Unico articolo: “I trattamenti pensionistici erogati da soggetti pubblici, a prevalente partecipazione pubblica o il cui bilancio beneficia di erogazioni pubbliche superiori al 25%, non possono mai essere superiori ad una somma pari a quindici volte l’assegno sociale.
La presente disposizione si applica anche ai trattamenti in corso di svolgimento."
Sulla scia dei precedenti articoli che hanno sollevato tanto interesse intorno alla tematica delle cosiddette pensioni d’oro, prendendo al balzo la proposta di avviare una raccolta di firme che possa trasformare, in una proposta di legge, l’idea di porre fine a tale forma di diseguaglianza sociale, sono stati analizzati gli eventuali profili problematici, cui un testo normativo del genere potrebbe andare incontro.
Fondamento costituzionale
L’art. 3 della nostra Costituzione introduce nei suoi due commi i principi di eguaglianza formale (“...tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ...”) e sostanziale. In particolare, al secondo comma, la costituzione conferisce alla Repubblica il compito di rimuovere tutte le barriere di ordine economico e sociale che di fatto limitano la piena realizzazione dell’uguaglianza tra cittadini.
Un sistema previdenziale, con trattamenti tanto divergenti, come quello vigente, sicuramente non sembra realizzare l’eguaglianza sostanziale di cui parla la norma.
Diritto alla pensione come diritto alla libertà dal bisogno.
L’art. 38 della Cost. riconosce a tutti i cittadini un “diritto soggettivo alle prestazioni previdenziali”. Tale disposizione è frutto della concezione di sicurezza sociale, diffusasi nel secondo dopoguerra, secondo cui a tutti i cittadini deve essere garantita la libertà dal bisogno, in quanto questa libertà è ritenuta condizione indispensabile per il pieno ed effettivo godimento dei diritti civili e politici.
Quindi, compito dello Stato è semplicemente quello di garantire che tale condizione venga sempre mantenuta dai cittadini e, conseguentemente, qualsiasi intervento normativo volto ad eliminare il “diritto al trattamento pensionistico” violerebbe il dettato costituzionale.
Tuttavia, tale limite non colpisce la “discrezionalità del legislatore” nel determinare l’ammontare della prestazione; lo Stato è libero, infatti, di poter adottare provvedimenti di carattere restrittivo che, nei limiti cui all'art. 38, consentano una più “razionale gestione delle risorse finanziarie”, in vista della realizzazione di altri interessi di natura pubblicistica.
Ciò starebbe a significare che l’eventuale “interesse legittimo” del lavoratore ad avere una rendita pensionistica superiore a determinate soglie, è sacrificabile d’innanzi alla realizzazione di altri interessi pubblicistici (garantire a tutti la libertà dal bisogno, limitare il rischio crack del sistema previdenziale, ecc.).
Diritto alla pensione non come diritto ad una controprestazione.
Premesso che lo Stato ha il compito di garantire a tutti i cittadini la soddisfazione dell’essenziali esigenze di vita, oggi come in passato, la reale funzione socio-economica delle prestazioni pensionistiche è stata travisata.
La confusione è frutto dell’introduzione di regole che rapportano l’ammontare della rendita mensile a parametri, come: retribuzione, redditi percepiti nell'ultimo periodo di attività lavorativa o ammontare delle contribuzioni versate.
Tali metodologie di calcolo hanno indotto, la generalità dei consociati, a credere che le prestazioni previdenziali costituiscano una sorta di corrispettivo della partecipazione attiva alla produzione nazionale e, quindi, da proporzionare ai suddetti parametri.
La realtà è ben diversa, infatti, l’ordinamento italiano, come anticipato, riconosce semplicemente il diritto alla libertà dal bisogno e non il diritto ad una prestazione previdenziale di determinato ammontare.
Quindi, ben realizzabile appare l’introduzione di un tetto massimo alle prestazioni pensionistiche, indipendentemente dall'ammontare della retribuzione percepita durante la vita.
A scanso di equivoci, va precisato che, i contributi previdenziali hanno natura di “tributo” e sono imposti per reperire i mezzi necessari al soddisfacimento degli interessi pubblici connessi alla realizzazione della tutela previdenziale di “tutti” i consociati.
Meritocrazia.
Va evidenziato, comunque, che un ordinamento democratico è pur sempre tenuto a valorizzare i meritevoli, ossia coloro che, nella loro vita lavorativa, hanno assolto a delle mansioni che comportano maggiore impegno o responsabilità.
Tale equo trattamento differenziato, può essere realizzato con opportune maggiorazioni che si mantengano in un arco economico non eccessivo, tale da non contribuire a creare differenze sociali. In quest’ultimo caso, infatti, non si farebbe altro che sovvertire il principio di eguaglianza affermato dalla nostra costituzione (l’attuale sistema pensionistico evidentemente si macchia di tale colpa).
A proposito del possibile testo normativo, esposto in apice, l’assegno sociale oggi si aggira intorno alle 400,00 euro, ciò comporterebbe che la proposta normativa imporrebbe quale limite massimo di trattamento pensionistico la somma di euro 6.000, garantendo così, nello spazio infra, una differenziazione legittima e non sperequativa.
Diritti quesiti.
Il principio d’irretroattività delle norme è disposto dall'art. 11 delle preleggi (disposizioni preliminari al codice civile e penale), quindi da una fonte primaria, pertanto derogabile da qualsiasi norma successiva nel tempo.
Inoltre, qualsiasi tentativo volto a mettere in dubbio la validità costituzionale del testo in esame, rispetto ai diritti quesiti, si scontrerebbe con l’idea di giustizia costituzionale richiamata dallo stesso art. 3 cost.; quindi, prevarrebbe l’interesse superiore di solidarietà sociale, sull’interesse legittimo ad avere una pensione proporzionata a determinati parametri contributivi.
LAVORIAMO INSIEME
L’esposizione appena conclusa risponde ad un’impellente esigenza di carattere sociale, volta a porre fine ad una delle solite discriminazioni sociali italiane.
l testo in apice è sottoponibile a qualsiasi modifica, consiglio, apporto.
Ritengo che POLITICAPRIMA sia in grado di farsi portatrice e principale sponsor di una petizione popolare che contenga questo testo o un altro comunque ispirato agli stessi principi di giustizia sociale.
Naturalmente, sarà necessario l’aiuto di tutti… e si potrà richiedere l’aiuto dei GRILLINI, dei FORCONI e di altre parti della società civile.
Oggi ho 26 anni…domani anch'io voglio avere diritto alla pensione!!!
Salvatore Seminara
25 giugno 2012
Ho l'impressione che si tratti di articolo tosto, molto bene argomentato e dalla spalle larghe, che gli consentono, quindi, di resistere ad eventuali verifiche di carattere normativo o ad attacchi sul merito.
RispondiEliminaMi pare che PoliticaPrima stia cominciando a far spuntare qualche ideuzza niente male.
Questo articolo, chissà perchè, mi ha messo di buon umore.Vedere in mezzo a tanto bla bla qualcosa di concreto e di positivo fa sempre bene alla salute, meglio degli omega3.
Non conosco Salvatore Seminara di 26 anni, ma sono sicuro che per mezzo di PoliticaPrima avrò altre occasioni per conoscere qualche altro suo pensiero.
Un sincero elogio a Salvatore per il lavoro presentato e per la proposta concreta della petizione popolare. Come dire: pensiero ed azione.
RispondiEliminaPur tuttavia, sull’argomento confermo il mio scetticismo. Significherebbe tagliare diritti acquisiti in passato nel rispetto delle leggi vigenti “pro tempore” con leggi attuali dagli effetti retroattivi. Mi sembra una duplice violazione dei principi fondamentali del diritto talmente forte che, ritengo, la stessa costituzione con gli art. 3 (tutti in definitiva percepiscono la pensione proporzionata ai contributi versati) e l’art. 38 (lo stato comunque già concede una pensione sociale a chi non ha mai versato un €1 di contributi) non potrebbe sostenere pacificamente.
Certo, considerato che le leggi sono comunque decisioni umane, e nell’eventualità di un default della finanza pubblica che metterebbe a rischio la stessa sopravivenza dello stato, tutto è possibile. Quindi, tentare non nuoce.
Purtroppo, la cartina di tornasole di una previsione del genere lo dà quanto accaduto alla camera dei deputati lunedì scorso (vedi repubblica 26.6.12). L’on. Crosetto (PDL) ha proposto un tetto di € 6.000 alle pensioni d’oro degli alti dirigenti dello stato. Il governo ha dato parere negativo, se ne potrebbe parlare prossimamente nel’ambito del decreto sviluppo.
Continuando e perseverando nel compito che mi sono auto-attribuito di amanuense e sherpa del blog ( assieme a Nevone, pepe ed altri...)non posso fare a meno di elogiare il giovane Seminara che potrebbe essere mio figlio...poichè sono per i giovani lo faccio volentieri. Non entro nel merito delle questioni giuridiche perchè non è il mio campo. Però mi fa piacere che questo piccolo blog ha tre belle facce di avvocati...Seminara, Volpe, Varisco...in tal senso non mi sento di invidiare neanche berlusconi con quella "faccia di...ghedini" che si ritrova! Ho sempre pensato che nella vita due veri amici sono necessari: uno medico ed uno avvocato. Ed essendo io un medico, sebbene in pensione, mi arrangio e mi autocuro per quanto concerne la salute. Ma avendo bisogno spesso di consulenze giuridiche e di avvocati...mi solleva nel sapere che nel blog abbiamo 3 principi del foro!!
RispondiEliminacomplimenti...bisognerebbe creare una rete di persone, portali, giornali, etc che permetta di divulgare il messaggio e fare partire l'effettiva petizione.
RispondiEliminaL'ideale sarebbe fare partire una proposta di legge di iniziativa popolare, ma la strada è ovviamente impervia.
Io ho visto e firmato altre petizioni in materia, ma quella di cui all'articolo mi sembra molto ben congegnata... si potrebbe partire da qui
http://www.firmiamo.it/petizione/crea
L'articolo di Salvo Seminara entra nel merito di una questione spinosissima che questo blog ha trattato il 15 luglio dello scorso anno. E già allora veniva indicato un metodo per stabilire un tetto massimo alle pensioni. E cioè, moltiplicare per “n” volte (l'ipotesi è stata ulteriormente affinata, il 12 giugno 2012) con la regola di Adriano Olivetti: un dirigente anche il più alto in grado non può avere uno stipendio superiore a dieci volte quello dell’operaio) la cifra di una pensione minima dell'Inps per stabilire quale deve essere la pensione massima a carico della comunità. Tutto ciò che supera tale cifra va ridistribuito. E questo per cominciare a ristabilire principi di giustizia ed equità sociale.
RispondiEliminaSalvo Seminara individua il fattore “n” in 15, che in soldoni significa circa 6000 euro mensili. Ritiene che dieci volte non rappresenti un parametro adeguato. È una sua tesi e va rispettata.
Non c’è dubbio però che la proposta in se è rivoluzionaria. Beppe Grillo ne parla da qualche mese (max 3/4 mila euro mensili), altri hanno fatto proposte simili come per esempio Mario Adinolfi, il blogger e neo deputato del Pd (max 2000 euro, come in Svizzera) e, ultimamente, come riporta Pasquale Nevone, la proposta dell’On. Crosetto del Pdl, che si avvicina a quella di Seminara.
La proposta di Adinolfi, la più drastica, prevedrebbe un risparmio annuo, pensate un po’, di circa 100 miliardi annui (cento miliardi di euro!!!). Una cifra enorme che risolverebbe i problemi dei pensionati che fanno la fame (quella vera), dei giovani, dei disoccupati, del salario minimo garantito, etc etc.
La questione sollevata riguardo i diritti pregressi, e cioè il diritto di continuare a percepire queste vergognose pensioni perché frutto di leggi e regolamenti vigenti in quei periodi, (spesso concepiti ad hoc per favorire questo o quel personaggio, questa o quella categoria di potenti, mai i cittadini “normali”) è effettivamente la madre dei problemi. Rappresenta l’ostacolo più difficile da superare, come quella di spostare una montagna. Ma non per una questione legata alla violazione dei principi fondamentali del diritto e perché si andrebbero a toccare i diritti acquisiti con leggi attuali con effetto retroattivo. No. Il vero problema riguarda quello di andare a toccare i privilegi dei POTENTI, di quelli che ancora oggi COMANDANO. Altro che diritti acquisiti. Se si tratta di intervenire per toccare le pensioni, gli stipendi, le indennità di accompagnamento, e qualsiasi altra remunerazione della gente comune, non ci sono questioni di legittimità che tengano! Basta invocare la crisi e il bene supremo dello Stato!
Ritengo, pertanto, sia giustissimo provarci, almeno parlare dell’argomento e avviare un’attività di sensibilizzazione e chissà che, insieme ad altri, si possa avviare, come propone l’autore, una raccolta di firme per arrivare alla presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare. Già questo sarebbe un successo enorme!
Quando iniziai a studiare giurisprudenza nel 1976, nel manuale di diritto costituzionale del prof. Virga si leggeva che il legislatore con una legge poteva fare quello che voleva, tranne che cambiare il sesso di una persona.
RispondiEliminaOggi, nel 2012, sappiamo che il legislatore può fare anche questo (vedi il cambiamento di sesso anagrafico dei transessuali).
Pertanto, una nuova legge di riforma pensionistica nel senso che auspichiamo non sembre una utopia irrealizzabile.
E allora , proviamoci. Hai visto mai?