di Pasquale Hamel - È mai possibile questa terra si debba nutrire sempre di complottismo e di dietrologie e che le fantasiose o artificiali costruzioni, elaborate per lo più in mala fede, debbano essere le uniche considerate degne di essere prese in considerazione?
Il magistrato Giovanni Falcone, a cui noi tutti dobbiamo qualcosa, e di cui in questi giorni ricorre la data della tragica fine, ci ha, invece, insegnato che le calunnie, le illazioni e le demonizzazioni non portano da nessuna parte. Ci ha insegnato, basta leggere le belle pagine che ha scritto soprattutto nel libro intervista con la Padovani, che i teoremi - quali che ad esempio, da anni, elabora un anziano ex magistrato come Ferdinando Imposimato - vanno non solo enunciati ma, soprattutto, dimostrati.
Falcone ci ha insegnato, in poche parole, come si cerca la verità, a prescindere dalle proprie idee, per fare giustizia. E, proprio a conferma di questo modo di interpretare il suo ruolo di magistrato, è utile ricordare almeno un episodio fra i tanti che hanno segnato la sua breve e, pur, intensa vita professionale. Basta, infatti, riandare al suo, ineccepibile, comportamento, contro le illazioni di un pentito, quel tale Pellegriti che accusava l'ex sindaco di Palermo Salvo Lima, simbolo designato dei perversi intrecci mafia politica, di essere il mandante dell’omicidio di Piersanti Mattarella. In quell'occasione - piuttosto che lasciarsi sedurre dai cori da stadio che avrebbero preteso, sulla base di non dimostrati indizi, da parte sua il crucifige del politico democristiano - il magistrato Falcone, verificata dopo una rapida istruttoria l'infondatezza dell'accusa, aveva denunciato per calunnia il predetto pentito.
Un modo, dunque, di adempiere la funzione di magistrato che non poteva piacere a molti e che lo poneva, come di fatto accadde, al rischio del pubblico ludibrio da chi pretendeva usasse la gogna. E per quanti hanno memoria corta, ricordiamo la polemica sulle cosiddette verità nascoste nei cassetti della procura di cui fu pubblicamente accusato - in una mai dimenticata trasmissione televisiva - condotta da Maurizio Costanzo e Michele Santoro, nei giorni dell'omicidio del già citato ex sindaco di Palermo, dal rampante Leoluca Orlando e dal professore Alfredo Galasso.
Ricordiamo i tentativi della delegittimazione pubblica cui il magistrato fu sottoposto - e ce ne furono tanti - soprattutto quando scelse di proseguire a Roma, in collaborazione col governo, il suo impegno antimafia.
Era quella l'antimafia da salotto, composta da gente a cui si adatta bene lo sciasciano "professionisti dell'antimafia", che oggi, come ha fatto sempre, versa lacrime da coccodrillo magari sotto l'albero Falcone o si lascia andare a infuocate dichiarazioni pubbliche mistificando pensiero e azione del magistrato. Fu proprio quell'antimafia che poco digeriva il magistrato ucciso nella strage di Capaci perché compreso nel nobile e, purtroppo, drammatico impegno della ricerca nella verità nella legalità.
D'altra parte, che poteva interessare la verità, quando questa stessa non corrispondeva ai "pensata" , o "desiderata", di chi pretendeva di disegnare, e affermare, una propria verità? Non certo a costoro ne, tanto più, a quanti, giornalmente, speculano sulle immani tragedie che hanno attraversato la nostra storia recente, riempiendo le librerie e i massa media di prodotti mediocri ma soprattutto avvelenati di una cultura che a vedere bene, tale non è.
Pasquale Hamel
02 giugno 2013
Questo articolo mi piace. Lo condivido integralmente.
RispondiEliminaCertamente non riporta nulla di nuovo, tutti conosciamo i fatti e le considerazioni ivi descritti.
Ma l'efficacia di questo scritto è proprio quello di ricordali come eccezioni alle tonnellate di "miele" ed "ipocrisie" di queste annuali rimembranze.
Insomma, è evidente che se Falcone negli ultimi anni e mesi della sua vita avesse avuto l'appoggio così platealmente e massivamente esibito nelle commemorazioni, forse non l'avrebbero ucciso. Lui stesso del resto aveva detto "si muore quando si rimane soli". E così fù. Quindi.
in linea di massima e nella sostanza concordo con Pasquale , facendo attenzione a non assolvere frettolosamente , chi ha avuto gravi responsabilità politiche e personali in questa drammatica vicenda .
RispondiEliminafaccio riferimento allo scomparso Andreotti al quale non intendo perdonare le sue frequentazioni ed amicizie con personaggi chiaramente collusi con la mafia ( Lima , Sindona , Calvi ) e nemmeno il suo sferzante " se le andato a cercare " nei confronti dell'eroe borghese di Milano .
Per concludere , niente complottismi , ma nemmeno assoluzioni facili
Affrontare la questione antimafia per noi siciliani significa entrare in un labirinto tessuto da misteri, tradimenti, interessi politici, mafia, interessi delle lobby, e vorrei accontentare stavolta Pasquale Nevone nell’inserire anche la massoneria ufficiale.
RispondiEliminaNon a caso il Palazzo di Giustizia, Foro deputato all’amministrazione della giustizia, è stato definito il Palazzo dei veleni.
Ho appreso che il Giudice Giovanni Falcone nel suo lavoro ha sempre usato pragmatismo e preparazione tale da incidere in un’efficacia quasi probatoria nelle sue inchieste giudiziarie.
Non a caso i maxiprocessi contro Cosa Nostra degli anni 1980 si sono conclusi con forti condanne e poche assoluzioni.
Giovanni Falcone nell’avere inaugurato la stagione dei pentimenti, con il primo pentito storico Tommaso Buscetta, è entrato nelle viscere di Cosa Nostra di cui fino allora era sconosciuta come organizzazione criminale su base territoriale
Tutte le altre polemiche dei professionisti dell’antimafia avverso il predetto Magistrato sull’insabbiamento di inchieste contro politici potenti come Salvo Lima erano non solo infondati ma appartenevano a quello schieramento avversario di alcuni noti professionisti, come Leoluca Orlando, che ne hanno fatto un cavallo di battaglia per precoci carriere politiche.
Nessuno ha attaccato Vito Ciancimino, responsabile provinciale della D.C., e detentore di una quota considerevole di Consiglieri Comunali a Palazzo della Aquile, quando votano Leoluca Orlando a sindaco di Palermo nel 1985, in alternativa ad Elda Pucci, e nemmeno lo stesso Orlando ha avuto il coraggio di rinunciare a quei voti così pesanti, ancora più pesanti di quelli Andreottiani.
Oggi dopo varie inchieste giudiziarie che hanno visto il de cuius Vito Ciancimino come il puparo dei rapporti politica-mafia nessuno di quella antimafia parolaia ha avuto il coraggio di chiedere scusa a Giovanni Falcone, anche da defunto, e tanto meno all’On.le Salvo Lima vittima di mafia.
I professionisti dell’antimafia, tanto criticata da Leonardo Sciascia, hanno non solo cercato di trarre in inganno i magistrati, nel confondere la verità della lotta alla mafia, ma hanno esposto gli stessi dinanzi l’opinione pubblica come responsabili di una falsa contiguità con il potere politico.
A mio parere tale ultima osservazione è stata molto grave esponendo Magistrati come Giovanni Falcone a combattere non solo criminali ma quel labirinto in premessa evidenziato.
Scusate ho dimenticato una frase detta da Leoluca Orlando su Sciascia sull'antimafia "Diceva cose giuste ma fu strumentalizzato".
Non ho ancora letto il libro del Giudice Imposimato sui 55 giorni della prigionia di Aldo Moro, ma ho ascoltato le sue parole, quando raccontava a “Porta a Porta” che era stato individuato l’appartamento dove era tenuto sequestrato il Presidente Moro e che i servizi italiani ed alleati avevano affittato un appartamento soprastante.
RispondiEliminaEra stato stabilito anche il giorno per fare il blitz, ma quella stessa mattina arrivò un ordine del ministero dell’Interno che ordinava la sospensione delle operazioni. Insomma lascia intendere il giudice Imposimato, che l’on.le Moro poteva essere salvato, ma ci fu una volontà politica invece, che non lo volle salvare. Il giudice sosteneva di avere individuato anche i personaggi e le nazionalità di tali persone e, comunque, riteneva necessario riaprire una nuova inchiesta.
Può non essere tutto vero quanto raccontato, o frutto di un sentito dire, e che non siano tutte dimostrate, come sostiene l’autore dell’articolo, ma sta alla magistratura allora togliere ogni sospetto. Non dimentichiamo però, che ancora siamo alla ricerca degli autori della strage della Banca dell’Agricoltura di 40 anni fa, e che in tutte le stragi consumate in Italia, come è oramai acclarato, abbiamo a che fare con servizi deviati dello Stato, che hanno portato i giudici a emettere sentenze passate in giudicato, ribaltate poi da altre sentenze di parere esattamente contrario.
Ne sono prova evidente il processo Borsellino quater, che si sta celebrando a Caltanissetta, avendo visto la scarcerazione di 7 esecutori materiali, condannati all’ergastolo, per non aver commesso il fatto, e la trattativa Stato-mafia, in corso da poco nelle aule giudiziarie di Palermo; in entrambi i processi vi sono simili motivazioni,e molto spesso i medesimi imputati.
Pienamente d'accordo. Un commento scevro da ipocrisie e chiacchiere da salotto!
EliminaRicostruzione di quanto emerse in quei terribili anni/mesi, che però anche altri, mi riferisco al commento del Dott. Dolcimascolo, tendono a strumentalizzare per dare verginità a personaggi della democrazia cristiana che avrebbero potuto giocare i ruoli importanti che ricoprivano per la crescita economica e culturale di Palermo, della Sicilia e del meridione ed invece, spinti dai cosiddetti interessi del frii e mancia e futtitinni portati avanti all'epoca ed ancora oggi, anche se oggi abbiamo i guardiani dell'unione europea. Scusate anch'io sto delirando forse con le mie idee, però la storia va raccontata con i fatti accaduti.
RispondiEliminaC'è una cosa che ho imparato con il passare del tempo e con l'esperienza acquisita in tanti anni di vita. Forse anche per avere vissuto certi momenti, indelebili. Ed è la convinzione che per capire a fondo gli eventi, i comportamenti, le scelte, le posizioni politiche di uomini e di interi partiti, bisogna avere l’accortezza di contestualizzare. Cioè di immedesimarsi nella società e nella cultura di quel tempo. Nelle usanze e nel sentire di quei periodi e di quello spaccato di società. Insomma, bisogna sforzarsi di interpretare ciò che in quei momenti poteva sembrare “normale”, e parlo di rapporti, di amicizie, di legami politici, di accordi elettorali, di patti per l’elezione di questo o quel personaggio.
RispondiEliminaE, quindi, le condanne morali e politiche, le verità imposte, la superficialità con la quale spesso vengono riletti interi periodi storici di questa città e non solo, possono stravolgere, a volte, la realtà dei fatti. Mi fermo qui.
Caro Giangiuseppe la storia la scrivono i vincitori ma la realtà dei fatti moltissime volte è notevolmente diversa da quella che ci raccontano, per questo non dovremmo fermarci qui.
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