disseminati con noncuranza in giro per i pavimenti......dico ai miei ALUNNI che FORSE essi NON amano le proprie cose! VEDETE? Solo la BELLEZZA può salvarci dalla BRUTTURA già troppo evidente che ci circonda! Sì la BELLEZZA dell'AMORE per tutto ciò che ci ruota intorno:"Dalle persone alle cose"............io ci spero ancora
RispondiEliminaVolere è Potere....
RispondiEliminasig. Potenzano, ammirazione e complimenti per i suoi sforzi e per il percorso da Lei affrontato.
RispondiEliminaPurtuttavia credo che concausa del fare flaccido delle nuove generazioni sia dovuto proprio a quella mentalità "dell'adeguarsi", come lei dice di avere fatto , e disabituarli al sacrificio.
E' un 'pezzo' di letteratura. Complimenti. La cosa migliore che hai scritto e una tra le migliori pubblicate sul 'blog'. Complimenti davvero.
RispondiEliminaGrazie di cuore. Un abbraccio affettuoso.
EliminaQuesto articolo mi ha commosso. Mi ha fatto venire in mente la mia storia e quella dei miei fratelli e sorelle. Siamo rimasti orfani in 9 figli (sei maschi e tre sorelle). Mio padre è morto a 45 anni, mia Madre ne aveva 43. Eravamo mezzadri in Veneto (Conegliano). Io avevo 5 anni, mio fratello maggiore ne aveva 24. La nostra è stata una vita di sofferenza, di lavoro e di fame. Per farci mangiare, un mio fratello di 18 anni ha dovuto emigrare in Svizzera per tre anni, quando è tornato, è partito subito per l'Australia a tagliare canna da zucchero per altri sei anni. Noi lavoravamo la terra, e ogni sabato arrivava il fattore a controllare quanto latte mia madre ci aveva dato. Se la "resa" del formaggio non era quanto lui aveva previsto, diceva a mia madre: "Ai tuoi figli dai troppo latte, oppure ti rubi il formaggio". Soldi non ne vedevamo mai, e quando arrivava posta da mio fratello, attendevamo che mia madre aprisse la busta per verificare se dentro ci aveva messo qualche soldo. Il lavoro era fatica, ci alzavamo alle tre del mattino per andare nei campi...... ora basta, non scrivo più perchè mi commuovo, tra l'altro mi viene in mente il film "L'albero degli Zoccoli". Ecco più o meno, a nostra vita era quella che quel magnifico film descrive in modo mirabile. Ciao, sono commosso davvero.
RispondiEliminaBellissimo racconto!! Purtroppo concordo con l'errore di fondo che facciamo noi genitori! Questa cultura del " tutto e subito " ( ahimè purtroppo anche in campo affettivo ) ha tolto ai nostri ragazzi il gusto di assaporare la vita, il gusto dell'attesa nel quale maturare i propri sogni, le proprie aspettative e durante il quale canalizzare le energie positive...prego sempre il buon Dio che mi doni la grazia di riuscire ad educare in tal senso i miei bambini, affinché comprendano che la vita non va ingurgitata al solo fine di riempire la pancia, al contrario è necessario riscoprirne gli aromi, assaporarne il gusto, memorizzarne il sapore ...grazie x la splendida testimonianza!
RispondiEliminaArticolo toccante,ma mi trova in disaccordo sul punto che i giovani non si adeguino abbastanza,non si danno da fare......basta guardare ai call center,o alle grandi multinazionali tipo Amazon...........ridotti in schiavitu'...............
RispondiEliminaDavvero toccante ma sw ki permetti vorrei dire una cosa.La tua storia mi rattrista ma i rattrista di più il fatto che non è cambiato nulla..mentre il mondo si evolve.
RispondiEliminaLa storia dell'Italia la conosciamo tutti e quindi possiamo benissimamente dire che (almeno secondo il mio parere)siamo un popolo di ipocriti a cui piace guardare sulo il.proprio orticello.La politica di oggi è lo specchio dell'italiano medio..che ha paura di cambiare e quindi lascia a poche persone(per lo più incompetenti)di salvaguardarebil nostro futuro w dei nostri figli.Quindi secondo me ..solo quando si avrà il coraggio di cambiare sa la sù ni sentirò fiero di essere italiano..in qusto momento non lo sono!
Storia di una vita vissuta tra sofferenze e sacrifici .Queste lezioni di vita dovrebbero dare forza e ostinazione ad una società corrotta e impoverita da un lavoro fantasma che ci perseguita senza via di uscita, il lovoro nobilita l'uomo ma quando anche il più umile dei lavori non riesci a trovarlo finisce per umiliarti . La tua storia reale, bellissima spero sia da monito non per la gente comune , ma per coloro che si battono tra virgolette per creare posti di lavoro . La voglia di lavorare non manca , mancano le strutture e i fondi necessari per una vita semplice ma dignitosa . Continuiamo a lottare !!!!!!!
RispondiEliminaCome dice l'intellettuale Geraci, nonché illustre presidente di questo blog, il pezzo di Potenzano è letteratura. Naturalmente letteratura, da ascrivere al verismo il cui capostipite come tutti sanno fu il nostro Verga. Questa corrente letteraria narra i fatti nella loro crudezza, vita vissuta nella sua realtà, senza orpelli ne ricami fantasiosi. Nel mio caso, il racconto vero di Sergio, mi solleva delle risonanze emotive...in quanto essendo nato nel 51, ovvero prima del boom economico degli anni sessanta, i sacrifici inenarrabili testè menzionati, dal bravo amico, e vero cristiano, autore dell'articolo, si rispecchiano nelle condizioni di grave miseria in cui versava la Sicilia nel dopoguerra. Io potrei narrare la mia storia personale ed il lavoro dei "carusi", dove era normale a 7 anni, 0... 10 ed undici anni andare a lavorare a muratore e non essere in grado di sollevare "la cardarella" piena di impasto di calce e cemento, naturalmente a 11 anni dopo la 1° media nei mesi estivi da giugno a settembre, perché a quei tempi era normale che "i carusi" contribuissero alla sopravvivenza del gruppo familiare, specie se mancava il padre. Mi fermo qui per non scadere in storie lacrimevoli. In tutti casi caro Sergio mi sembra onesto intellettualmente, dire che si.. è vero... che abbiamo fatto sacrifici, ma abbiamo avuto anche opportunità, compreso l'ascensore sociale, la crescita economica e la politica, con sbocchi anche comodi, (regione, provincia, banche, ministeri etc.), tanto più comodi, se uno si faceva furbo e si buttava in politica, entrava in una consorteria, e tanto più si impegnava e portava voti (galoppini), tanto più era alto il dividendo del clientelismo ed il nepotismo del capocorrente di turno. Senza fare nomi un capo-commeso alla regione sicilia, guadagnava tra i 5 e 6 mila euro al mese con la terza media. Comunque voglio sorvolare su questi aspetti meschini della politica siciliana. Anche se è sempre bene ricordarlo, perché il molto che stato regalato e sperperato per i pochi, è stato a detrimento ed a danno dei molti. Mi sapresti dire caro Sergio quanti impiegati regionali, che occupano anche posti di rilievo e ben pagati hanno mai vinto un concorso ? CMQ io come tanti altri che non abbiamo avuto i privilegi della politica,( Sono stato avvicinato dalla DC dopo laurea), ci è stata data la possibilità di iscriverci all'università di massa con aiuto dello stato, presalario, casa dello studente. Pertanto la laurea non più privilegio per soli ricchi ma anche dei figli del popolo. Naturalmente questo discorso dei benefici politici, fruiti facilmente dalla generazione dei "padri", andrà a detrimento del futuro dei figli. E' con amarezza che dico questo perché essendo padre di 3 figli, noto che a questa generazione non sono stati dati...se non i privilegi goduti da parecchi, neanche le normali opportunità come un lavoro dignitoso o l'università, ritornata ad essere privilegio per i ricchi. Mi complimento con l'amico Sergio Potenzano, persona di specchiata onestà e dai grandi valori cristiani, per lo scritto gradevole, ma soprattutto vero e sincero.
RispondiEliminaIn Paradiso non si va in carrozza ma se poi, dopo essersi sacrificati ci devi andare a piedi o peggio non ci puoi arrivare, perché l'inferno ti ha tolto ogni speranza... allora è una tragedia. Questo articolo mi ha davvero commosso, perché ha dimostrato quanta abnegazione reciproca tra genitori e figli abbia consentito di fare dei piccoli passi verso mete più stabili, verso una vita non dico agevole ma dignitosa, decorosa. E di dignità e decoro questa famiglia ne ha avute da vendere, alla faccia dell'assenza di valori, di sentimenti, di altruismo che in una società come quella attuale, una società in cui mancano veri e saldi punti di riferimento, se pensiamo che chi dovrebbe fornire i giusti mezzi ai ragazzi, ai figli, oggi, è egli stesso un disoccupato, un operaio in cassa integrazione, un infelice che non arriva alla fine del mese... figuriamoci se può garantire un futuro ai figli e figuriamoci cosa possono apprendere i figli, a meno che non siano figli di politici e pezzi grossi che non hanno motivo di trovare strumenti, perché sono i loro influenti papà che gli fanno trovare il lavoro. Ma in questo articolo, si parla di altro... si parla di un giovane che sentiva, perché l'aveva, l'autorità del padre e i suoi sacrifici per tenere a galla una famiglia numerosa, riconosceva l'autorità e la rispettava e capiva i sacrifici e lottava insieme alla famiglia per andare avanti... tutti insieme... mai una lamentela, mai un'accusa, mai un'imprecazione in nome della consapevolezza che si è tutti in una barca e se la barca andasse a fondo... tutti ci andrebbero e che se qualcuno si salvasse sicuramente aiuterebbe gli altri. Che esempio di maturità, generosità, dignità, coraggio, volontà, desiderio di andare avanti con le proprie forze, una famiglia, piena di valori che consente oggi a questo figlio diventato padre di voltarsi indietro padre e con orgoglio dire... sono riuscito a salvare la barca dal naufragio... tutto merito mio e senza l'aiuto di nessuno. Ma quale tipo di paragone possiamo fare con la società di oggi dove la crisi, l'assenza di valori che si sono persi per strada, l'apatia di chi vuole la pappa in bocca, l'assenza di saldi punti di riferimento nella società, nelle famiglie, nella politica tutta bla bla bla... tutto fumo e niente arrosto, toglie a tutti la speranza di un qualsiasi tipo di futuro... ci vorrebbe il coraggio, la volontà, il sacrificio, il desiderio di rivalsa... ci vorrebbe ma non c'è... queste cose se le è portate via la storia attuale... ai posteri l'ardua sentenza, complimenti, signor Potenzano.
RispondiEliminaChe storia di vota sofferta davvero encomiabile questa persona che ha lavorato così tanto per potere avere la possibilità di vivere. Non so se la mia generazione perché penso s questa persona come coetanea per riscattarsi dai sacrifici passati ha dato ai figli gli strumenti per studiare e anche per evitare che facessero in duro lavoro. Mio marito ed io tutto sommato non abbiamo faticato per vivere lui benestante viene dalla borghesia calabrese io troppo delicata per fare qualsiasi sforzo e quindi abituata a non fare quasi nulla. Malgrado questo ho insegnato ai miei figli ad apprezzare ogni cosa e soprattutto ho sviluppato la loro volontà. Loro pur essendo abituati ad avere tutto oggi sono degli adulti che affrontano ogni tipo di sacrificio perché anche se lavorano la vita è difficile. Comunque finisco il mio commento per dire qualcosa che è un pensiero costante. La famiglia che hanno avuto i nostri politici hanno educato i figli all'onesta' e alla capacità di evitare la menzogna!? Mi sembra che tanti troppi manchino di questi valori e perciò come possono i giovani di oggi avere degli esempi da seguire. Solo la propria volontà non basta se nessuno fornisce i mezzi per potersi guadagnare da vivere. Oltre ai buoni esempi famigliari ci vogliono le politiche serie per poter mettere a frutto le capacità.
RispondiEliminaComplimenti al signor Potenzano!
RispondiEliminaIl lavoro, massima dignità dell'uomo, non è qualcosa che cade dal cielo, a molti è stato offerto in un piatto d'argento, molti altri l'hanno ereditato dai padri, altri ancora se lo sono inventati.
Io sono figlio di uno zappatore che non si è mai vergognato del suo stato, ha faticato senza tregua sorridendo sempre e non disperandosi mai. Non voglio raccontare un'altra storia, ma ricordo le frasi del mio bisnonno: - "Non c'è differenza alcuna tra uno spazzino e un capo di stato, se si impegnano ambedue nel loro lavoro, rendono parimenti un servizio alla collettività e sono ambedue onorevoli!" Poi ammoniva: - "Anche se potete, non fate crescere i vostri figli nell'erba alta!" - Devi sempre cercare di migliorare il tuo status, ma se cominci un lavoro, portalo sempre a termine, ricorda, non esiste una donna mezza incinta!"
I tempi son diventati difficili, i lavori che facevamo dieci lustri addietro, li abbiamo relegati agli extra comunitari, ma i genitori non vivono all'infinito e neppure i nonni, spesso le loro pensioni non bastano! Negli anni '50 ci siamo sbracciati e, usciti da una guerra disastrosa, abbiamo ricostruito questa Nazione, ognuno con il proprio generoso apporto. La guerra ancora in atto, che ci sta riportando indietro nel tempo, non è per nulla finita, siamo ridiventati poveri! Bisognerà rimboccarsi le maniche e..... ricominciare!!!
Complimentarsi sentendo un groppo in gola per la storia raccontata dal bravissimo Sergio Potenzano è poco... La semplicità e la chiarezza, insieme a tutta l'umanità del suo dire, non lasciano altro spazio alle tiepide riflessioni di tutti noi, genitori e figli, di questa generazione provata e impossibilitata ad arrivare ai cambiamenti, anche all'interno della famiglia, laddove i "valori" tanto sbandierati non riescono a colmarne le carenze! Non sto qui ad esporre concetti e aspettative che sono nella mente e nell'animo di tutti, mi piace invece applaudire e rimanere ammirata per la concreta saggezza che si legge nell'esposizione del nostro amico Potenzano, il quale non si lascia andare a pietismi o accuse inutili, concludendo con il significativo e saggio suggerimento del genitore "se ti prefiggi un obiettivo, raggiungerlo dipende da te!". A tutti noi, genitori e figli, spetta il compito di avere e costruire obiettivi sani e validi, per non morire di un male quasi incurabile: l'Inedia!
RispondiEliminaLeggendo queste "confessioni" viene spontaneo un pensiero: la vita ce la regalano o ce la dobbiamo sudare tutta? La risposta sta nella sincerità insita nelle parole dell'Autore che ci racconta una storia che non soltanto sua ma è quella di ogni uomo che dal momento stesso in cui il Creatore, offeso dalla disobbedienza di Adamo ed Eva, disse ad Adamo: "Ora, da questo momento, dovrai ghuadagnarti il pane con il sudore della tua fronte. Ti avevo dato la possibilità di vivere senza pensieri e tu l'hai rifiutata perciò ora se vuoi avere una dignità e un posto utile nella comunità devi guadagnartelo" .E l'Autore, anche sotto la saggia pressione del genitore, se l'è guadagnato e lo ha reso utile ai propri simili. Gli è costato tanto sudore ma ne esce con la "dignità" del vincitore della vita, la sua e quella dei suoi figli che, certamente, gli sapranno dare merito ancora più alto imitandolo nella volontà di essere capaci di stare "al sole" e a testa alta. Nel contempo un'ombra si infiltra e rischia di vanificare gli sforzi del protagomnista: i suoi colleghi quasi lo minacciano perché lavora troppo bene.Non è capitato solo a lui. Mi fa venire in mente di quando anche io cominciai a lavorare, in altre condizioni sia ben chiaro, e, senza ora volermi incensare da solo, ce la misi tutta perchè il mio lavoro, che era di assistenza agli emigranti, fosse utile a quelle persone, le aiutasse nel dolore del distacco dalla loro famiglia e casa per la loro "avventura" di riscatto e di conquista di quella, appunto, "dignità" data dal lavoro che, per le condizioni avverse non potevano avere in Patria. La mia passione ebbe un premio perché ottenni subito una promozione ma principalmente mi riempì il cuore la grande fiducia che seppi ispirare in chi mi doveva giudicare, ebbene, ci fu chi andò a reclamare perché avevo avuto il riconoscimento.Sergio è l'esempio vivente che con la volontà si sfonda ogni porta e si arriva là dove sembrava impossibile arrivare ma principalmente si arriva a farsi rispettare da chi comprende l'impegno e la fatica che costa, appunto, arrivare.Ma principalmente quel rispetto viene a darci la sicurezza che solo la dignità prodotta dal dovere di essere utili alla comunità, e Sergio lo è stato principalmente quando puliva a specchio quei pavimenti che poi gli fu consigliato di lasciar più sporchi perchè in quell'attenzione esisteva da parte del nostro Amico la sostanza della vera dignità che viene dall'essere principalmente e com pletamente utili al nostro prossimo. Purtroppo per l'umanità, non tutti hanno la volontà di Sergio ed è perciò che alle volte ci si imbatte nei "parassiti sociali", E' anche vero però, ed è questo un errore ancora più criminale, chi dovrebbe aiutare la manifestazione di certi impegni li soffoca nell'egoismo negando al prossimo la possibilità di manifestarli concretamente ed è in tal modo che si attenta alla "dignità" del debole!
RispondiEliminaIl desiderio di rivalsa da una situazione senza futuro e da una famiglia che doveva sacrificarsi tantissimo, può portare a degni obiettivi lavorativi. Bella la storia e, come tante storie similari, scrivo che la ferrea volontà fa miracoli!
RispondiEliminaHo letto con particolare attenzione il racconto autobiografico di Sergio Potenzano. Devo ammettere, che mi ha colpito la solarità delle sue parole, spesso intrise di nostalgici ricordi di giorni in cui ha fatto scuola di vita. Il Potenzano descrive con orgoglio quei difficili anni della sua vita, sicura fucina di quello che poi è stato il suo futuro. Qualche scrittore dell’antica Roma avrebbe sentenziato: PER ASPERA AD ASTRA, sillogismo in cui anch’io ho sempre creduto per l’esperienza della vita passata. Sì, mi ritrovo in perfetta misura negli abiti di Sergio. Anch’io vissuto in piena povertà ed ultimo di una famiglia di 10 figli. Ho conosciuto restrizioni di vario genere, anche per aver perso la mamma in età giovane. Caro Sergio, consentimi questa confidenza nei tuoi confronti, dobbiamo essere fieri di quegli anni, ed ora, guardandoci indietro, dovremmo sentirci dei piccoli eroi per aver saputo combattere con l’invincibile arma del sacrificio. Ripetiamo insieme la frase latina ma questa volta per intera: PER ASPERA SIC ITUR AD ASTRA… Alle stelle si giunge solo attraverso una strada impervia!!!!!
RispondiEliminaCiao Giangiuseppe, che dirti? E' un ottimo articolo e, per certi versi, cambiando gli articoli della tabella merciologica, ricalca appieno quella che è stata la mia vita, almeno nel periodo di riferimento dell'articolo. Penso che rispecchia anche la vita di molti della nostra età, perchè allora si lavorava e ci si adeguava a qualsiasi titpo di lavoro. Non esisteva la classica frase: papà dammi i soldi per... Infine, condivido pienamente la il pensiero nella chiusura dell'articolo.
RispondiEliminaUna generazione in via d'estinzione. Ho letto con molto interesse l'articolo proposto dal signor Sergio Potenzano ed anch'egli come me e tanti altri fa parte di quella generazione del passato. A noi è stato negato tutto, il no era la parola d'ordine il si era come vincere all'otto. Io essendo donna ancora peggio. Le nostre storie si accomunano perchè abbiamo molte cose simili. Purtroppo i troppi sacrifici e la nostra vita di stenti ci ha rabbonito il cuore, il troppo amore per i nostri figli ha fatto il resto. Ci troviamo una massa di giovani incapaci di vivere con poco, li abbiamo educati al consumismo ad avere tutto senza fare nulla, ci siamo sempri ripetuti: mio figlio deve avere una vita migliore della mia, non deve fare gli sessi sacrifici, così pensando e facendo, abbiamo educato i nostri figli con caratteri fragili. Difronte agli ostacoli pochi giovani resistono, i più si rifuggiano in vite che definisco chimere, ragazzi prigionieri di sogni fatti di super eroi, di star dello spettacolo, di lavori che producono soldi con facilità. Ogni tanto la sera esco e rientrando vedo ragazzi davanti a locali con la bottiglietta in mano bevono, ridono si divertono, incuranti dell'ora tarda, mi chiedo ma i genitori come riescono a dormire con il loro figli fuori casa? Prima avevamo il copri fuoco guai a rientrare con 5 minuti di ritardo. Penso che noi abbiamo diverse colpe se la società è quella che abbiamo oggi. Un giorno un tizio mi racconto' che il figlio appena diplomato raggioniere aveva trovato lavoro presso uno studio ma siccome gli davano troppo poco preferiva tenersi il figlio a casa. Questo episodio mi fece tornare in mente quando mio padre e mia madre a 9 anni mi mandarono dalla Signora Marù ad imparare a fare il buchino e il punto a quattro ( bordure che si facevano nel corredo della sposa). I miei genitori non solo ringraziarono la signora ma ne furono riconoscenti per tutta la vita perchè, quando tornavo da scuola avevo la possibilità di imparare un mestiere. A 13 anni già ricamavo e guadagnavo tredici mila lire al mese, riuscivo a ricamare un lenzuolo matrimoniale e le due federe dei cuscini. Oggi, mi chiedo: se un ragazzo o una ragazza a 18 anni finiscono la scuola dell'obbligo e non vogliono proseguire gli studi, che mestiere possono fare? Un'altra cosa che penso spesso, sono le parole di mia madre la quale mi dice sempre: siete tutti dannati perchè volete case belle, la macchina, soldi in banca, vacanze e casa divilleggiatura ma con il lavoro che fate non potete avere questo tenore di vita così vivete sempre dannati correndo dietro a ciò che non potete avere. Mio padre a sua volta diceva: se hai davanti a te 10 piatti di pasta sempre un piatto ne puoi mangiare e se hai 10 vestiti non ti puoi mettere un vestito sopra l'altro, sempre uno ne devi indossare.Tutto questo fa capire che purtroppo non viviamo sereni e non siamo ingrado di insegnare ai figli a vivere in mezzo alla giungla non li educhiamo alla vita, non sono preparati a fare sacrifici e purtroppo la fuori sono soli, non possiamo proteggerli sempre.
RispondiEliminaBellissima storia.Sergio si è fatto avanti senza avere nessun aiutoed ha vinto per lui e per i suoi figli!!!Quante volte ho sentito il generico slogan dei fallimenti"E' colpa della società"Non ho mai capito che vuol dire.Sergio non ha avuto niente!!Direi che ha avuto tolto tanto alla sua infanzia e invece di piangersi addosso ne ha tratto motivo di riscatto sociale.dalla sua esperienza di vita ne esce fuori uno spaccato di una società non certo esemplare.Fannulloni che lo contestano perchè s'impegna troppo a pulire con troppa foga(verissimo)La vita delle donne relegate a casa ,a cui spesso,in certe realtà disagiate, non viene data nessuna possibilità di emergere.Sergio ha vinto ce l'ha fatta contro tanti figli di papà(non tutti naturalmente)smaniosi solo di chiedere,avere e di vita comoda.
RispondiEliminaSpesso il lavoro è stato svolto solo per necessità, non certo per il piacere di lavorare, soprattutto se, per lavoro, si intende quello che, in modio splendido, racconta Sergio Potenzano, quando già i bambini erano avviati alla attività lavorativa, per necessità famigliare.
RispondiEliminaTanti, come lui, hanno poi progredito, adagio, ma hanno studiato……non sempre una laurea è indispensabile, sono riusciti a alzare la testa, è una cosa che fa loro onore e, a noi piacere leggere,
E’ bellissima la parte del lavorare a scuola, pulire la scuola, quella scuola che, oggi, viene considerata alla stregua di una mucca da mungere, togliendole risorse su risorse, quasi, senza quasi, voler riportare i giovani alle “classi sociali” quando: il figlio del medico faceva il medico, il figlio del notaio, il notaio…il figlio dell’operaio, il…dipendente a tempo determinato.
Certo è che . si stanno riprendendo parecchi lavori artigianali, e molto spesso si sente parlare di persone disposte a lasciare la città per ritornare in campagna aprendo agriturismi, lavorando nella pastorizia e nell’agricoltura. Forse dando la giusta importanza ad alcuni mestieri antichi si potrà ritornare ad avere più posti di lavoro e più possibilità di scelta lavorativa.
Sono scelte di vita che vanno ammirate…..così come va ammirato chi ha scritto questo commovente articolo. Grazie sig. Sergio Potenzano, per avercene messi a parte.
E' una significativa testimonianza di tentativo di riscatto sociale ma da relazionare ad un'altra generazione, in un momento temporale diverso da quello attuale, dove un titolo di studio non garantisce la possibilità per i giovani di camminare sulle proprie gambe, almeno rimanendo all'interno del paese Italia. Emigrando all'estero le cose cambiano, ma ci sono sempre sforzi da affrontare per ambientarsi ed un paese straniero non ti mette certo il tappeto rosso!
RispondiEliminaCaro Sergio... credo che ti chiami cosi, altri tempi con persone che non avevano paura di lavorare. Io ho iniziato a 11 anni a guadagnarmi i miei soldini visto che ero golosona e mi piacevano i dolci mi sono data da fare. I miei non potevano pagare i miei sfizi e cosi ho iniziato ad andare a fare la spesa per tutte le persone anziane della strada e poi andavo a portare i giornali a casa della gente. Cosi mi sono ritrovata sempre con qualche spicciolo in tasca per i miei dolcetti. A partire da 15 anni sono andata a lavorare a fare la parrucchiera e lavoravo cosi tanto che guadagnavo più di mio padre in miniera. Una bella storia la tua che spero possa servire da esempio per i giovani.
RispondiEliminaLeggere, immedesimarsi, in questa vicenda vissuta con dignità, coraggio e forza, dettati da un bisogno di sopravvivenza, toccano nel profondo, commuovono e fanno riflettere. I tempi sono cambiati, non si concepiscono più i sacrifici inumani, fatti da una generazione, che ha costruito la parte sana di questo paese, dove si lavorava con un senso di umiltà e rispetto. Quei pochi spiccioli, guadagnati con fatica, gratificavano e davano quella grinta dignitosa a migliorare, ed andare avanti. ERA LAVORO!!!.Rispetto e complimenti a questo scorcio di vita del Signor Provenzano. Vorrei che il Presidente del Consiglio Renzi, leggesse questo percorso dignitoso, e ne traesse esempio, nel confrontarsi ai tavoli con i lavoratori.
RispondiEliminaSergio Potenzano con il suo bellissimo articolo offre la possibilità di avviare riflessioni interessanti.
RispondiEliminaIntanto avendo io una decina di anni in più di sergio, mi sentirei di dire che quello che lui ha vissuto e che racconta non rappresenta una eccezione nell'Italia dei nostri padri ma una regola.
Ricordo con quanta dignità e decoro gli Italiani vivevano la loro oggettiva povertà, di contro vedo come tutto questo non esista più, oggi assisto ad una lamentazione pressocchè totale di un popolo di consumatori che non riuscendo a sostenere il loro folle tenore di vita si sente impazzire.
Comunque, non mi dilungo in ragionamenti che aumenterebbero il mio senso di solitudine, chiudo con un abbraccio al mio amico e collega per avere scritto un bel racconto..
Bellissimo racconto, simile alla mia esperienza di ragazzino. Mio padre gestiva una tabaccheria (nel retro tabaccheria c'era la nostra abitazione), la cui licenza era di un cugino di mamma. Allora le tabaccherie potevano stare aperte tutto il giorno. Nel pomeriggio, papa' faceva la pennichella, mamma le faccende domestiche, io mi mettevo al banco per vendere le sigarette e contemporaneamente facevo i compiti scolastici orali non impegnativi, come storia, geografia, ecc. Queste due esperienze simili mi confermano, nel loro piccolo, che non occorrono riforme per il risorgimento economico ed occupazionale ma qualche giusta controriforma per tornare all'Italia che realizzo' il miracolo economico degli anni sessanta post disastro della maledetta seconda guerra mondiale, pur con i dollari del Piano Marshall e tra immani difficolta' interne ed internazionali. Oggi non ci sono dollari che possano aiutarci, ma un altro miracolo economico e' possibile ed urgente nonostante la globalizzazione, l'euro o la lira se venisse reintrodotta. Ma bisogna eliminare la spesa pubblica asociale ed improduttiva e ridimensionare certi spropositati privilegi, non pochi dei quali immeritati.
RispondiEliminaHo letto le parole del signor Sergio Ponzano, ma anche quelle del signor Mario Botteon e le sensazioni non sono state gradevoli. Per mia fortuna non ho vissuto di quelle esperienze, ma ricordo la miseria che attanagliava parecchie zone della nostra Palermo nei primi degli anni 60. Abitavamo in un complesso edilizio che sovrastava delle case popolari e da lì si riusciva a cogliere quale fosse il vero volto degli stenti, specialmente in inverno. Oggi, ancora non è possibile fare un reale paragone, ma ahimè è solo questione di tempo. Si, solo questione di tempo. Abbiamo vanificato il sangue, le privazioni, le sofferenze e le rinunce dei padri dei nostri nonni e delle generazioni immediatamente a seguire. Una classe politica corrotta ed inadeguata ha minato le fondamenta del vivere sociale seminando effimeri privilegi per realizzare astio e rancore che ci mettono l’uno contro l’altro, realizzando così il vero proposito di latina memoria "dividi et impera". Non abbiamo un futuro, o meglio non avremo quel futuro che eravamo abituati a pensare. Anche i nostri figli, con molta probabilità, non avranno quel futuro che ognuno di noi ha auspicato o sognato per loro, quantomeno qui, nella nostra terra. L'unica possibilità che oggi vedo come unica via di salvezza è quella di liberarci immediatamente di questa classe dirigente fatta di banditi ed utili idioti. Hanno depredato in maniera scientifica il paese ci hanno impoveriti ed in più ci hanno caricato di una mole di debiti che non potrà consentire alle più prossime delle generazioni future, di conoscere quegli agi a cui noi eravamo stati abituati. In ultimo, gli indegni si sono scoperti missionari (interessati), ma anche guerrafondai. Siamo presenti in tutti gli scenari di guerra attivi per il mondo, ora per fare da pacieri ora per supportare le ragioni di popoli che non conosciamo e che non ci appartengono. E tanto per non farci mancare nulla, pur nell’evidenza che gli stenti e le ristrettezze hanno preso il sopravvento, continuiamo a raccogliere uomini e donne provenienti da ogni dove senza di questi nulla conoscere e senza di questi nulla sapere. Queste nostre tanto onorevoli bestie non hanno forse mai sentito parlare di corsi e ricorsi storici? Ebbene dalle dimensioni del fenomeno, questo sembra avere, non più le caratteristiche di una momentanea e contingente migrazione come lo può essere quella del popolo siriano, ma di una ben studiata invasione. Specialmente noi, qui in Sicilia, ripercorrendo sulla nostra storia, abbiamo tante testimonianze che ci indicano come intorno all’anno 800 d.C. prese corpo l’invasione da parte dei Kalbiti, dinastia islamica sciita, che governò la Sicilia tra la prima metà del 900 ed il 1040 d.C. Certo la storia ci dice pure che la nostra terra conobbe un periodo di grande splendore e progresso, ma era un'altra epoca altri tempi. Oggi le uniche testimonianze di questa rinnovata civiltà sono le decapitazioni, il genocidio e lo scempio delle donne. Bisogna agire, senza ulteriore indugio. Bisogna agire ora, non c’è più tempo non abbiamo più tempo.
RispondiEliminaSono rimasta sbalordita dalla grande forza di volontà, spirito di sacrificio, voglia di elevarsi socialmente e culturalmente, dell'amico Potenzano che lo hanno portato a fare un grande salto di qualità, dalla "putia", dove, con grande amore e rispetto, lavorava col suo grande papà, e lo ha forgiato ai sacrifici... alla presa di coscienza dell'importanza della cultura.
RispondiEliminaGrandiosa la descrizione del lavoro, fin falla tenera età di 5 anni fino al suo riscatto sociale e culturale, pieno e raggiunto quasi con rabbia verso coloro i quali, quando lavorava da bidello, gli rimproveravano il senso del dovere e l'impegno che ci metteva! Bravo, mio carissimo amico. Raro e prezioso esempio di rettitudine, assolutamente da seguire e da imitare.
Mi piace molto il messaggio che l'autore rivolge ai giovani. Quasi un appello per un maggiore impegno e qualche sacrificio, perchè con la forza di volontà è possibile raggiungere certi traguardi. Purtroppo i tempi sono difficili, ma ricordando i tempi passati, come quelli che ci narra Potenzano, forse c'è ancora speranza.
RispondiEliminaUn racconto emozionante che fa capire cosa significa vivere una vita di sacrifici dove tutto quello che hai devi conquistarlo giorno dopo giorno... probabilmente nelle sue stesse condizioni non avrei avuto la stessa forza di volontà ed il suo coraggio ad andare avanti nella vita... anche per questo la mia ammirazione e veramente grande.
RispondiElimina"La mia emigrazione". Temino svolto nel 1976, in Svizzera, durante il corso serale di terza media.
RispondiEliminaNato nel 1935 in uno squallido paese del sud: 10.000 abitanti, 30 copie di giornale venduti, una ventina di alberelli maltrattati sulla via principale, una sala cinematografica. Passo l'infanzia sotto il fascismo con stenti di ogni genere: scarpe di legno, pochi vestiti e il problema dell'alimentazione. E' il periodo degli slogan fascisti. "VINCERE" "MARE NOSTRUM" "MEGLIO VIVERE UN GIORNO DA LEONI CHE 100 ANNI DA PECORA" . Intanto io sono un agnellino affamato. Con sacrificio dei genitori, quarto di quattro figli, frequento le scuole elementari con successo, mancano i soldi per continuare gli studi in città e imparo a fare il calzolaio. Il mestiere non mi piace comunque continuo svogliato fino all'età del servizio militare. Durante questo periodo il mio pensiero è sempre rivolto al futuro e mi domando cosa farò dopo. 1958: il servizio militare è finito. Non ho voglia di riprendere il mestiere imparato e faccio il galoppino a un piccolo notabile della DC locale. Spero nel "POSTO", aspetto inutilmente qualche anno, quindi nell'agosto del 1960 decido di emigrare. In Svizzere ci sono tanti compaesani e mi aiuteranno. I genitori mi danno 40.000 lire presi in prestito dagli usurai locali con salatissimi interessi. Arrivo a Zurigo e cambio quanto mi è rimasto, l’impiegato mi dà 40 franchi, nota che sono un nuovo arrivato, e, in perfetto italiano mi dice: "pochine eh". Tramite un amico trovo subito lavoro alla BBC di Baden come conduttore di carrelli elevatori. Mi sembra di essere arrivato in un altro mondo. Non c'è stato bisogno di raccomandazioni e vengo pagato regolarmente ogni 15 giorni. Non ho una coscienza sindacale e penso che il padrone è un benefattore, mi dà lavoro e quindi mi fa vivere. Eppoi qui è tutto così bello, pulito, ordinato, curato, con paesaggi da cartolina illustrata. 1976, lavoro sempre alla BBC di Baden con la qualifica "vorarbeiter" cioè caposquadra in un reparto di fresatori. Ho una coscienza sindacale, il padrone è diventato il datore di lavoro. Non lo trovo più un benefattore, ma uno che fa i suoi interessi. Vivo economicamente bene, ma non sono contento del sistema. Lo trovo ingiusto e squilibrato. Spero e faccio quanto mi è possibile per cambiarlo.
Bel racconto di una grande esperienza di vita, prima che lavorativa. Complimenti!!! Di esperienze simili, o esattamente come questa, ai miei tempi, ce n'erano tante, fra i figli della povera gente. Io ne ho fatta una simile: mio padre, operaio edile, e mia madre, ricamatrice, mi hanno inculcato il senso del sacrificio e della forza volontà, come condizioni fondamentali per poter raggiungere un risultato positivo, all'insegna del " prima vene il dovere e poi il piacere.
RispondiEliminaCaro Sergio ; "Chapeau".
RispondiEliminaHai scritto qualcosa di eccezionale, nel vero senso della parola. Qualcosa che è proprio una "eccezione" rispetto alla "normalità" di tante, forse troppe, cose che pensiamo e diciamo ogni giorno.
La sobrietà delle parole e dei concetti che hai usato per descrivere la tua storia, al pari della "sostanza" umana che le pervade, non hanno bisogno di commenti, ma solo di plaudente approvazione.
Ma dobbiamo dirti anche grazie, perchè, poichè i partecipanti a questo blog siamo in gran parte figli degli anni '50 e dintorni, hai rimandato ciascuno di noi ai ricordi della propria infanzia e giovinezza, "costringendoci" a parlare delle nostre comuni radici fatte di valori, sacrifici, lotte e riscatti.
Insomma, parlando del tuo passato e del tuo presente, ci hai messo con le "spalle al muro", ci hai forzato ad aprire il prezioso "scrigno" del nostro passato per guardare al nostro presente ed ai nostri figli..
E' così che ci hai fatto capire che "non è finita". Il futuro ci obbliga a riprendere la pratica di quello stile di vita, e questa volta per noi ma chi ci sopravviverà.
Grazie.
Oggi se non conoscessimo il periodo del racconto verità del sig. Potenzano si rischierebbe che sia interpretato come sfruttamento del lavoro giovanile anziché un modello di vita familiare molto diffuso nella nostra Sicilia. Nell’ambito familiare nessuno era escluso a partecipare al lavoro familiare e molti dovevano sudare per un pezzo di pane. Molti tra cui l’autore hanno compreso che tutte le difficoltà sono un’opportunità per migliorare le proprie condizioni.
RispondiEliminaBravo! Bravissimo ! Ho poco da aggiungere. 35 anni orsono arrivai nel profondo Nord. A mezzogiorno avevo finito quello che gli altri finivano alle 16.00 ! Ho dovuto adeguarmi anch'io. ma io sono convinto che la vita, impietosa com'è, insegnerà ai nostri figli che dovranno bere oppure affogheranno, e peggio di noi. Anche io credo di avere commesso gli stessi errori, identici. ma resto convinto che non sempre soffrire insegni qualcosa, anzi se non vi è un chiaro, chiarissimo obiettivo non serve a nulla. quindi, se errore ho commesso, è stato quello di non averli spinti a volere . Auguri a tutti.
RispondiEliminaDesidero ringraziarvi tutti per la vostra comprensione e solidarietà nei miei confronti, ho scritto queste poche, ma significative, pagine della mia vita solo perché desideravo esternare questi scorci del mio passato che hanno forgiato la mia personalità.
RispondiEliminaOggi, padre di due meravigliosi figli, marito di una meravigliosa e unica donna, con la quale ho condiviso 30 meravigliosi anni di matrimonio, ringrazio il Signore che per la mia vita piena di stenti e sofferenze mi ha donato 1000 volte di più di quanto avrei meritato.