di Giangiuseppe Gattuso - La questione province in Sicilia è l’emblema di una politica superficiale, raffazzonata, e demagogica. Che disconosce la storia e la specialità della Regione e del suo Statuto.
L’Art. 15, infatti, aveva sancito la loro abolizione già nel 1948: “le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi... L'ordinamento degli enti locali si basa sui comuni e sui liberi consorzi comunali... Spetta alla regione la legislazione esclusiva in materia di ordinamento e controllo degli enti locali”. L’Art. 16, invece, fissava una scadenza per l’attuazione: l'ordinamento amministrativo “sarà regolato sulla base dei principi stabiliti dalla I (prima…!) Assemblea regionale”.
Sono passati, tuttavia, 38 anni per approvare quelle norme previste dallo Statuto speciale. E in questo intervallo di tempo, le province, hanno avuto una vita travagliata, gestite da amministrazioni straordinarie, con compiti ridotti e sempre in attesa dell’istituzione dei liberi consorzi. Che si concretizzò nel 1986, con la legge regionale 6 marzo 1986 n. 9. (art. 3) “L'amministrazione locale territoriale nella Regione Siciliana è articolata, ai sensi dell'art. 15 dello Statuto regionale, in comuni ed in liberi consorzi di comuni denominati - province regionali -”.
Un problema istituzionale, quindi, risolto in maniera compiuta, anche se con enorme ritardo. E qualche limite. La legge 9/86, infatti, prevedeva il decentramento di importanti funzioni amministrative, ma parte di queste rimasero lettera morta. Come le "città metropolitane", mai attuate. I partiti, nessuno escluso, hanno voluto mantenere fette di "potere" nelle mani della burocrazia e del governo regionale.
Iniziò comunque una nuova stagione per la Provincia, che si vide attribuiti compiti definiti, funzioni amministrative e competenze. L’elezione, infine, a suffragio popolare del suo presidente, previsto dalla l.r. 01/09/1993 n. 26, consacrò la Provincia Regionale in Sicilia, in quanto ente intermedio tra Comuni e Regione, investita di pari dignità istituzionale e politica. Ma andiamo ad oggi.
Le politiche nazionali sulla spending review del 2011 hanno dato forte impulso alle tendenze, da tempo sottotraccia, per una riforma che prevedesse la scomparsa delle province. Ritenendole, a torto o a ragione, un centro di spesa sproporzionato ai benefici e ai servizi gestiti. Un livello di governo non più sostenibile.
In Sicilia è andata peggio. Raffaele Lombardo, proficuo presidente della provincia di Catania per un quinquennio, durante la sua permanenza a Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione, iniziò una personale battaglia, forse spinto da sentimenti di “vendetta politica”, per il “ritorno” ai "liberi consorzi di comuni". E cioè al 1948. Un controsenso storico.
Il governo Crocetta, a marzo di quest’anno, con la legge n. 7 del 27 marzo, da corpo al disegno di Lombardo. “Entro il 31 dicembre 2013 la Regione, in attuazione dell’articolo 15 dello Statuto speciale, disciplina l’istituzione dei liberi Consorzi comunali per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province regionali”. Due soli articoli per cancellare un pezzo di storia e stabilire che i futuri organi di governo dei liberi Consorzi comunali saranno eletti con sistema indiretto di secondo grado. Via presidenti, assessori e consigli e nomina di commissari straordinari.
Le responsabilità della classe politica che ha governato le province, negli ultimi 5 anni, è enorme. Incapace di difenderne il ruolo, con la sua insipienza e sudditanza, ha consentito il meritato suicidio politico. Così come sono responsabili tutti quei parlamentari che non hanno voluto e saputo contrastare questo scempio istituzionale.
La Regione siciliana, questa regione (il cui sito internet è un evidente esempio negativo), dovrà disciplinare, entro il prossimo 31 dicembre 2013, compiti e funzioni dei liberi consorzi di comuni e delle città metropolitane. Risolvere la delicatissima questione del personale e delle risorse economiche, riorganizzare e riordinare la presenza di queste nuove realtà amministrative locali armonizzandole con tutto il resto. Esageratamente ottimistica la data per l’approvazione della legge di riforma.
Un’operazione di pura demagogia. Un risultato, in atto, risibile. Un danno certo.
Si poteva, invece, evitando proclami e prese di posizione affrettate, riconsiderare ipotesi più conducenti e serie. Spiegare all’opinione pubblica e ai media nazionali che in Sicilia le province, ai sensi dell’art. 3 della lr 9/86, sono “liberi consorzi di comuni”, che il legislatore volle denominare "province regionali". E che, per ridurne i costi di gestione e migliorare funzioni e competenze, si sarebbe potuto approvare facilmente una norma per azzerare i compensi degli organi di governo, prevedendo il rimborso delle spese effettivamente sostenute.
In fondo, tutti riconoscono, le province siciliane sono stati fino a ieri enti ben strutturati sul territorio, con buone capacità d'intervento, competenze amministrative e gestionali, e con bilanci, almeno fin quando non si è messo mano a questa sbagliata pseudo riforma, sostanzialmente in regola.
Il “nuovo”, adesso, è di la da venire. I problemi sono tutti sul tappeto e, se possibile, aggravati dall’assoluta incertezza sul futuro. Intanto, la “Gestione provvisoria”, delle ex Province regionali, è stata affidata ai Commissari Straordinari che assorbono in una sola persona tutti i poteri degli organi di governo scaduti. Un compito oltremodo difficile, e delicato, a prescindere dalla bontà e dalle capacità degli stessi.
Nessuno di loro, infatti, può avere piena consapevolezza delle reali condizioni degli Enti e del loro passato. Gli interventi svolti sul territorio, le iniziative e le attività in ogni settore, e ciò che hanno rappresentato per i comuni e per i cittadini. Si ritrovano a traghettare, verso un qualcosa ancora di indefinito, una struttura complessa, articolata, con una dignità istituzionale e storica. Con il rischio, anche non voluto, di determinare o perpetrare, con le loro indicazioni, e con i conseguenti provvedimenti amministrativi, situazioni di fatto pregiudizievoli per il futuro dei dipendenti e degli enti che verranno.
Insomma, c’è ancora un libro da scrivere. E gli autori hanno in mano una pesante e grande responsabilità. Dovranno individuare nuovi percorsi, creare nuovi organismi, organizzarne la struttura amministrativa e provvedere a tutto ciò che un "nuovo" ente necessita per funzionare meglio, riducendone la spesa, di quello che sostituisce. Auguri.
Giangiuseppe Gattuso
17 agosto 2013
A me un dubbio atroce effettivamente era venuto... e se invece di eliminarle le province le si fossero rafforzate...lasciando pochi poteri legati alla normale amministrazione ai comuni ... non più organi politici ma questi si esclusivamente amministrativi?
RispondiEliminaDel resto noi abbiamo bisogno di ragionare su aree più ampie e non di chiudere tutto all'interno di confini amministrativi comunali...
Ho sempre pensato che che un Ente Pubblico Intermedio tra Regioni e Comuni sia necessario , e che tale rimarrà sempre anche in futuro.
RispondiEliminaNon può esistere un vuoto istituzionale e amministrativo tra 20 regioni italiane e oltre 8.000 comuni, e così pure in Sicilia tra la Regione e oltre 450 comuni.
Sarebbe assurdo, irragionevole e caotico.
Pertanto ritengo che entro i prossimi mesi ci sarà sicuramente un nuovo soggetto politico-amministrativo che sostituirà le vecchie province. Anzi, penso che saranno una piacevole sorpresa, nel senso che, nascendo dall'attuale crisi sistemica, saranno un nuovo e buon esempio di novità, efficienza e punto di riferimento per le comunità locali.
I quotidiani, in questi giorni, hanno illustrato quali sono le prospettive future delle ex province regionali.
RispondiEliminaIl transito verso città metropolitane e consorzi di Comuni presenta attualmente una grande confusione, Comuni che come Bagheria, Monreale e Partinico resterebbero autonomi, Palermo dovrebbe essere considerata Città Metropolitana e dovrebbe avere una estensione che da Termini Imerese, Bypassando Bagheria, dovrebbe portare fino a Castellammare del Golfo, quindi accorpare Comuni della Provincia di Trapani, addirittura si parla di accorpare Siracusa e Catania, sollevando lamentele da parte degli abitanti, che temono di perdere la loro identità.
E se i problemi fossero solamente quelli territoriali, forse si potrebbe giungere, con il tempo, ad una soluzione che accontenti tutti, mentre, in realtà nessuno ha fatto ancora i conti con i problemi amministrativi che ne deriverebbero, provate ad immaginare il caos derivante dal trasferimento dei dipendenti da un ente ad un altro, tenendo conto delle competenze e della qualifica rivestita, parliamo di circa seimila dipendenti distribuiti nelle nove Province, circa 1300 nella sola Provincia di Palermo, personale che fino ad ora si è occupato di gestire 80 comuni, quindi strade provinciali, scuole superiori, riserve naturali, etc.
Una bomba ad orologeria che scoppierà quando avranno luogo i trasferimenti, con personale che transiterà alla Regione o ai Consorzi di Comuni, nessuno dei Deputati, Presidente Crocetta incluso, immaginano quanti e quali saranno i problemi che dovranno risolvere.
Che dire, Auguri, (Io, speriamo che me la cavo)
Dipendente della ex Provincia Regionale di Palermo.
la mia breve esperienza di amministratore della Ptovincia di Palermo con delega anche alle unioni dei comuni comporta qualche breve considerazione.
RispondiEliminaLa provincia ha fatto in qualche modo da camera di compensazione fra gli interessi dei grossi comuni e quelli delle aree piccole.
Ho assistito ad estenuanti riunioni du vari temi (acqua, rifiuti, scuole, viabilita' etc.).
Ognuno voleva in qualche modo portare a casa e ai propri cittadini (elettori) un risultato che fosse la dimostrazione delle proprie doti e della propria forza politica e contrattuale.
Alla fine era proprio la provincia a rimodulare i risultati e nel bene e nel male riusciva ad essere una barriera di salvaguardia per i piccoli comuni con scarsa contrattualita' nei millesimali del condominio provinciale.
Questa funzione ha portato di fatto un equilibrio precario, ma pur sempre un equilibrio.
Pensate alla vicenda dell' ATO idrico o rifiuti.
Alla fine la ragionevolezza di chi si opponeva dimostrando ,carte alla mano, che era una operazione ad alto costo e scarso beneficio per gli utenti, e' stato soverchiato dai millesimali del condomino comune di Palermo, ma la resistenza poi abbattuta dell'Amap ha quantomeno ritardato e rimodulato i costi.
Oggi l'ente privato (unico partecipante alla gara) e' palesemente fallito nei suoi intenti, oltre ad avere determinato costi enormi.
Non parlo della gestione dei parchi o delle attivita' culturali. Li' si aprira' ovviamente una guerra per accaparrarsi le scarse risorse e chi avra' piu' polveri politiche sparera' ad altezza d'uomo (di cultura) per portare nelle proprie aree piu' iniziative possibili.
Temo che ne verra' fuori una guerra fra poveri con il pagamento diretto di studenti, anziani, utenti dello spettacolo e relativi operatori.
Solo un equilibrio di chi sta ai vertici della regione puo' determinare giustizia, ma non dimentichiamo che l'alternanza politica porta anche all'alternanza di interessi, di lobbyes, di equita'.
Io personalmente avrei iniziato con l'abolizione delle Regioni, vera causa dei mali e degli sperperi d'italia, dopo e solo dopo avrei abolito anche le Provincie.
RispondiEliminaComunque, meglio che niente, da qualche parte bisognava pur cominciare.
Chiediamo semplificazioni,risparmi, e razionalizzazione di ogni tipo di spesa,ma quando si prova ad eliminare qualche carrozzone.....apriti cielo.
Ci piacere ''CHIANGNERE E FOTTERE'',ma le cose sono cambiate, e per tanti versi meglio cosi.
Caro Gattuso ho letto le sue argomentazioni e quelle di Potenzano e spero che nel proseguire dell'iter di abolizione delle province e sostituzione con città metropolitane e liberi consorzi, vengano tenute in conto. Comunque indietro non si può e non si deve tornare. Sulla questione Muos, oggetto di altri interventi, ribadisco la mia posizione favorevole all'installazione, perchè non possiamo essere ridicoli e inaffidabili a lavori giunti a questo punto, bisogna completarli e basta. Pur nel rispetto delle legittime opinioni contrarie a manifestarsi pacificamente. Monti, Cancellieri, Martino e Crocetta, non possono essere descritti in modo superficiale. Rispetto per tutti! Ma proprio per tutti! Ma poi tocca alle istituzioni fare quanto deciso.FGM
RispondiEliminaSergio Potenzano i gionali dicono solo cazzate lascia perdere, termini imerese e l´unica cittá che non fa parte dell´area metropolitana di palermo, termini avrá il suo consorzio capofila!! al braccietto con le alte, e basse madonie!!
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