di Ignazio Coppola - “La Sicilia lasciata a se troverebbe il rimedio: Stanno a dimostrarlo molti fatti particolari e ce ne assicurano l’intelligenza, l’energia dei siciliani e l’immensa ricchezza delle loro risorse.
Una rivoluzione sociale accadrebbe necessariamente, sia con il prudente concorso della classe agiata, sia per effetto di una violenta rivoluzione. Ma noi italiani delle altre province impediamo che ciò avvenga. Abbiamo legalizzato l’oppressione esistente e assicuriamo l’impunità all’oppressore”. Questa era la lucida conclusione, ed ancora oggi attuale, dell’inchiesta che i toscani Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti nel lontano 1876, fecero sulle condizioni della Sicilia appena 15 anni dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia. Una condanna più esplicita non si sarebbe potuta avere nei confronti dello stato italiano, che, con metodi repressivi e autoritari, aveva frenato il processo di crescita e di autodeterminazione del popolo siciliano. Ebbene a distanza di 150 anni, e quello che sta accadendo in questi giorni di richiesta da più parti al governo Monti di un anticostituzionale commissariamento della Sicilia, va esattamente in questa direzione con l’ineluttabile conseguenza che da sempre nulla è cambiato nel travagliato rapporto Sicilia-Italia.
E per questo faccio anche mio il recente e accorato appello di quegli uomini di cultura di intellettuali e di economisti di vari schieramenti ed appartenenze, di chiamata a raccolta di tutte le forze autenticamente sicilianiste ed autonomiste a salvaguardia di quelle prerogative sancite nello Statuto della Regione Siciliana e per troppo tempo disattese Prerogative di un Istituto Autonomistico che addirittura da molti e tra gli altri purtroppo da alcuni siciliani (leggi la recente intervista sul Corriere della Sera di Ivan Lo Bello) si intende definitivamente cancellare.
Un appello, rivolto a quelle forze e quegli uomini autenticamente meridionalisti e sicilianisti che trasversalmente al di fuori di appartenenze e di schieramenti dell’essere di destra o di sinistra hanno a cuore il bene comune della nostra isola e la salvaguardia dell’identità del popolo siciliano, e che opportunamente, in questo senso, pone l’esigenza di un rilancio dell’Istituto Autonomistico Regionale. Un appello fondato sui valori della solidarietà, della tolleranza, della democrazia economica e dello sviluppo della Sicilia in termini produttivi e di valorizzazione delle enormi risorse e potenzialità che la nostra regione possiede.
Le ricchezze di questa terra sono enormi, rimaste per troppo tempo inespresse e mortificate da una classe politica ascara e servile funzionale agli interessi economici del nord e del potere centrale che ha condannato, assegnando loro un ruolo marginale sul piano dell’economia, il Sud e la Sicilia al più deprimente ed umiliante assistenzialismo e clientelismo. Lo sviluppo del turismo e la valorizzazione dei beni culturali, un patrimonio immenso che tutto il mondo ci invidia, la razionalizzazione e la trasformazione dell’agricoltura, lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, la valorizzazione delle nostre tradizioni del mondo delle professioni e della cultura, lo sviluppo della piccola e media impresa produttiva, da sempre struttura portante dell’economia isolana, la razionalizzazione e la modernizzazione dell’attuale apparato industriale, la valorizzazione e la salvaguardia del nostro patrimonio ittico e il sostegno e la tutela delle marinerie siciliane tra le più significative del nostro paese, una puntuale politica del trasporto, essendo la Sicilia, a seconda dei casi il punto terminale o di partenza dei bacini di traffico del territorio nazionale e della stessa Europa, una sana politica del credito funzionale allo sviluppo della economia siciliana e una seria e concreta, nei fatti e non a parole, lotta alla criminalità mafiosa credo siano i temi su cui le forze sicilianiste (autonomiste, indipendentiste, tradizionaliste e meridionaliste) sensibili agli appelli all’unità che oggi da più parti vengono fatti debbono ritrovarsi ed aggregarsi mettendo in campo, prendendo spunto da una questione meridionale mai risolta, un progetto comune. “Il progetto Sicilia”. E nell’insita coscienza, come sostennero nel lontano 1876 Sonnino e Franchetti, di essere protagonisti del proprio futuro e nella riscoperta della loro identità che i siciliani potranno ritrovare in tale progetto una forza rigeneratrice e di riscatto delle loro condizioni di vita rispetto ad una più sviluppata economia del resto del paese e liberandosi e affrancandosi finalmente da una classe politica servile ed ascara ai voleri e agli interessi centralisti e ancor più della finanza e dell’economia settentrionale.
Solo una crescita economica e sociale fondata sulla presa di coscienza delle proprie forze e sulla valorizzazione delle proprie autonome risorse potrà consentire alla Sicilia di accorciare il profondo divario e la atavica marginalizzazione economica in cui da sempre è stata volutamente relegata, con l’auspicato passaggio da economia assistita ad economia produttiva e in un contesto di visione geografica e strategica di isola al centro del Mediterraneo. Isola di pace e di solidale accoglienza dei flussi migratori, ma soprattutto punto di riferimento e centro di politica di scambi commerciali con i paesi rivieraschi del Mediterraneo e con gli stessi popoli recentemente protagonisti della primavera araba.
Ed è sul passaggio fondamentale da economia assistita a economia produttiva, e il come si realizza, che deve fortemente caratterizzarsi questo “Progetto Sicilia” che, può e deve essere messo strategicamente in campo da quelle forze e da quei movimenti, e oggi sono tanti, nella loro accezione più unitaria che vogliono essere, senza infingimenti, protagonisti impegnati per il rilancio e per l’affermazione di un solidale autonomismo fondato su valori certi, includibili ed ineludibili per dare ai siciliani,affrancandoli dal bisogno e dai ricatti elettorali, certezze sul piano della crescita,della stabilità del lavoro, della legalità, della libertà d’impresa e della democrazia economica. E per dare voce e consequenzialità a tutto questo, come sostengono alcuni, senza porre tempo in mezzo, è necessario un patto federativo tra tutte le forze sicilianiste, autonomiste, meridionaliste e tradizionaliste che dia vita ad un asse di emergenza convocando gli stati generali di queste forze che, nel primario interesse della Sicilia, conservando le loro identità e le loro peculiarità, siano in condizione di mettere in campo un soggetto in grado di redigere e sottoscrivere un “manifesto dei siciliani” che possa avere un autorevole voce in capitolo nel dibattito politico regionale e nazionale e più specificatamente in occasione delle prossime scadenze elettorali.
IGNAZIO COPPOLA
20 luglio 2012
Anche stavolta Ignazio Coppola mi sottrae al pragmatismo della politica politicante e cerca di elevare il livello della discussione.
RispondiEliminaPero'......
Pero'.......
Mi sono ormai convinto che le istanze sicilianiste per essere prese in considerazione seriamente devono entrare all'interno delle istituzioni dove si fanno le leggi.
Dove si difendono con i denti gli interessi sani di una comunita'.
L'esempio della Padania, con i giusti distinguo, ci dovrebbe fare da guida e faro.
Le forze autonomiste in Sicilia si sono incartate per mantenere un potere da cogestire con i partiti tradizionali.
Cio' ha portato l'attuale governo della Sicilia a perire miseramente sotto i colpi delle esigenze romane e bruxellane.
Non intravedo istanze autonomiste in nessuna forza politica siciliana.
Mi accontenterei di una maggiore attenzione per la soluzione dei problemi veri che stanno inginocchiando il nostro territorio.
Smantellare le risacche di assistenzialismo elemosiniere e ridare dignita' ai lavoratori.
Se l'autonomismo facesse proprie le istanze di chi produce, senza costringere per logiche meschine di mercato a distruggere l'agricoltura, il turismo, la cantieristica navale nel mediterraneo etc etc. mettendo i famosi testicoli sul tavolo e levando i leccapartito dal proprio parterre elettorale, forse si darebbe inizio alla seconda repubblica proprio dalla Sicilia.
Ho letto l'articolo e l'ho trovato lungo e di lettura non facilissima.
RispondiEliminaL'autore mette nel piatto un grande numero di argomenti, ognuno dei quali meriterebbe degli approfondimenti specifici.
Inoltre, la soluzione proposta non mi pare facile e nemmeno efficacissima.
Cosa propone, infatti, l'amico Coppola?
Un patto federativo tra tutte le forze sicilianiste, autonomiste, meridionaliste e tradizionaliste che dia vita ad un asse di emergenza convocando gli stati generali di queste forze che siano in condizione di mettere in campo un soggetto in grado di redigere e sottoscrivere un “manifesto dei siciliani” che possa avere un autorevole voce in capitolo nel dibattito politico regionale e nazionale e più specificatamente in occasione delle prossime scadenze elettorali.
La difficolta' non sta nella proposta in se' ma nel fatto che tutte queste forze sicilianiste, ecc. semplicemente non esistono o sono talmente insignificanti da non potere, a mio modesto parere, attingere che a risultati altrettanto modesti e insignificanti.
Il motivo e' chiaro. Se ai nostri politici piu' importanti e che, almeno teoricamente, potrebbero essere in grado di smuovere le acque, non importa niente di queste problematiche, cosa vogliamo ricavare da un'eventuale convocazione di enti e associazioni che non contano niente e che esistono magari come circoli pseudo culturali buoni per un paio di conferenze annuali e come luoghi dove giocare a carte?
I movimenti indipendentisti storici sono finiti come sappiamo e adesso non mi pare che ci sia niente di significativo.
Ovviamente attendo smentite.
Apprezzo e ringrazio Coppola per gli stimoli che ci dà sulla storia siciliana per la quale nutre un evidente passione e che considera utile chiave di lettura per il riscatto della Sicilia di oggi.Tutto questo lo condivido anch'io, e penso anche molti amici di questo blog.
RispondiEliminaTrovo illuminante sul "presente di allora", il 1876 e su quello di oggi, 2012, la relazione conclusiva dell’inchiesta di Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti. Che cosa "illumina" questa relazione? ebbene, illumina sempre la stessa immutata immagine: la Sicilia è un chiodo piantato al muro, è un "fermo immagine! La Sicilia e i Siciliani sono sempre uguali a se stessi nei secoli dei secoli. Amen!!! D'altronde uno dei nostri più antichi proverbi popolari recita: " cu nasci tunnu, un pò muriri quatratu!". Grande verità scritta a lettere cubitali con il nostro stesso sangue plurisecolare.
Cosa volevano dire, infatti, Sonnino e Franchetti? Per me, benchè volutamente "criptato" per i "babbei" parlamentari nazionali non siciliani di allora, è di una evidenza lapalissiana.I relatori denunciano che il nuovo governante della Sicilia, lo Stato Italiano a trazione Sabauda,non ha "liberato" i siciliani (gente intelligente) dalla "oppressione esistente" (cioè la mafia, che era sicula e non sabauda), ma anzi ha "assicurato l'impunità dell'oppressore(cioè la mafia)". Ma più chiaro di così? Il Regno di Piemonte aveva potuto annettere il Regno delle due Sicilia grazie alla massoneria siciliana (il c.d. "u' tavulinu"), il cui braccio armato era (ed è sempre rimasto) la mafia, che ha dato ai Savoia il "potere formale" in cambio del mantenimento del "potere reale".
Che cosa è cambiato dalla dominazione romana alla cronaca di queste ore? Assolutamente nulla! Il chiodo è sempre piantato ed immobile nel muro, anche se sempre più arruginito che mai.
Il sig. Coppola è uno studioso serio , con una preparazione storica documentata, non convenzionale, anzi antitetica alla storiografia ufficiale, cosa che lo porta ad un rivendicazionismo "autonomistico" ed una specialità "sicilianista" non suffragata dai fatti, ne dalla storia. Le tesi da lui esposte ci costringono a studiare e riflettere prima di rispondere. Mi sembra utopistico che la sicilia nell'era e nel mondo dell'economia globale e di mercato...senza avere mai avuto una classe dirigente industriale, progressista, onesta e lungimirante, anzi l'unica classe dirigente che ha avuto negli ultimi 150 anni è stata al massimo una borghesia gattopardesca, terriera e latifondista, senza alcuna cultura industriale. Dirò di più, questa classe di borghesi e ricchi parassiti per tenersi in piedi ha dovuto utilizzare il fattore "M" cioè "mafia e massoneria". Quest'ultima è l'unica specificità siciliana. Ho avuto la ventura di leggere un libro di fanta-politica dello scrittore catanese Perrone "giubileo 2050" dove egli prefigura ed immagina una italia spaccata in 4 parti già nel 2020, cosi suddivisa: la padania al nord con espressione politica-economica mittel-europea tipo austro-bavarese, al centro(lazio-umbria) il "regnum cristi" dominato dal papa, l'alleanza del sud dalla campania fino alla calabria dominata dalla "camorra", infine la repubblica di "trinacria" dominata dagli eredi di "riina e provenzano". Fanta-politica? Però verosimile. L'autonomia ottenuta per un ricatto della storia ( il banditismo del periodo "Giuliano") ed una possibile annessione agli americani ( io tra i tanti padroni avrei preferito quast'ultimi), soltanto una dominazione "mitteleuropea o anglosassone" avrebbe potuto modificare il carattare lassista-mediterraneo, forgiato da secoli di dominanza culturale-antropologica, prima ellenica-romanica, in ultimo spagnola-borbonica. Soltanto il periodo " normanno-svevo", dominanza, guarda caso nordica-mitteleuropea, ci permise di assurgere ad una specificità politica-economica nell'europa di allora e diventare stato seppur una monarchia illuminata di origine "tedesca". Queste mie ipotesi vengono suffragate anche da esempi geograficamente vicini a noi, es. l'isola di malta che è piu a sud della sicilia essendo sotto la sfera di influenza politico-militare-culturale britannica ha un profilo internazionale superiore a quello siciliano, se non altro perchè al nome "malta" non viene mai associato il nome "mafia", quello che succede(all'estero) purtroppo nel pronunciare il nome sicilia. Per cui il minore dei mali per i siciliani sarebbe avere uno stato centralista che garantisca la sicurezza con la forza, anche militare, e consenta a chi vuole investire o di avviare una attività imprenditoriale di non andare a pagare il pizzo al "Totò" di turno. Altrimenti una rivoluzione anche violenta ad impostazione "social-comunista" che azzeri la ricca borghesia parassitaria ed imponga la collettivizzazione dell'economia e dei mezzi di produzione e la dittatura del proletariato, ammesso che avessimo un proletariato di tipo "marxisista" invece che un sottoproletariato "smidollato" ed "invertebrato" dopo tanti anni di bieco assistenzialismo.
RispondiEliminaSto tornando adesso dal mare. Dopo due ore di ossessionante calura, sopportata stoicamente per adempiere al mio siculo dovere di "patri i famigghia" che porta a mare "figghi e muggheri" (ma perchè non ci vogliono andare da soli, ancora non l'ho potuto capire). Comprendete bene, amici del blogg, quali residue e traballanti forze rimangono nel mio "martoriato" corpo.
RispondiEliminaPur tuttavia, il mio sacrificio non "fu" (per dirla alla siciliana) inutile, perchè volendo cercare ristoro nella lettura della cronaca politica nazionale, così come riportata da " La Repubblica" a pag. 11, ho appreso una "notiziuola" di mezza pagina che schiarisce tutte le nubi sulle domande e i misteri che i siciliani ci poniamo da 150 anni ad oggi, compreso l'articolo di Coppola.
La notizia è questa: Il Ministro della Giustizia Severino ha dato il suo assenso a che il Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, attuale P.M. dell'inchiesta sulla trattativa Mafia-Stato, venga posto fuori ruolo dalla magistratura, a tal proposito il CSM la settimana prossima darà il suo nulla-osta, per essere nominato componente della Commisssione Internazionale d'inchiesta contro l'impunità in Guatemala (CICIG)voluta dall'ONU. Ingroia sarà il numero due del CICIG, ma in realtà sarà lui il capo perchè sarà lui che guiderà l'unità investigativa.
Purtroppo (guarda caso),Ingroia non potrà sostenere tra qualche mese la requisitoria contro il Gen. Mori che protesse la latitanza di Bernando Provenzano e stimolò e condusse la trattativa Stato -Mafia, sul tesoro e i 70 conti bancari di Marcello dell'Utri, sul Prediente del Senato Schifani per concorso in associazione mafiosa. Ma non c'è problema, la terrà uno dei suoi quattro collaboratori (Di Matteo), perchè purtroppo (guarda caso) il Procuratorte Capo Messineo da subito e da sempre ha scelto di non occuparsi di questo fascicolo, nè ritiene opportuno che adesso la avochi a sè.
Ieri in un blitz sulla circonvallazionea Palermo la Polizia ha bloccato una Panda che a bordo aveva armi da guerra che doveva consegnare a "qualcuno" per fare "qualcosa". Oggi Ingroia ha accettato subito con grande piacere questo prestigioso incarico che lo terrà lontano da Palermo da "subito" per un anno, ma rinnovabile. Con lui si sono congratulati solo i 4 suoi collaboratori del Pool.Tutti gli altri tacciono, pure gli uscieri del Palazzo di Giustizia. Solo Pierferdinando Casini ha dichiarato che se lui dovesse essere giudicato da un giudice come Ingroia sarebbe molto preoccupato.
Finalmente la Sicilia si è riscattata da ciò che è stata per 150 anni dall'Unità d'Italia fino ad oggi. Perfino il nuovo Re d'Italia,(Re Giorgo Napolitano), che da qualche giorno era indignato per le intercettazioni sulle sue telefonate sulla trattativa ordinate e agli atti di Ingroia, oggi è più sereno, si dice fiducioso che queste "macchinazioni" finiranno in nulla di fatto, la cosa più importante adesso è fare la "legge elettorale". Capito?
Ohhh! Finalmente giustizia è fatta. Una nuova boccata di aria pulita. Avremo un altro siciliano che "cu niesci, arriniesci", quindi di cui andare giustamente fieri. Ma soprattutto, e questo è almeno quello che amaramenti mi consola, avremo una fiaccolata in meno da ripetere ogni anno per 20 e più anni. Sono sicuro che pure Falcone e Borsellino (maestro di Ingroia) stanno cercando scassinare dall'interno le bare dove sono rinchiusi per uscire fuori. Ma, francamente, non ho capito perchè.