di Salvo Geraci - Ieri sera mi è capitato, cosa che del resto ormai avviene molto raramente, di stare a discutere per un'oretta con uno dei miei figli, giovane economista.
Per quanto io non abbia le sue competenze, tuttavia riesco in qualche modo ad interloquire con lui in virtù delle esperienze, tra le altre anche in economia, che ho maturato in una vita, ad oggi non lunghissima, ma assolutamente intensa.
Ambedue, pur tra visioni spesso diverse, ci siamo ritrovati concordi su di un aspetto che non ritengo marginale, anzi!
Era un tema che avevamo già trattato in sede di una ricerca economica sulla Sicilia, incarico consulenziale affidato dalla regione siciliana a me, e realizzato con il contributo di altri tecnici, docenti e dello stesso mio figlio (su questo lavoro era stato realizzato un bel redazionale -di molte pagine, quasi un inserto - da "Mondo economico").
La ricerca non è particolarmente datata, ed i temi trattati restano assolutamente attuali; ciò dimostra (se dovesse ancora servire) che non mancano le idee sui settori sui quali operare; e non mancano neanche alcune idee concrete, che ad oggi - se non fossimo tutti quanti presi da un nichilismo e un’abulia che definire masochistica è troppo poco - potrebbero essere realtà.
Riporterò qui appresso alcuni brevi tratti del documento finale, nel convincimento che inducano a riflettere e (chissà) magari inducano anche a tentare di farne la base per alcune iniziative. Ed in un momento nel quale - come dice Monti - "siamo sull'orlo del baratro", non sarebbe poca cosa.
L'era di Internet introduce un importante e definitivo elemento di discontinuità con tutto il passato. C'è un tempo anteriore ad Internet, ed un tempo successivo. La rete costituisce di fatto un vero cambiamento rivoluzionario, da molti definito di natura "anarchica". Questa nuova era si caratterizza anche per la crescente importanza che assumono il possesso, l'acquisizione e il trasferimento delle conoscenze; e, come è ovvio, anche tutti gli strumenti al servizio della gestione del sapere.
Si intende il sapere nelle sue varie forme (sapere in sé, saper fare, saper essere) e dimensioni (tacito o esplicito, individuale o collettivo); sempre più esso si va imponendo come fonte di ricchezza e di successo, risorsa preziosa da valorizzare.
"La prosperità delle regioni, delle imprese e degli individui dipende dalla loro capacità di navigare nello ‘Spazio del Sapere’. La potenza ormai deriva dalla gestione ottimale delle conoscenze, siano esse tecniche, scientifiche o che appartengano all'ambito della comunicazione, o che infine abbiano a che fare con la relazione ‘etica’ con l'altro… IL SAPERE E’ DIVENTATO LA NUOVA INFRASTRUTTURA”.
La combinazione delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie con la possibilità di disporre di strumenti che favoriscono la condivisione lo sviluppo di ‘know-how’ anche tra persone fisicamente distanti, ha condotto a notevoli cambiamenti nelle organizzazioni moderne, ponendo in essere un processo di dematerializzazione, che, in alcuni casi, si è concretizzato con la scomparsa definitiva dello spazio fisico.
Esistono già degli esempi tipici di questo fenomeno: sono le aziende cosiddette virtuali, ovvero quelle aziende che svolgono la loro attività esclusivamente sulla rete e sono del tutto prive di un proprio spazio fisico. Si caratterizzano poiché attuano modalità di interazione originali, rese possibili dalle nuove tecnologie (le prime comunità virtuali si sviluppano nel mondo a partire dalla metà degli anni 80).
Oggi queste forme di aggregazione tra persone che, di norma, non si conoscono e, in alcuni casi, nascondono la loro reale identità, cominciano davvero a diffondersi soprattutto in aree geografiche diverse dalla nostra, tanto da portare alcuni autori a descriverle come il territorio prediletto di un nuovo spazio antropologico: lo “Spazio del sapere”.
Le comunità virtuali infatti rappresentano forse la forma di comunicazione più interattiva presente sul Web e, grazie a questa caratteristica, si stanno rivelando particolarmente efficaci nella costituzione di gruppi di apprendimento tra persone distanti, finalizzati alla condivisione di idee, opinioni e progetti.
Mi sembrano delle idee semplici ma suscettibili di produrre grandi risultati. Per trarne il massimo profitto occorre che finalmente ci sia chiaro un aspetto del quale ancora, mi sembra, che non abbiamo acquisito piena consapevolezza. E cioè che il mondo sta cambiando radicalmente, se già non è cambiato. Ne discende che o noi ci conformiamo con questi cambiamenti, o altrimenti la sfida è perduta.
Ed allora i pochissimi che avranno capito per tempo e dato seguito a questa agnizione, non saranno soltanto i detentori del sapere, ma anche i detentori del nuovo potere; potere che non sarà facile mettere in discussione poiché fondato non soltanto sulle cose materiali ma, anche e soprattutto, sulla vivacità intellettuale e sulla determinazione per il raggiungimento degli obiettivi.
SALVO GERACI
07 agosto 2012
Gli spunti offerti da Salvo Geraci sono interessanti.
RispondiEliminaOrmai tutto ciò' che è scibile viene calato in questo mondo apparentemente silenzioso, apparentemente virtuale, apparentemente disponibile.
Dove casca l'asino?
Casca nella tendenza all'isolamento di chi viene colpito dalla bulimia informatica.
Si perde un qualcosa nel momento in cui invece di chiamare un amico per sapere cosa ne pensa di un qualche argomento ci si immerge nel WEB.
Da qui nasce il paraculismo di facebook che ha deciso che tutti coloro che si collegano sono "amici".
Sento dei ragazzi che non si conoscono, se non per qualche comunicazione internettistica, dire "quello è mio amico su facebook" oppure "mi ha rifiutato l'amicizia".
Si arriva alle iperboli di risse per comunicazioni rifiutate o troppo audaci.
Riprendere il concetto di amicizia come categoria dello spirito e non del cervello è la chiave per salvare l'essere umano?
Siamo un po' amici di persone distanti anche sotto il profilo sociale, economico culturale?
Il sapere di per se è omogeneizzante.
Chi ne detiene le leve ha un grande potere.
Sono convinto che il futuro sta nella capacità di aggregare per grandi temi, anche su internet, ma il fine ultimo deve essere quello di creare contatti reali, materiali, di persone che si contattano sul web e poi si devono guardare in faccia, odorare, abbracciare o pigliare a timpulate.
Il contatto virtuale deve essere un mezzo per impossessarsi poi di spazi reali che altrimenti restano nelle dei soliti proprietari delle catene di comunicazione.
Il salto antropologico forse sta nello sfruttamento del mezzo informatico per amalgamare di più le persone che sono indotte a chiudersi sempre di più dalla strategia dei poteri forti.
Grazie Salvo per questo articolo con il quale ci fai discutere di qualcosa che spesso, invece, viene eluso.
RispondiEliminaChissà perchè tutti sappiamo che sapere è potere, così come potere è sapere, ma questa verità la nascondiamo a noi stessi dentro l'angolo più buio del nostro cervello. Non ho dubbi, facciamo questo per paura di dovere ammettere con noi stessi che non sappiamo abbastanza per avere anche un piccolo potere, e viceversa.
L'uomo è un dominatore, quindi vuole dominare la sua vita, il suo territorio e tutto e tutti quelli che stanno o che lui fa entrare dentro il "suo territorio".
Ma nello stesso tempo vuole fare parte comunque del "branco", per paura di restare solo,ma vuole altresì appartenere ad un "branco" più piccolo ed eletto, cioè al "branco del potere", comunemente detta "casta". E quì arriviamo al capolinea della essenza umana.
Personalmente ricordo ancora la prima lezione di economia politica del Prof. Mirabella: "noi adesso studieremo come il potere dà denaro e il denaro dà potere".
Dunque esiste da sempre una legge non scritta di questo tipo: il sapere da potere, e il potere da denaro. Ma anche il contrario il denaro da potere, e il potere da il sapere. Navigare dentro questa legge non è di tutti, ma di pochissimi.Ciò avviene per tantissimi motivi.
Internet e la rete, infatti, tra l'altro dimostramo proprio questo: tutti, o quasi, navighiamo in rete, ma solo qualcuno si arricchisce per questo a livelli stratosferici, cioè gli inventori e i costruttori dei computer, di internet, di google,di facebok . etc.
Chi fa commercio elettronico si arricchisce, ma fa fallire chi fa commercio tradizionale (vedi agenzie di viaggio), ed è un ectoplasma per i clienti (vedi banche on line).
Se a questo aggiungiamo che la rete è una foresta nera dove chi vuole, e sono molti, nascondono la propria identità, e che da facilmente grande dipendenza , allora capiamo che dobbiamo smitizzarla e confinarla a quello che è e deve essere: una macchina da usare solo quando serve e per il tempo strettamente necessario.
A tal proposito mi piace ricordare un aneddoto di Edoardo De Filippo. Una volta un giornalista della Rai gli telefonò per chiedergli un'intervista, e non appena l'attore chiese "chi parla ?", il giornalista disse "parla la televisione !". Edoardo, allora, rispose subito "un attimo che le passo il frigorifero !".
Per me le cose dovrebbero andare così, anche con la rete.