di Sebastiano Pirrone - Il Congresso dei Poteri Locali e Regionali del Consiglio d’Europa, che si riunisce il 19 marzo, ha all’ordine del giorno il diritto degli enti locali ad amministrare una parte importante degli affari pubblici.
Il testo del rapporto che sarà presentato rileverà l’inadeguatezza delle risorse finanziarie di cui gli enti locali dispongono per dare attuazione alle proprie competenze. Saranno messe in evidenza le cause che hanno determinato la precaria situazione dei Comuni con particolare riferimento i vincoli che pongono il Patto di stabilità interno.
Ma che cosa è questo Patto di stabilità interno. Per capire questo strumento di controllo della finanza pubblica è necessario avere presente quanto segue.
Il Patto di stabilità interna è il complesso di norme e regole attraverso le quali il Governo centrale esercita il coordinamento della finanza pubblica, coinvolgendo gli enti territoriali nel raggiungimento degli obiettivi che l’Italia ha assunto in sede europea, aderendo al Patto di Stabilità e crescita. In sintesi anche i Comuni devono contribuire alla riduzione del debito pubblico nazionale, osservando regole restrittive che mettono in difficoltà gli stessi Comuni nella realizzazione delle attività a favore dei cittadini.
Nel tempo questo meccanismo di finanza ha assunto importanza crescente per l’assetto finanziario dei Comuni, tanto da condizionare le dinamiche e le composizioni dei bilanci. L’applicazione, il rispetto o meno degli obiettivi assegnati determina conseguenti restrizioni nella gestione finanziaria e amministrativa dell’ente.
Il Patto di stabilità, in sostanza, impone un limite tassativo nei pagamenti, soprattutto per quanto riguarda i lavori pubblici. Il Comune, paradossalmente, potrebbe avere i soldi per finanziare nuove opere, o per il cofinanziamento, ma, di fatto, non può farlo in quanto, in seguito, non potrebbe pagarle per rispettare quel limite dettato dal patto di stabilità.
È un sistema che restringe l’autonomia del Comune impedendogli sia di realizzare nuove opere pubbliche, sia di eseguire interventi di manutenzione straordinaria che gli impianti richiedono in maniera sempre più urgente. Disponibilità finanziarie che potrebbero essere destinate agli investimenti, all’occupazione e al sociale non possono essere utilizzate poiché i vincoli del Patto non lo consentono.
In altri casi, i Comuni che possono godere del cofinanziamento dei fondi europei per progetti di sviluppo e dovendo compartecipare con proprie risorse essendo in condizioni di difficoltà di liquidità non possono accendere mutui a causa dei vincoli che il governo centrale pone all'indebitamento, per cui dovranno rimettere nei cassetti progetti necessari per la propria comunità, anche se finanziabili coni fondi europei.
In questo malessere generale in cui erano coinvolti i Comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti, dall’anno 2013 si ritrovano anche i comuni più piccoli.
Se non rispettassimo il patto di stabilità, incorreremmo in una serie di sanzioni molto pesanti, fra i quali: la riduzione dei trasferimenti ordinari dovuti dal Ministero al Comune, cioè liquidità che lo Stato versa al Comune annualmente, necessari per pagare le retribuzioni al personale dipendente; una conseguente forte riduzione delle spese correnti; l’azzeramento delle spese per le manutenzioni ordinarie (strade, verde pubblico, edifici pubblici, ecc.); la riduzione drastica dell’erogazione dei servizi assistenziali o del sostegno a tante iniziative associative; il divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia di contratto o la risoluzione di alcuni contratti in essere, che comporterebbe un pesantissimo rallentamento dell’attività amministrativa anche in termini di risposte alle legittime istanze dei cittadini; il divieto di ricorrere all’assunzione di qualsiasi mutuo per la realizzazione di nuove opere pubbliche (strade, scuole, ecc.).
Altro paradosso, i Comuni, in applicazione di una recente normativa, sono obbligati a pagare i fornitori in tempi brevi, ma ciò non si può fare, perché, pur avendo fondi a disposizione, la normativa sul Patto non lo consente.
Non è più possibile, bisogna superare i vincoli derivanti dal Patto di stabilità autorizzando i Comuni a utilizzare risorse accantonate, al fine di collaborare al decollo di un’economia stagnante.
È necessaria una mobilitazione generale. È necessaria un’autorizzazione del Governo centrale a sforare il Patto. È ora di affidarsi a una sobrietà intelligente che non penalizzi chi lavora e produce ricchezza e salvi le imprese dal fallimento.
Gli enti locali, senza la necessaria autorizzazione non possono investire nei settori sopra richiamati senza incorrere in sicure sanzioni, per cui il Presidente Monti, prima di andare via, potrebbe farlo benissimo. E i Sindaci potrebbero fronteggiare l’emergenza sociale prodotta dalla crisi e risollevare le sorti di molte piccole aziende artigianali e commerciali locali. In questo modo, riattivando lavori e manutenzioni nel territorio, si potrebbe dare un valido aiuto alla ripresa dell’economia locale e nazionale e alla creazione di nuove opportunità di lavoro.
Per questo serve un atto di coraggio, i vincoli europei possono essere applicati in modo differente nei singoli Stati secondo le esigenze di ognuno. Serve un pressing da parte dei Sindaci, dai Presidenti di Provincia e di Regione, dalle associazioni dei Comuni per chiedere un’attenuazione dei vincoli del Patto.
L’economia italiana è allo stremo e non può più aspettare.
Sebastiano Pirrone
18 marzo 2013
Sebastiano Pirrone, da uomo esperto della materia, è responsabile del settore economico finanziario di un piccolo comune, pone una questione importante e urgente. Si tratta di sbloccare tantissime risorse dalle casse di molti enti locali per dare ossigeno al tessuto economico del Paese. Ecco un punto sul quale i governi, fino all'ultimo ancora in carico, avrebbero potuto fare invece di perdersi in chiacchiere inutili. E ancora adesso, dice bene l'autore, sarebbe possibile farlo. Il professore, così ben visto in Europa, e dall'alto della sua scienza, potrebbe ancora compiere un gesto forte e significativo. Ma forse è ormai troppo impegnato nelle alchimie della partitocrazia, lui che è stato catapultato dalla cosiddetta società illuminata negli scranni del Parlamento e del Governo. Peccato. Una ulteriore e grave mancanza. Un'occasione perduta per l'Italia. Poveri Comuni e poveri sindaci, chissà che fine faranno. Loro e tutti noi.
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