Mentre a Bologna, il Presidente Napolitano, poneva la questione irrisolta, e lasciata a metà, dello scioglimento delle province, i Consigli Provinciali di tutt’Italia si riunivano per votare l’ordine del giorno “no all’Italia senza le province”. Neanche a farlo apposta. Il 31 gennaio, infatti, su iniziativa dell'UPI
(Unione delle Province Italiane), presieduta da Castiglione, deputato del Pdl, si sono riuniti i Consigli Provinciali. Un incontro aperto alla società, ai cittadini tutti, agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato per manifestare il loro amore per il territorio, opponendosi all'abolizione o allo svuotamento delle Province. E tutto questo per respingere l'attacco che ormai da tempo mira allo scioglimento di questi enti territoriali.
Il Presidente della Repubblica, incontrando gli amministratori pubblici, ha posto con autorevolezza, all'attenzione delle forze politiche, il problema: “…ci sono questioni accumulatesi nel tempo che adesso affrontiamo con molto ritardo, dobbiamo affrontarle e decisamente metterle in calendario. In modo particolare la questione delle Province che non possiamo lasciare a mezz’aria. Si è andati avanti, poi si è annunciato, poi si è presa una decisione parziale; avremmo fatto meglio a sceglierla niente di meno che 42 anni fa, quando cioè vennero per la prima volta eletti i Consigli regionali delle regioni. È una questione che bisogna risolvere con razionalità e avendo una visione d’insieme”. Questo ha detto Napolitano.
Ciò che appare strano, però, e fuori tempo massimo, è la presa di posizione dei Consigli provinciali. E cioè proprio di tutto quel personale elettivo che da diverso tempo, forze politiche, giornalisti e opinionisti hanno individuato come capro espiatorio dello smantellamento di enti e istituzioni, ritenuti superflui, per salvare l’Italia.
In tutto questo lungo periodo non ci siamo accorti delle proteste né delle proposte di questi organismi per controbattere la diffusa volontà salvifica. Ma tant’è.
Nell’ordine del giorno approvato i Consigli provinciali promuovono ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale, e chiedono l’approvazione di un una norma che superi l’ipotesi del commissariamento delle Province che andranno al voto nella primavera del 2012, fino all’approvazione di una riforma organica che definisca la loro sorte.
Sottolineato questo colpevole ritardo, va pure detto che nelle regioni a Statuto speciale, come quella siciliana, le province sono disciplinate, appunto, dai loro statuti. Che hanno il valore di legge costituzionale. E, pertanto, è molto difficile che una legge ordinaria possa ledere l’autonomia speciale delle regioni, imponendo un assetto istituzionale, fissato da una legge regionale di valore superiore.
In ultimo, a rappresentazione della sensibilità del personale politico delle Province, sottolineiamo l’esito del voto del Consiglio Provinciale di Palermo che ha approvato a 'maggioranza' l’ordine del giorno: Pdl, Pid, Mpa, Pd, Forza del Sud, a favore; Udc e Italia dei Valori, contro; in linea con la posizione nazionale dei due partiti.
In tutto questo lungo periodo non ci siamo accorti delle proteste né delle proposte di questi organismi per controbattere la diffusa volontà salvifica. Ma tant’è.
Nell’ordine del giorno approvato i Consigli provinciali promuovono ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale, e chiedono l’approvazione di un una norma che superi l’ipotesi del commissariamento delle Province che andranno al voto nella primavera del 2012, fino all’approvazione di una riforma organica che definisca la loro sorte.
Sottolineato questo colpevole ritardo, va pure detto che nelle regioni a Statuto speciale, come quella siciliana, le province sono disciplinate, appunto, dai loro statuti. Che hanno il valore di legge costituzionale. E, pertanto, è molto difficile che una legge ordinaria possa ledere l’autonomia speciale delle regioni, imponendo un assetto istituzionale, fissato da una legge regionale di valore superiore.
In ultimo, a rappresentazione della sensibilità del personale politico delle Province, sottolineiamo l’esito del voto del Consiglio Provinciale di Palermo che ha approvato a 'maggioranza' l’ordine del giorno: Pdl, Pid, Mpa, Pd, Forza del Sud, a favore; Udc e Italia dei Valori, contro; in linea con la posizione nazionale dei due partiti.
Prima di chiudere alcune considerazioni. Forse i consiglieri dei partiti che hanno votato contro l'ordine del giorno (come il marito che si castra per fare dispetto alla propria moglie) non conoscono bene la legge regionale n. 9 del 1986 e le prerogative della Regione Siciliana. In Sicilia, infatti, "l'amministrazione locale territoriale è articolata, ai sensi dell'art. 15 dello Statuto regionale, in comuni ed in liberi consorzi di comuni denominati ‘province regionali’, ‘enti intermedi’, (i liberi consorzi di comuni), in sostituzione delle vecchie amministrazioni provinciali.
E cioè, il problema delle province in Sicilia è stato risolto già nel 1986. E se qualcosa non ha funzionato, se le competenze sono rimaste alcune sulla carta, la responsabilità sta tutta nella Regione, quella guidata da Lombardo che chiede a gran voce di abolirle. E, ovviamente, nell’incapacità, dei rappresentanti eletti nelle Province, di mettere la Regione Siciliana di fronte alle sue enormi responsabilità.
Adesso forse è troppo tardi.
Adesso forse è troppo tardi.
PoliticaPrima
02 febbraio 2012
02 febbraio 2012
Si parla da troppo tempo di sciogliere le Province, come se fosse la soluzione di un sacco di problemi italiani. Forse però sarebbe meglio chiedere alla Regione Siciliana perchè non ha delegato le funzioni che avrebbe dovuto trasferire alla province. E Lombardo come Musotto conoscono bene il problema.
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