di Salvo Geraci - Siamo davvero prossimi al Natale. Desidero, quindi, rivolgermi a tutti gli amici e lettori di PoliticaPrima mantenendomi su considerazioni di ordine generale. Come forse faccio sempre del resto.
Infatti soprattutto quando si parla di politica, e in special modo in questo tormentato e tormentante periodo, seppure utile per capire le dinamiche profonde che esistono nella fattispecie nei guazzabugli che si determinano, come è comprensibile, in vicinanza di elezioni ormai di qualsiasi genere, entrare troppo nel particolare rischia, tuttavia, di far perdere, appunto, il senso dell’insieme. E, a mio modesto avviso, navigando, seppur ai margini, e forse proprio per questo, di questo mondo affascinante ma tentacolare, il rischio peggiore consiste proprio nel perdere la globalità del vedere.
E, se anche può intrigarci il “perderci” in questo microcosmo (si fa per dire) ai limiti dell’arte, della pragmatica e di tante altre sfumature che catturano chi le si avvicina, perdere la visione di insieme può comportare il distacco (questo si) davvero pericoloso, dalla società vista nel suo complesso; non soltanto, dunque, come categoria dell’esistenza in comune, ma, direi, anche e soprattutto, come categoria delle categorie… che comprende dunque anche istanze provenienti dalla cultura, dall’economia, è un po’ da tutti quegli altri ambiti all’interno dei quali quotidianamente l’uomo si dibatte, dacché, ormai automaticamente, con la propria nascita (insieme al debito pubblico, in quota) ha stipulato, del tutto inconsapevole, un contratto con la società all’interno della quale è venuto al mondo.
Come corollario, mi pare opportuno considerare quanto tale automatismo, che, in fondo, può apparire del tutto casuale, determina poi, in modo estremamente vincolante (e spesso crudele), le condizioni nelle quali ogni essere umano gestirà la propria esistenza. La biologia, del resto, sempre più assegna all’ambiente, nel senso più lato del termine, un ruolo dominante sul DNA, che per secoli è stato invece ritenuto la componente più incidente. L’essere nati in una famiglia benestante, non v’è dubbio che determini una condizione di vita più serena, e così il ceto e tanti altri aspetti sui quali in genere si concorda. Quand’anche queste componenti determinassero contro-effetti, mi sembra abbastanza chiaro che, comunque, sarebbero risultanti da questo determinismo.
Ritornando al tema, allora, mi appare altrettanto abbastanza chiaro che uno dei pochi strumenti dei quali disponiamo per modificare l’agone all’interno della quale ci dibattiamo, è costituito proprio dalla politica. Nel momento nel quale, pertanto, la politica, come in un pallottoliere da lotteria, si agita da un punto all’altro, seguendo sue intrinseche regole che sembrano, almeno, non obbedire ad alcun metodo, il compito dell’homo-politicus deve esser tale da districarsi con energia e chiarezza di idee e di intenti, tra i complicati viluppi che si generano. Come farebbe però a comportarsi in tal modo se non mantenesse saldamente le redini dell’agire complessivo dell’uomo?! Il profeta Elia (non sono un esperto di letture bibliche, spero di non sbagliare), si diresse con sicurezza verso i cieli proprio perché in grado di dominare i due irruenti cavalli che simboleggiano le forze che principalmente muovono l’uomo all’azione: la ragionevolezza e la compulsività.
È, come avevo premesso, una considerazione di metodo, non di merito. Da questa comunque nasce in me, con prepotenza, il bisogno di chiedere al nostro direttore ed amico, Giangiuseppe, uno sforzo ulteriore. Perché ulteriore? Perché, da quando ha creato questo blog, oltre alle tantissime difficoltà, ha affrontato un impegno che, di norma, è il più defatigante: quello di migliorare se stesso, di crescere… e, a nessuno credo sia sfuggito, c’è riuscito, e ci riesce, perfettamente.
L’altro sforzo che gli chiedo, dunque, è quello di riunire, compatibilmente con gli impegni di chi ha interesse e piacere di partecipare, almeno in questo periodo, una volta al mese, la nostra “buona accolita”, per “tirare un po’ le fila” dei vari discorsi, e, per quanto possibile, aiutarci a trarre una sorta di “totali parziali” al fine di individuare delle direttrici, ovviamente non necessariamente univoche, che comunque ci consentano di procedere lungo “percorsi ordinati”. In sintonia, infine, con ciò che Shakespeare ebbe a dire a proposito della follia (ma ovviamente si tratta solo di un esempio poiché ci si augura che nessuno tra noi, forse tranne me, sia folle): “Questa è pazzia, tuttavia c’è del metodo in essa!”
Salvo Geraci
17 dicembre 2012
Questo “giocattolo”, come io lo definisco, questo luogo virtuale che è diventato molto più del reale. Un pensatoio, un dibattito continuo, un accavallarsi di pensieri, opinioni, a volte lontanissime e pur sempre pregevoli. Aperto a tutti, senza pregiudizi, dove ognuno è protagonista (sembra lo spot pubblicitario ma è la verità), ormai è diventato qualcosa di più, piano piano ha raccolto la presenza di intelligenze diverse, ha una sua identità riconosciuta è un luogo dove si fa opinione. Salvo Geraci, adesso, ci chiede di più. Ci spinge a fare ancora un passo avanti, con metodo. Iniziative e incontri da programmare, e qualche progettualità da tentare di realizzare. Ci proveremo, e continueremo quello che già stiamo facendo cercando sempre di migliorare. Grazie Salvo, per il tuo impegno e il tuo prezioso contributo.
RispondiEliminaLe questioni di metodo sono fondamentali, per non cadere nel generico e nel confusionario, quando non cadere addirittura nel tautologico, per cui la politica è la politica e le riforme sono le riforme e le istituzioni sono le istituzioni: perchè queste non escludono il merito, anzi lo richiedono. Merito e metodo possono anche avere delle parallele teoriche, ma se poi non si incrociano nella pratica, portano solo al vaniloquio e all'empirismo inutile. Per cui il tema suggerito da Geraci, come è stato sottolieato, ha bisogno di un bell'approfondimento e dobbiamo darci luoghi specifici per questo approfondimento, al più presto, senza aspettarci soluzioni miracolistiche, però senza cadere nel funzionalismo del fare (di cui tanti sono maestri), che spesso è un fare tanto per fare, inutile o nasconde altro e allora è dannoso, come ci insegna il nostro faticosissimo presente.FGM
RispondiEliminachiaramente:sottolineato
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