di Salvo Geraci - Il ruolo che l’Unione Europea avrà nel futuro prossimo ed anche in quello remoto, in particolare per quanto attiene il lavoro e quindi dell’economia, sarà sempre più determinante per i singoli Paesi aderenti.
E tra questi, lo sarà maggiormente per i Paesi che nella crisi che si sta vivendo, hanno dimostrato o stanno dimostrando una fragilità economica ormai strutturale.
Sappiamo con sufficiente chiarezza che anche l’Unione – né potrebbe avvenire diversamente – ha un problema di ‘governance’ che si somma a quelli dei soggetti aderenti. Tuttavia sappiamo altrettanto bene che – oggi più che mai – non possiamo fare a meno dell’Europa.
Conseguentemente appare evidente che i Paesi i quali sapranno organizzarsi meglio, saranno quelli stessi che – con migliori risultati e più a lungo – potranno trarne vantaggi.
Da ciò discende, con molta probabilità, che se tra qualche anno (o lustro) le tensioni economiche, e quindi quelle sociali, si allenteranno, ci sarà una platea costituita da molti Paesi che avranno piazzato l’asticella della sopravvivenza più in basso, ed un gruppo molto ristretti di altri (ognuno può immaginare quali) che invece si saranno rafforzati a sufficienza per essere tra quelli che decideranno politiche ad essi stessi favorevoli per almeno il decennio successivo.
Non è una bella prospettiva per gli italiani che, come appare evidente, stanno tra quelli che – se mancheranno questo treno – saranno costretti a confidare, come dicevo, solo nella sopravvivenza.
Non c’è allora alcuna soluzione? La soluzione potrebbe esserci e riuscire a lavorare per esserne beneficati ci salverebbe – con una gradualità pari a ciò che avremo realizzato ed a come lo avremo fatto.
Può apparire ovvio, ma – come più volte mi è capitato di dire – è proprio l’ovvio che spesso è risolutorio e che – altrettanto frequentemente – ci sfugge. Essa consiste nella capacità di utilizzare, al meglio e al massimo, operando con efficacia draconiana, i prossimi Programmi dell’U/E. Pochi, con risorse finanziarie contenute e complessi; ma è l’unica risorsa della quale disponiamo. A scopo esemplificativo illustrerò alcuni aspetti rilevanti di quello che mi sembra essere il più efficace tra essi, e cioè “Europa 2020”.
Il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha dichiarato: “Europa 2020 illustra le misure che dobbiamo adottare ora e in futuro per rilanciare l’economia dell’UE. La crisi ha messo in luce questioni fondamentali e tendenze non sostenibili che non possiamo più ignorare. Il disavanzo di crescita dell’Europa sta compromettendo il nostro futuro. Dobbiamo agire con decisione per ovviare alle nostre carenze e sfruttare i nostri numerosi punti di forza. Dobbiamo costruire un nuovo modello economico basato su conoscenza, basse emissioni di carbonio e alti livelli di occupazione. Questa battaglia impone di mobilitare tutte le forze presenti in Europa.”
Evidentemente ciò significa che – prima di tutto – l’Europa deve apprendere dalla crisi economica e finanziaria mondiale.
Le economie dei singoli Paesi, infatti, come ho già detto, sono interconnesse. Nessuno degli Stati membro può affrontare efficacemente le sfide mondiali se agisce da solo.
In un documento in rete si afferma: “Per superare con successo la crisi abbiamo bisogno di uno stretto coordinamento delle politiche economiche, altrimenti potremmo andare incontro a un decennio perso caratterizzato da un relativo declino, da una crescita definitivamente compromessa e da livelli di disoccupazione strutturalmente elevati”.
Guardiamo adesso un po’ il merito di questo programma.
La strategia Europa 2020 propone un progetto per l’economia sociale di mercato europea nel prossimo decennio, sulla base di tre settori prioritari strettamente connessi che si rafforzano a vicenda:
- crescita intelligente, attraverso lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;
- crescita sostenibile, attraverso la promozione di un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente sotto il profilo dell’impiego delle risorse e competitiva;
- crescita inclusiva, attraverso la promozione di un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.
I progressi verso la realizzazione di questi obiettivi saranno valutati sulla base di cinque traguardi principali rappresentativi a livello di UE, che gli Stati membri saranno invitati a tradurre in obiettivi nazionali definiti in funzione delle rispettive situazioni di partenza:
- il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
- il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in ricerca e sviluppo (R&S);
- i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti;
- il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve avere una laurea o un diploma; .
- 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio povertà.
Le Misure (utilizzo un termine antico ma comprensibile) sono sintetizzabili come segue:
- L’Unione dell’innovazione: riorientare la politica in materia di R&S e innovazione in funzione delle sfide principali, colmando al tempo stesso il divario tra scienza e mercato per trasformare le invenzioni in prodotti.
- Gioventù in movimento: migliorare la qualità e l’attrattiva internazionale degli istituti europei di insegnamento superiore promuovendo la mobilità di studenti e giovani professionisti. Per fare un esempio concreto, i posti vacanti in tutti gli Stati membri devono essere più accessibili in tutta Europa e le qualifiche e l’esperienza professionali devono essere debitamente riconosciute.
- Un’agenda europea del digitale: trarre vantaggi socioeconomici sostenibili da un mercato unico del digitale basato sull’Internet superveloce. Nel 2013 tutti gli europei dovrebbero avere accesso all’Internet ad alta velocità.
- Un’Europa efficiente sotto il profilo dell’uso delle risorse: favorire la transizione verso un’economia basata su un impiego efficiente delle risorse e a basse emissioni di carbonio. L’Europa non deve perdere di vista i suoi traguardi per il 2020 in termini di produzione di energia, efficienza energetica e consumo di energia.
- Una politica industriale per una crescita verde: aiutare la base industriale dell’UE ad essere competitiva nel mondo post-crisi, promuovere l’imprenditoria e sviluppare nuove competenze. Questo consentirebbe, con ottime probabilità, la creazione di milioni di nuovi posti di lavoro.
- Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro: porre le basi della modernizzazione dei mercati del lavoro per aumentare i livelli di occupazione e garantire la sostenibilità dei nostri modelli sociali a mano a mano che i figli del baby-boom andranno in pensione.
- Piattaforma europea contro la povertà: garantire coesione economica, sociale e territoriale aiutando i poveri e le persone socialmente escluse e consentendo loro di svolgere un ruolo attivo nella società.
In conclusione: ancora “sangue, sudore e lacrime”, ma in questo modo, forse, tra qualche anno saremo tra coloro i quali, vedranno per primi la luce che indica la vicina (e, speriamo, duratura) uscita dal ‘tunnel’.
Salvo Geraci14 giugno 2013
In tutto questo riesame e nelle proposte manca la cosa più importante: Riconoscere la propria identità e il proprio albero genealogico.
RispondiEliminavoglio dire che mentre l'Europa cresceva i temi sociali e la dottrina sociale della Chiesa erano alla base dello sviluppo e anche le varie rivoluzioni non cancellavano queste dottrine.
Dopo 2000 anni vediamo che Papa Francesco con polso duro le vuole ripristinare non come teorie ma come pratica. Il capitalismo che ha sconfitto il comunismo si sta dimostrando ancora peggiore e blasfemo.Allora se vogliamo una medicina per superare la crisi suggerisco un bell'esame di coscienza e riportare l'etica e la prassi ai valori cristiani. A scuola non serve far conoscere mafia e antimafia, ma il rispetto delle persone in quanto persone e quindi combattere tutte le forme di soprusi sia verso i deboli che verso le donne.
sul posto di lavoro siamo più docili a imparare passando dai vari gradini perché non c'è studio che possa conoscere la materia e i rapporti umani insieme, infatti oggi si nota una stasi perché i dirigenti messi li senza fare la gavetta non sanno prendersi le relative responsabilità e giocano a scarica barile o si credono dei super e quindi pretendono compensi da nababbi.
Nella politica ricordiamoci che siamo messi li per servire e non per ingrossare il proprio portafoglio, per cui adeguare i propri compensi perchè anche loro non sono altro che lavoratori e non possono pretendere il divario centuplicato.
Anche la Chiesa deve ricordarsi che ha un mandato pastorale di giuda ed esotazione e come dice Papa Francesco deve uscire dalle sacrestie.
scusatemi lo sfogo ma queste sono le medicine queste cose hanno dato fiducia hai nostri padri subito dopo la guerra allora memori del nostro passato rimbocchiamoci le maniche e buon lavoro.
L'analisi di Salvo Geraci, anche questa volta,è imponente ed esaustiva.
RispondiEliminaPersonalmente penso che la premessa fondamentale per l'Unione Europea, se veramente vuole diventare un soggetto economico solido e florido,sia realizzare prioritariamente quello che i migliori giuristi costituzionalisti ed internazionalisti indicano da almeno 10 anni: costituire gli USE, cioè gli Stati Uniti d'Europa, dunque un unico vero Stato federale europeo.
La via per raggiungere questo traguardo è il dissolvimento o scioglimento dei singoli Stati unitari come li conosciamo da secoli, e sostituirli con Regioni europee.
Insomma il futuro Stato Federale europeo dovrebbe essere composto non da Stati nazionali (gli attuali), ma Regioni europee, dunque non attuali 25 stati, ma almeno 50/70.
Il motivo è semplice: gli stati unitari, soprattutto quelli più antichi e forti, a causa del loro nazionalismo impediranno sempre che L'Europa si consolidi veramente, perchè ciò comporterebbe la riduzione della loro sfera di influenza internazionale, cosa che non sono intenzionati in alcun modo a consentire.
Dunque in Europa Stati e cittadini devono capire che la storia oggi ci chiama ad una scelta eccezionale: o ci si scioglie per rimescolarci tutti in un unico nuovo ed inedito soggetto statuale, oppure si muore.
Temo che questa crisi finanziaria ed economica mondiale sia generata da quello che si dice talvolta sottovoce, e cioè che il potere anglosassone, con la complicità di quello della CinIndia, stia impedendo da 10 anni (guarda caso dalla entrata in circolazione dell'Euro) l'affermarsi di una nuova Europa che riconquisterebbe il predominio mondiale politico-economico, nonchè culturale e civile.
Il teorema che recita: "senza Europa non c'è futuro", non è per nulla scontato, infatti non mancano pareri discordi, la netta magioranza dei sostenitori non ne dimostra la giustezza (Galileo Galilei docet, tenuto conto che l'ambito economico, di scientifico non ha nulla), appare invece come uno slogan di probabile e molto opportuna origine tedesca.
RispondiEliminaLe potenzialità italiane nell'ambito dell'industria metallurgica e tessile, in quello enogastronomico, turistico, del Made in Italy in genere ecc. non erano inferiori a quelle di altri paesi europei, l'Italia avrebbe potuto pareggiare, persino superare, l'attuale supriorità economica che consente alla Germaniea di manovrare l'Europa. L'idea di trasferire in Europa parte della sovranità nazionale, quindi di responsabilità, è stata una sorta di presa di coscienza della nostra classe politica, un resa, un pre-fallimento nel gestire la cosa pubblica per inadeguatezza dovuta ad incompetenza. Poichè la dietrologia non paga, piangere sul latte versato non è cosa utile, ma tant'è.
E' stata enunciata la proposta: "Gioventù in movimento: migliorare la qualità e l’attrattiva internazionale degli istituti europei di insegnamento superiore promuovendo la mobilità di studenti e giovani professionisti.", esperienza già fatta in Italia in questi ultimi anni, ma anche in Europa con l'Erasmus. Le famiglie si sono svenate, sopportando costi esagerati per mantenere i figli lontano da casa ed incrementato, indirettamente, l'evasione per insussistena di ricevute di affitto. La consacrazione di Università "prestigiose" ha declassato in serie B tutte le altre; la "prestigiosa" laurea conseguita è stata appesa in cornice su un muro dicasa, non avendo trovato più idonea collocazione per mancanza di "crespatura". Si dice che: sbagliare è umano, perseverare è diabolico.
Il progetto uropeo complessivo, visto il risultato fallimentare dell'Europa monetaria, considerato l'annoso vizio di difendere interessi di parte tentando di annientare specifiche eccellenze (pasta, parmigiano, lardo di Colonnata ecc.), non rende credibile quello dello Stato Federale Europeo, che probabilmente avrebbe dovuto essere attuato per primo. La corsa ai ripari, per la crisi in corso, ha come ricetta salvifica il contenimento della spesa pubblica e lo sviluppo che genera lavoro, lo squilibrio evidente a favore del primo ne preconizza il fallimento; è fuori da ogni dubbio che, stando così le cose, qualcuno crede di guadagnarci.
Vedo l'Italia di oggi come un naufrago immerso nel mare, assieme a Grecia, Spagna e Cipro, tutte con le mani attaccate al bordo della lancia di salvataggio di nome Europa, hanno una zavorra ai piedi che porta lo stesso nome: Europa.
La lancia è piena di politici che continuano a procurare falle alla lancia, la Germania finge di impedirlo ma di fatto le allarga.
Tutti i politici continuano a picchiare sulle dita dei paesi fuori bordo finchè non lasceranno la presa. Afforderà prima la lancia o molleranno per primi la presa quelli ataccati al suo bordo? comunque vada ... secondo me è naufragio.
Dalla “Giovine Europa” di Giuseppe Mazzini, all’Europa dei mercati e delle banche, ne è passata di acqua sotto i ponti..!
RispondiEliminaDal sogno romantico di un idealista, pieno di passione, in un ottocento ricco di fermenti e di proposte, e pregno dunque di un pensiero tutto nuovo per un futuro di grande cambiamento, in quell’ inizio secolo che andava organizzando la sua storia verso una rivoluzione culturale di portata mondiale, cercando di affrontare, dopo la grande rivoluzione industriale fine ‘700, il problema del riscatto umano e della dignità dei popoli, non tutti ancora nazione, come, in particolare, il caso degli stati italiani dei moti e degli statuti, dal pensiero dunque, così nuovo per i tempi, di Mazzini, di una Europa Unita, nei suoi futuri stati nazionali, su speranze e valori condivisi, oggi siamo arrivati all’Europa dei mercati, delle banche, del regno della “usura”.
Un limite pesante che deve essere assolutamente superato, se si vuole evitare quella catastrofe, per molti aspetti già presente nei fatti, per aprire ad un più che legittimo coinvolgimento, anche politico oltre che economico, di tutti gli stati componenti l’Unione.
Stati che, uniti dalla ricerca del bene comune, possano diventare, parimenti, protagonisti e responsabili dei propri destini; sullo spirito mazziniano di quei principi ispiratori, etici e morali, che dovrebbero garantirne la pacifica convivenza.
Sì, dall’Europa degli “usurai” all’Europa delle nazioni, per un nuovo “risorgimento” del vecchio continente; paesi non aderenti compresi, perché il fenomeno già di per sé, dunque in virtù della sua stessa forza animatrice, come storia insegna, non potrebbe che diventare espansivo, oltre tutti gli spazi operativi delle zone direttamente interessate.
La necessità di una rinascita, perciò, diventa indispensabile per poter uscire dalla crisi che ci assedia - causata sicuramente pure dalla concorrenza pressante dei paesi extra europei, particolarmente quelli dell’est - ma non di certo estranea al mondo degli interessi e del capitale dei paesi più forti, cosa questa che ne condiziona negativamente la possibilità di uno sviluppo reale, complessivo.
Importante che Salvo Geraci, in questo articolo così ricco di spunti e di riflessioni, abbia riportato anche il discorso di Barroso e, a seguire, i vari punti, tutti forti, della strategia europea 2020, perché, oltre ad essere due argomenti importanti per la riflessione comune, sollecitino la nostra coscienza,e ognuno possa sentirsi chiamato in prima persona a contribuire di suo, alla riscoperta di quei tanti valori di progresso umano e sociale, da cui solo possono nascere il bene comune, l’utile condiviso, il rispetto della dignità e dei diritti, oggi calpestati, dell’uomo.