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mercoledì 12 giugno 2013

STEFANO CUCCHI. LE URLA DEL SILENZIO

Giorgio Bisagnadi Giorgio Bisagna - E così la morte di Stefano Cucchi non è stato un episodio di “malagiustizia” o “mala polizia” ma, solamente di “mala sanità”.

La Corte di Assise di Roma, assolvendo infermieri e personale di polizia di penitenziaria dalle accuse di lesioni personali e di abuso di ufficio, ha condannato soltanto i medici dell’Ospedale Pertini, presso il quale morì, in stato di denutrizione e dopo evidenti segni di maltrattamenti fisici.
Strefano Cucchi e la sorella IlariaSenza entrare nel merito della sentenza, di cui solo tra qualche mese si potranno leggere le motivazioni, quello che salta subito agli occhi, è, il successo “processuale” che ha avuto la versione “minimalista” della vicenda, in cui solo i medici sono stati condannati, e ritenuto indenne l’apparato di polizia.
Ma questa sentenza non è accidentale, né casuale è il percorso che conduce a questo risultato.
E’ il frutto di anni di silenzi, di connivenze, di muri di gomma opposti a chi vuole giustizia, perché si tratta di una giustizia “scomoda”, di una giustizia di chi “sta dalla parte sbagliata”, di chi non è “società civile”.
La legge è uguale per tuttiUna giustizia per i “delinquenti” è solo quella che ti sbatte in carcere e lì ti deve far restare, e tutto il resto è secondario.
A questo si arriva erigendo palizzate invisibili, basate su una "legalità etica"e su una “giustizia sostanziale” che premi i “buoni” e punisca i “cattivi”, prescindendo da processi e diritti, bollati come “cavilli”.
Questa è la (In)giustizia di chi si autodefinisce “società civile” che, si autoassolve ed è pronta a condannare, l’altra di società quella “incivile”, ben distinta e definita…
Manifesto per Stefano CucchiMa la legalità non è la lotta del bene contro il male, dei buoni contro i cattivi, degli "onesti" contro i "disonesti". E' la richiesta, a volte disperata ed inascoltata, di applicare le leggi, ma proprio tutte, anche quelle sgradite, perché "uguali per tutti", per i buoni e per i "cattivi", per i "delinquenti" ed i "servitori dello stato", per "la società civile" e per quella "incivile".
Purtroppo, gli “invisibili”, quelli che non sono “società civile”, che non sono di moda, emettono le “urla del silenzio” che si consumano ogni giorno nelle carceri, nei centri di identificazione ed espulsione dei migranti, nelle caserme… e non ci sono occhi che sentono, orecchie che odono e voci che si alzano a difesa.
Solo il silenzio, ed al più “la colpa”.
Giorgio Bisagna
12 giugno 2013
P.S. Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo interessante articolo su un tema molto delicato che riguarda la giustizia nel nostro Paese. L’emblematica e triste vicenda di Stefano Cucchi. L’Avv. Giorgio Bisagna, è nato a Palermo nel 1968 e vi opera dal 1995. Sin dall’avvio dell’attività professionale si è occupato del settore, nuovo per quel periodo, del diritto dell’immigrazione. Dal 2007 è Avvocato Cassazionista. Si è specializzato in diritti umani, cioè la tutela piena ed integrale della persona, in special modo dei soggetti c.d. deboli: immigrati, rifugiati, minori e non abbienti. La sua attività si sviluppa tanto nel settore penale che in quello civile, con particolare riferimento alla colpa medica, emotrasfusioni e fatti illeciti in generale ed alla tutela dei diritti dei migranti, alle tematiche relative all’associazionismo ed al settore no profit. È iscritto all’ELENA (European Legal Network on Asylum), coordinatore regionale del CIR (Consiglio Italiano Rifugiati), membro del CdA del CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud), Past President del Direttivo della Camera Penale Conca d’Oro. È membro della rete Giustizia per i Diritti, del movimento Cittadinanzattiva Tribunale Diritti del Malato. Coordinatore regionale del CIR è componente del Consiglio Territoriale dell’Immigrazione presso la Prefettura UTG di Palermo.
Inizia così la sua collaborazione con PoliticaPrima. Benvenuto e buon lavoro.
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12 commenti:

  1. La vicenda di Stefano Cucchi è una macchia indelebile sula Giustizia Italiana, su una Giustizia ingiusta che si accanisce sui deboli in maniera aberrante e ingiustificabile mentre è inerte nei confronti dei veri delinquenti che la fanno sempre franca, anche quando sono assassini rei confessi; una giustizia che non mette in galera chi si macchia, ad esempio, del reato di stalking, e poi magari quello va ad uccidere l'oggetto delle sue violenze (è successo, è successo!!! e anche tante volte); una giustizia che normalmente fa schifo, ma ancora di più quando pretende di sostituirsi alla politica, e quì mi fermo.
    Il povero Stefano, messo in carcere per possesso di stupefacenti è andato incontro ad un calvario assurdo, fatto di pestaggi e di mala sanità.
    Questo sfortunato ragazzo muore a 31 anni, ad una settimana dal suo arresto per possesso di stupefacenti. Il suo diventa un caso al centro di un processo che dura per 4 anni prima di arrivare alla sentenza di primo grado con lo scopo di capire cosa sia successo in quella manciata di giorni. Cucchi muore nel reparto detenuti dell'ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre, dove era stato ricoverato per il peggioramento delle sue condizioni fisiche mentre era nelle mani della giustizia italiana. Picchiato prima dagli agenti nelle aule di sicurezza del tribunale e poi ignorato dai medici. La famiglia rende pubbliche le foto del cadavere, ricoperto di ecchimosi e lividi. Morto per mancanza di alimenti e liquidi dicono i periti della Corte d'Assise, un trattamento adeguato lo avrebbe salvato.
    Eppure, infermieri e guardie carcerarie sono stati incredibilmente assolti, mentre i medici sono stati condannati a soli due anni di reclusione; ma nessuno andrà in carcere perchè tutte le pene sono state sospese per tutti.
    Ecco la Giustizia italiana: FORTE CON I DEBOLI, DEBOLE CON I FORTI.
    UNO SCHIFO DA QUARTO MONDO, UNA VERGOGNA DA REGIMI DITTATORIALI.
    Posso dire Vaffanculo senza turbare la sensibilità dei lettori?

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  2. Ricorderà il direttore di POLITICAPRIMA che mesi e mesi fa, discutendo se costituire o meno una associazione culturale o politica, io proposi nel caso
    avessimo dato corpo al progetto di dare il nome ''STEFANO CUCCHI''.
    Detto questo, sono felice che qualcuno su questo blog abbia voluto scrivere e dettagliare sul caso, questo affinchè possa essere ulteriormente chiaro in che Italia viviamo.
    Qualcuno ama ripetere pappagallescamente che non esistono più concetti politico-geometrici come destra e sinistra, e neppure differenze cromatiche come rosso e nero, invece esistono e queste vicende ce lo ricordano.

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    1. A mio parere la mala giustizia e la mala sanità non hanno colore o meglio hanno tutti i colori compreso il rosso e il nero. Nella vicenda del caso Cucchi c'è qualcosa di rosso o di nero o di altro colore? Fammi sapere.

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  3. Legalità, certamente è la lotta per il bene, ed è ciò che la maggior parte dei cittadini desiderano.
    Purtroppo la realtà è un’altra. Viviamo in una società di tanti invisibili che urlano giustizia e magari non la ottengono. Di altrettanti prepotenti che hanno in mano il potere della cosa pubblica, la gestiscono regolarmente e riescono ad uscire sempre indenni da alcune situazioni, costruendo tutto sulla menzogna a danno di tanti innocenti.



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  4. Il giudizio che Bisagna da sul caso Cucchi è chiaro e condivisibile, non è chiaro il resto dell'articolo.

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  5. La vicenda umana e giudiziaria di Stefano Cucchi dimostra con evidenza semplice e chiara a tutti come nei ranghi dello Stato si annidano tanti cialtroni depressi che cercano di "riscattarsi" o di "riabilitarsi" scaricando la loro ferocia di "quaquaraquà" su quelle povere persone fragili e miti che il destino maligno getta fra i loro artigli.
    E questi essere indegni uccidono.
    E lo Stato spesso, purtroppo, li difende e li protegge, pur sapendo che sono colpevoli, perchè usa anche il timore di finire nelle mani di individui del genere per intimidire i cittadini e farli desistere dal contestare uno stile di vita falso e velenoso, ma contrabbandato come modello probo.
    Trovo analogie inquietanti e sconcertanti tra la vicenda Cucchi e quella dalla Caserma Diaz di Genova durante il G8.

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  6. Calogero Dolcimascolo13 giugno 2013 alle ore 15:44

    Leggere questo articolo non solo evidenzia che in materia di giustizia l’Italia deve fare molto cammino ma nemmeno dobbiamo stupirci delle continue condanne e richiami della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nei confronti del nostro paese.
    Non conosciamo le motivazioni della sentenza ma in analogia questo caso mi fa ricordare sull’irruzione alla scuola Diaz condotta dalla Polizia di Stato durante il G8 di Genova del 2001.
    La Suprema Corte di Cassazione nella sentenza sui fatti sopra citati ha evidenziato che l’odiosità del comportamento” di chi, “in posizione di comando a diversi livelli come i funzionari, una volta preso atto che l’esito della perquisizione si era risolto nell’ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli, dissociandosi così da una condotta che aveva gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero e di rimettere in libertà gli arrestati, avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze”.
    Indro Montanelli diceva che “la servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi”.

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  7. Ritengo che tutto questo accade perche' noi italiani siamo un popolo a se', anzi, non siamo un popolo , siamo diventati menefreghisti, indifferenti, amanti solo del calcio e di poche altre cosucce.FORTE CON I DEBOLI, DEBOLE CON I FORTI ...che frase odiosa, eppure e' sulle labbra delle nostre forze dell'ordine ma noi abbiamo le veline e poi dobbiamo scandalizzarci per il maltrattamento sugli animali...non abbiamo tempo per batterci per altro.

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  8. "LA LEGGE E UGUALE PER TUTTI" purtroppo no, non e mai stato e forse non lo sarà mai.Fa rabbia lo so, lo sento anche dentro di me, questo ragazzo non ha fatto male a nessuno, eppure e stato fatto morire.Vorrei dire che e stato ucciso due volte.

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  9. Una società malata, che esprime la sua patologia senza riserve morali ed etiche che produce sacerdoti di Dio pedofili, medici senza etica, politici corrotti e senza una morale, arroganza e indifferenza per il bene comune , che non ha rispetto per i bambini, nè per i propri malati e anziani e nè per la memoria dei propri morti, dove dovrebbe attingere le proprie forze per trovare uomini sani tali da assicurare una buona giustizia? O meglio, premesso e sicuramente ottimista che le buone persone ci siano, mi ricorda tanto la parabola di Gesù quando dice che con la Sua autorevolezza che è inutile rattoppare un vestito vecchio con una stoffa buona o mettere del vino buono in una botte vecchia e fradicia. Quindi, bravi a dare ricette o formule accusatorie, rimaniamo soltanto generici e ciechi dinanzi al dolore che ci circonda. La felicità o la giustizia non si studiano a scuola ma sono frutto della dignità dell'uomo. E questa si conquista con il sudore della propria fronte. Una volta il ricambio generazionale era possibile per colpa delle malattie o delle guerre.Oggi che si è allungata laa vita dell'uomo non si è badato a migliorarne la qualità. Claudio Perna

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  10. Cerco di chiarire alcuni passaggi. Le vicende Cucchi, Aldrovandi, Uva etc, che finalmente hanno ottenuto la ribalta mediatica e politica, non sono episodi isolati, che nascono da semplici condotte criminali di poche "mele marce", sono il sintomo, anzi la conseguenza di una idea distorta di giustizia e di "legalità" che si sono sviluppate negli anni in Italia. Il percorso che ha portato, in nome di una giustizia "sostanziale" ad introdurre prima leggi "speciali" per contrastare il terrorismo e poi la mafia, riducendo drasticamente la tutela di diritti fondamentali dei cittadini, presunti innocenti ai sensi della Costituzione, in nome di esigenze superiori di sicurezza e tutela della collettività, ha prodotto come inevitabile corollario, l'estensione, di fatto, di prassi "emergenziali" estese verso tutti i "delinquenti" in forma indistinta. Ciò perchè alla base delle leggi speciali, c'è sempre una esigenza di "accorciare" le procedure a garanzia del cittadino, per "sconfiggere" ieri il terrorismo, oggi la mafia, domani il terrorismo internazionale. Ma una volta che si accetta, a monte, il principio che, tutto sommato, a certe condizioni, diritti fondamentali possono essere sacrificati, il passaggio successivo è estendere a piacimento la rosa dei soggetti "sacrificabili". La questione non è ovviamente abdicare al contrasto alla criminalità, organizzata e non, ma se tale contrasto debba essere una "guerra" ovvero il mero accertamento di reati, nell'ambito di un processo, con strumenti sanzionatori rispettosi della vita umana. Pensare che il contrasto ai reati non possa essere efficacemente effettuato con gli strumenti ordinari previsti dal Codice Penale e di Procedura Penale, introducendo strumenti sanzionatori differenziati, anche processuali, come pure si è fatto e si fa in Italia, comporta una abdicazione, o quanto meno un vulnus allo stato di diritto, introducendo un principio di "giustizia etica" pericolosissimo, in cui si miscelano giurisdizione e politica, valutazioni dell'opinione pubblica e forzature mediatica. E attenzione, quando si dice la legge è uguale per tutti, lo deve essere per tutti, anche per le persone che possono apparire più meritevoli delle peggiori punizioni. In altri termini, anche se mi rendo conto di come tale osservazioni possa apparire sgradita ai tanti "politically correct", non possiamo indignarci di quanto accaduto a Stefano Cucchi, e chiudere gli occhi sulle asserite "torture" denunziate da Bernardo Provenzano. Spero di essere uscito dalla "cripticità".

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