di Giuseppe Maduli - Dal sito de “Il Fatto Quotidiano” e da un articolo pubblicato il 16 luglio 2012, si apprende che secondo il sig. Ivan Lo Bello, vice presidente di Confindustria Sicilia, in riferimento alla disastrosa situazione delle casse della regione Siciliana,
< per il risanamento è indispensabile che il governo Monti metta “mano ai conti della Regione, controllando un bilancio reso non trasparente da poste dubbie e residui inesigibili”. Gli sprechi, a partire dai 20mila dipendenti regionali, che “non si rendono conto del rischio che corrono”, sono “effetto di una autonomia che ha finito per danneggiare tutti e tutto” e “ se fossimo stati controllati dallo Stato noi siciliani non avremmo oggi 30mila precari e 30mila forestali”. Un’autonomia peraltro “concessa nel dopoguerra, in condizioni storiche e politiche ormai lontanissime, ma utilizzata da scriteriate classi dirigenti per garantire a se stesse l’impunità”.>
Certo, la Sicilia conta oggi un numero assolutamente spropositato di impiegati regionali e forestali, ma anche comunali in molte città, ed è governata da una classe politica assolutamente non all’altezza del nobile compito che era chiamata ad assolvere ma, prima di emettere sentenze sbrigative e superficiali, certuni dovrebbero forse chiedersi il perché di tali anomalie, ricercarne le cause e proporre soluzioni credibili. Gli enti pubblici in Sicilia, come in tutto il Sud, hanno di fatto assunto l’impropria funzione di ammortizzatori sociali; ammortizzatori che, complice il voto di scambio, la speculazione sulle reali necessità e bisogni del popolo Siciliano, la sete di potere di politicanti senza scrupoli, si sono trasformati di fatto in qualcosa che è divenuto ausiliario al potere stesso anzi, supporto e complice di esso. Ma una tale realtà, a ben guardare, discende dalle miopi politiche dei vari governi nazionali e regionali che nel tempo si sono succeduti; governi che invece di creare le condizioni per una sana crescita sociale, culturale ed economica, hanno continuato lo scempio ed il saccheggio delle nostre terre avviato ormai centocinquantuno anni fa.
Scempio iniziato con lo smantellamento delle nostre industrie e delle nostre fabbriche; proseguito con l’appropriazione del nostro oro depositato al Banco di Sicilia (e di Napoli); con la cancellazione della stessa Banca; con la Cassa per il Mezzogiorno che fingendo di intervenire nell’interesse dei popoli meridionali in realtà non faceva altro che ingrassare imprese ed industrie non certo locali; con l’impiego scellerato dei fondi FAS adoperati come bancomat dai vari governi e via dicendo; l’elenco sarebbe lungo.
Governi che lungi dal ricercare quelle condizioni economiche e sociali che avrebbero consentito alla Sicilia ed a tutto il Sud quella sana ed armonica crescita che avrebbe a lungo termine determinato, in fin dei conti, una migliore condizione generale dell’intero Stato Italiano, hanno fatto a gara ad umiliare, svilire, mortificare, annullare ogni sforzo, ogni iniziativa, ogni desiderio di riscatto. La realtà dei fatti è che oggi una famiglia su tre in Sicilia ed in tutto il Sud è classificata come povera; che i giovani, specie quelli ad alto grado di istruzione, lasciano le loro terre; che il credito a famiglie e imprese è strozzato. Ma c’è di più. In Sicilia e in tutto il Sud, sulla base di farneticanti asserzioni statistiche, puntualmente contraddette e smentite dai dati ufficiali, i cittadini debbono pagare assicurazioni sui propri veicoli con premi che superano del doppio quelli dovuti in altre regioni; possono, quando riescono, accedere al credito con tassi d i interesse ben più alti di quelli richiesti in altre aree del paese.
E dopo tutto ciò, ma molto altro ancora, si ha l’ardire di affermare che la responsabilità dello sfacelo della Regione Siciliana e delle sue politiche economiche e sociali sarebbe da addebitare allo Statuto della Regione? Ma di quale Statuto si parla? Di quello di fatto mai attuato, se non in minime parti, a causa dell’impedimento voluto e messo in atto sin dall’indomani della sua entrata in vigore attraverso la mancata stesura dei necessari decreti attuativi? E chi ha impedito che tali decreti vedessero la luce? Chi ha impedito che la Sicilia potesse camminare realmente con le sue gambe? Di quello Statuto che nell’interesse dei popoli meridionali, dovrebbe invece essere esteso a tutti le regioni meridionali, dall’Abruzzo alla Calabria?
Forse i partiti nazionali, tutti, potrebbero risponderci.
Invece di ricercare le cause che hanno determinato questo sfacelo, si preferisce saltare subito a piè pari a conclusioni superficiali e prive di analisi invocando, neanche tanto velatamente, l’annullamento di quel fantasma di Statuto, addossando a lui, oltre che ai politicanti di turno, la responsabilità del disastro. Ma bisognerà pure che qualcuno rammenti a chi professa tali assurdità che la Sicilia non è una normale regione; la Sicilia può considerarsi un quasi Stato confederato (forzatamente) con l’Italia; Stato al quale, però, è stato volutamente impedito di esercitare gran parte dei suoi poteri. Il suo Ente rappresentativo si appella come Regione Siciliana e non Regione Sicilia e questo, per chi ha dimestichezza con la lingua italiana, significa molto più di quanto possa sembrare. E questo suo status non discende da banali campanilismi o vuote manie di protagonismo: discende dalla storia.
Una storia che assegna alla Sicilia il primato e l’orgoglio di p ossedere la bandiera e il Parlamento più antichi d’Europa. Una storia che, al di là delle amare vicissitudini degli ultimi centocinquantuno anni, ha visto sempre questa terra protagonista della sua storia e del suo futuro. E di tutto ciò un numero sempre maggiore di Siciliani e di Meridionali ne acquisisce ogni giorno maggiore consapevolezza, come la manifestazione di appena pochi mesi addietro per la piena attuazione dello Statuto e la bella lettera del Prof. Massimo Costa di appena qualche giorno fa Appello ai Siciliani liberi: basta con i partiti tradizionali, scendiamo in campo per la nostra terra, stanno lì a dimostrare.
I Siciliani e, ne siamo certi, anche gli altri Popoli Meridionali non lasceranno che si perpetri l’ennesimo scippo alla nostra libertà ed alle nostre aspirazioni di riscatto culturale, sociale ed economico.
* Giovanni Maduli
22 luglio 2012
P.S. Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo in difesa dell’autonomia siciliana, a seguito dell’allarme lanciato da Ivan Lo Bello sul rischio default della regione e l’appello al governo Monti per un intervento immediato.
* Giovanni Maduli è Architetto libero professionista ed insegna Arte e Immagine presso una scuola media statale di Palermo. È titolare del sito www.regnodelleduesicilie.eu e vice presidente del Parlamento delle Due Sicilie: sito www.parlamentoduesicilie.eu
Pubblicato anche su www.regnodelleduesicilie.eu ed altri siti 18.7.2012
Mi permetto di suggerire una pagina del sito nocensura.com che ci fa sapere alcune cose molto interessanti sull'attuale situazione della Sicilia e che vanno ad integrare il forte articolo di Giovanni Maduli.
RispondiEliminaNe anticipo alcune frasi:
''Quanto viene sostenuto adesso da Mario Monti, che strumentalizzando ad arte la cattiva gestione dei politici siciliani parla addirittura di "bancarotta" è FALSO: l'obiettivo (non dichiarato ma palese) è quello di mettere mano allo "statuto speciale" dell'isola, che limita moltissimo l'influenza del governo centrale sulla Sicilia, demandando alla Regione moltissime competenze, TRA CUI LA POSSIBILITA' DI EMETTERE MONETA AUTONOMAMENTE, SENZA DEBITO, SENZA LO STROZZINAGGIO DELLE BANCHE CENTRALI, argomento affrontato anche recentemente dai "Forconi" e persino da Zamparini.: per saperne di più in merito leggete "La proposta di Zamparini. La creazione di una moneta complementare in Sicilia potrebbe rappresentare un PERICOLOSISSIMO precedente per gli eurocrati che stampano l'euro senza nessuna copertura aurea e ce lo prestano pretendendo lauti INTERESSI: una possibilità che fa paura, e che certamente vogliono eliminare.
Per chi volesse saperne di piu' ecco il link:
http://www.nocensura.com/2012/07/ecco-perche-la-sicilia-e-finita-nel.html
Ancora qualche frase tratta dalla pagina di nocensura.com :
Che la Regione sia a rischio 'default' non è vero: e la dimostrazione la troviamo anche nei dati del Dipartimento del Tesoro. Di seguito la tabella divulgata dalla pagina Facebook "Le città del sud" elaborata con i dati del Ministero, che dimostra come la Sicilia, al cui debito viene dato ampio risalto, è molto meno indebitata di altre regioni italiane, ad iniziare dal Lazio, a cui spetta il record con quasi 21 miliardi di debito, e persino della Lombardia: che ha un debito di oltre 13 miliardi e mezzo, contro poco piu' di 8 miliardi della Sicilia.
“La Sicilia non è una normale regione; la Sicilia può considerarsi un quasi Stato confederato (forzatamente) con l’Italia; Stato al quale, però, è stato volutamente impedito di esercitare gran parte dei suoi poteri. Il suo Ente rappresentativo si appella come Regione Siciliana e non Regione Sicilia e questo, per chi ha dimestichezza con la lingua italiana, significa molto più di quanto possa sembrare. E questo suo status non discende da banali campanilismi o vuote manie di protagonismo: discende dalla storia”
RispondiEliminaCondivido quanto scritto da Giovanni Maduli. E condivido pure la protesta organizzata contro la figura del Commissario dello Stato (ieri lunedì 23 luglio 2012). Una figura, quella del Commissario, che, come dice bene il prof. Massimo Costa, ha senso solo se è “terza”, cioè equidistante tra Stato e Regione, e non un superprefetto che commissaria in modo permanente la nostra Regione, mettendola al di sotto delle altre.
Detto ciò, nessuno può dimenticare l’uso che, spesso, è stato fatto dell’autonomia e dello Statuto. Una politica disastrosa, privilegi, sperperi e corruzione. Una miopia politica che ha condizionato le enormi potenzialità dell’isola e le sue prerogative costituzionali. Ma poiché tantissimo è stato già detto contro l’intera classe dirigente che ha governato la Sicilia, non serve ripeterlo.
Il dato fondamentale è, infatti, l’attacco incredibile, fazioso e interessato nei confronti dell’autonomia siciliana. Un fronte comune che deve fare riflettere molto su ciò che rappresenta la Sicilia per le forze politiche nazionali. Quelle stesse forze che hanno per decenni governato e gestito ogni più piccolo centro di potere secondo regole spartitorie mai abolite. Tutti nessuno escluso. E ciò che fa veramente male, adesso, è l’insipienza di personaggi di primo livello che non aprono bocca per difendere la loro terra, lasciando a Raffaele Lombardo questo ingrato compito e, anzi, addossando a lui ogni colpa. L’attuale Presidente ha già detto e confermato che il 31 luglio si dimetterà. Ogni alibi, quindi, sta per essere spazzato via. Le forze sane, i cittadini, i movimenti e quanti hanno a cuore le sorti della Sicilia, e, perché no, della sua antica autonomia, si facciano avanti. C’è tanto bisogno di loro.
Un sincero benvenuto nel nostro blog all’Arch. Maduli.
RispondiEliminaTra tutte , l’affermazione per me più intrigante è:“ La Sicilia non è una regione normale”. Esatto. Per me è tutto qui il “morbo” della Sicilia.
Infatti, è normale una regione i cui cittadini oggi non hanno il coraggio di ammettere che sono davvero sull’orlo della bancarotta fraudolenta? Che la colpa di questo default è tutta loro perché sono incapaci di darsi nuovi politici con un credibile progetto di rinascita della Sicilia per loro oggi e per i loro figli domani? Che invece continuano a dare la colpa ai Savoia, alla Repubblica Italiana e agli attentatori della speciale autonomia del 1947, e non invece ai deputati incapaci e corrotti che nel 2008 loro stessi hanno eletto con grande ovazione all’ARS ed al Parlamento Nazionale ed Europeo?
Buonasera. Ringrazio tutti per le gentili parole di apprezzamento e di benvenuto. Non si può non condividere quanto scritto da Nino Pepe in relazione ai veri motivi che hanno indotto il governo nazionale ad attaccare lo Statuto Siciliano; motivi che poco o nulla hanno a che fare con la reale situazione finanziaria della Regione Siciliana, situazione per altro smentita pochi giorni dopo dagli stessi organi di governo nazionale, ma che invece vanno ricercati nel timore che quanto previsto dallo Statuto possa oggi, e finalmente, essere messo in atto; non ultimo la possibilità di stampare moneta. E' questa, a mio avviso, insieme ad altre, la vera paura di Monti e dei poteri che esso rappresentra. Vorrei poi cogliere l'invito di Giangiuseppe Gattuso laddove scrive: "Le forze sane, i cittadini, i movimenti e quanti hanno a cuore le sorti della Sicilia, e, perché no, della sua antica autonomia, si facciano avanti. C’è tanto bisogno di loro." Come ho già accennato, sono titolare del sito www.regnodelleduesicilie.eu . In esso si trovaeranno tutte le motivazioni per le quali lo stesso è stato creato, le sue finalità e i suoi obiettivi. Fra questi ultimi vi è la creazione dei "Gruppi solidali"; gruppi che si impegnano fattivamente per il perseguimento degli scopi che il sito si prefigge. Poichè mi sembra di capire che le finalità dei Gruppi Solidali non siano dissimili da quelli che il gruppo di Politicaprima persegue, si potrebbe ipotizzare, se ritenuto possibile, un incontro conoscitivo volto alla eventuale individuazione di strategie e metodologie volte al raggiungimento di quegli obiettivi o, quanto meno, di quelle azioni ritenute utili per la collettività, per il futuro e, spratutto, per i nostri figli. Al momento le nostre attività sono leggermente rallentate a causa della pausa estiva ma, approfittando proprio di questa, si potrebbe tentare di porre le basi per un proficuo lavoro comune nel rispetto, ovviamente, delle reciproche specificità ed identità. Infine, nel ringraziare in particolare Pasquale Nevone per il gentile benvenuto, mi permetto di rilevare che, a mio parere, indubbiamente le responsabilità dei siciliani ci sono tutte, ma non va dimenticato che, come ho scritto nel mio articolo da Voi gentilmente pubblicato, la Regione, le Province ed i Comuni hanno di fatto assunto anche l'improprio ruolo di ammortizzatori sociali; con l'aggravante che tali ammortizzatori si sono trasformati non solo in voti di scambio, ma sopratutto in lasciapassare per gente di dubbia moralità interessata solamente al profitto ed all'interesse personale e che proprio su tali assistenzialismi e voti di scambio hanno costruito il loro potere ed il loro impero. Dai libri di storia si apprende che mafia e camorra, con l'avvento dell'unità d'Italia prima e con accordi più o meno velati con gli Stati Uniti alla fine della seconda guerra mondiale poi, hanno acquisito potere e voce in capitolo e si sono insinuati nei gangli del potere. Non sarà facile estirparli.
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