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martedì 7 febbraio 2012

ETERNO INCOMPIUTO

di Francesco Gallo Mazzeo - La sensazione di parlarsi addosso è forte. Sembra di essere chiuso in una stanza insonorizzata ed ermetica ad ogni intrusione, con la possibilità di graffitare sulle pareti tutto quello che si vuole, tanto per quello che vale, nella solitudine si pensa di poter fare quello che si vuole. Vorrei commenti, suggerimenti, consensi, dissensi, insomma


vita e tutto quello che costituisce una piazza, dove la gente, invece di lamentarsi e bofonchiare, come fanno tutte le plebi del mondo, prendesse parte a questo e ad altro, si interessasse della propria sorte e di quella dei propri figli, non in chiave clientelare e pietistica, ma assumendosi un ruolo civico ed anche politico.
E invece niente, sembra di stare in un eterno incompiuto, dove tutto è sospeso, nel caos di mille ragioni che non si riescono mai ad avere e a dare. Tutto cambia e smettiamola di rompere le scatole al Gattopardo, con la sua frase sul finto cambiamento, da parte di tanta gente che non lo ha letto, perché non legge niente e fa finta di saperla lunga: ma in questo cambiamento sbilenco, asimmetrico, lento, bisogna che la cultura trovi un nuovo impegno (sì, un nuovo impegno) stando dalla parte di Sciascia, di Borsellino, di Falcone, di cui oggi tutti parlano bene, ma io mi ricordo quando non li si poteva nominare, senza destare ilarità e derisione.
Lo capisco che tanti sono figli, nipoti, cugini, di quelli che sono la causa della paura e del conformismo che si portano dentro, ma nessuno è condannato o assolto a priori e allora mi auguro di accendere il computer, una mattina e trovarmi subissato di contatti e di contestazioni, anche, ma sarà il segno che l’agorà sta nascendo, costringendo tutti a mutare di pelle, ridestando, senza tumulti e senza violenze, lo spirito del vespro, per liberare le coscienze e portarle a compiere il salto, di tanti asili scuole, aiuole, centri di ricerca, porti, aeroporti, centri storici risorti e zen risanati.
Ma poi mi ricordo che sono solo e questo non è altro che un affastellarsi di desideri, di tanti desideri che altri hanno avuto e mi vengono in mente i nomi di Felice Chilanti, Mario Farinella, Gastone Ingrascì e del mai più ritrovato Mauro De Mauro: Mi viene di dire basta. Ma…! Per fortuna incontro gente, a Palermo, a Gela, ad Agrigento, in tutte le parti d’Italia e ne ascolto al telefono altrettante, che dicono di avermi letto e di avere anche apprezzato il contenuto (qualcuno, un po’ più formalista anche la forma) e allora mi torna la voglia di scrivere ancora di tutto quello che succede di storto e di tutto quello che non succede di dritto, come se ci fosse una coazione a ripetere sempre le stesse cose, in assenza di un vero tessuto democratico, quello che si sostanzia e si manifesta nell’opinione pubblica, che in Sicilia sembra una chimera, che tutti pensano di conoscere e non la conoscono, che tutti pensano di vedere e non la vedono e tutti evocano come un fantasma del quartiere (stavo dicendo dell’Opera, ma dopo avere parlato con un sindacalista del Massimo di Palermo, si… perché ci sono anche quelli veri, non mi permetto proprio, anche Bellini permettendo): Basta pensare alla marginalità delle televisioni locali palermitane e catanesi (e di tutte le altre) che fanno spicciola tv generalista e troppa pubblicità e dovrebbero guardare di più ad emittenti come Telenordest a nord e di Telenorba a sud, se non vogliono finire nell’insignificanza.
Per non dire delle tirature dei tre quotidiani isolani, ciascuno nel proprio ridotto provinciale e al massimo interprovinciale, con una cronaca locale, che finisce con l’essere localistica e lontana dalle esigenze di una società che avrebbe bisogno di crescere e in fretta: di settimanali e mensili non posso dire altro che sono fatti con una buona grafica e niente altro.
Tutto piatto, no! Per fortuna, a macchia di leopardo esistono situazione come questa, di cui io sto abusando, per mantenere nel pessimismo all’ennesima potenza dell’intelligenza, un po’ di ottimismo della volontà e mi riferisco a personaggi come Ivan Lo Bello, che ha introdotto moralità e rigore in una asfittica imprenditorialità, come Roberto Lagalla, che ha risvegliato l’Università di Palermo, come Pietro Carriglio che dall’alto della sua inguaribile giovinezza, inventa ancora teatro, visto che dei Mario Giusti s’è persa la radice. Non mi sembra d’aver dimenticato altro, se non Antonio Presti, che salta da Tusa a Catania, seminando testimoni d’arte, il notaio Bartoli, che a Favara che crolla a ripetizione sta restaurando e portando cultura, il signor Brodbeck, che ha seminato una fondazione nel cuore di Catania delle bande delinquenziali, Salvo Bonfirraro che fa l’editore di qualità, investendo del proprio, a Barrafranca di Enna: eroici!
Francesco Gallo Mazzeo
07 febbraio 2012

10 commenti:

  1. Tutto giusto e perfetto,
    abbiamo molte volte commentato e liberato il nostro pensiero ma i suggerimenti, purtroppo, non arrivano mai a chi sono indirizzati.
    Invidio l'autore per la Sua cultura e mi rendo conto di non poter disquisire alla pari.
    Ritengo comunque notevole l'apporto culturale e lo apprezzo moltissimo ma, secondo me, dovremmo affrontare i problemi in maniera più pragmatica, salvo altri argomenti che apprezzerò leggere e assimilare.
    GIUSEPPE A.

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    1. Caro Giuseppe,rompere il muro della diffidenza è difficile, così come è difficile creare una comunità indipendente e giungere in fase progettuale, però non bisogna lasciarsi scoraggiare e andare avanti sulla via che si ritiene giusta; sono d'accordo che bisogna esser più pragmatici, ma non a costo di esser più praticoni: la cultura è conoscenza che permette di comprendere e comprendere è propedeutico ad ogni cambiamento:la ringrazio per l'attenzione. FGM

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  2. Bellissimo e amarissimo il pezzo scritto dall'amico Francesco. Mi complimento per stile e contenuti, tanto da accodarmi al suo pessimismo.
    Anzi, devo ammettere, che io, personalmente, le cose le vedo ancor piu' nere.
    Quando un popolo si rende conto che la propria classe dirigente, politica e non,non è adeguata o non lo rappresenta al meglio, con molta semplicità e con ogni sistema, la sostituisce o la elimina.
    Ma non è il caso del popolo Italiano, e meno che mai del popolo Palermitano. Voglio difendere i politici che in questo periodo ci rappresentano. Li difendo perchè difendo la loro coerenza e la loro linearità. Da 2o anni una classe politica, si presenta a noi elettori con il massimo della sincerità, spesso addirittura ci deliziano con le loro gigantografie ridicole, e cosa ci dicono in fondo?
    "VOTAMI SONO UN CIALTRONE COME LO SEI TU, NON TI DELUDERÒ". Ci hanno mai deluso? Sono mai venuti meno al loro ruolo di cialtroni? Mai, mai venuti meno al loro programma.
    Quindi, a mio parere, non processiamo gli eletti, che coerentemente fanno quello che gli compete, cioè i cialtroni, ma invece interroghiamoci su noi stessi, noi elettori.

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    1. La questione è posta bene: bisogna uscire dal concetto generico di popolo ed entrare in quello più specifico della cittadinanza; ma questa per formarsi ha bisogno di sapere, di comprendere, di elaborare una propria opinione:appunto per questo ci vogliono strumenti che rompano l'isolamento degli uni dagli altri, come questo, che anche se piccolo, può andare nella direzione giusta. Ogni lungo cammino, comincia da un primo passo.Grazie! FGM

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  3. Sciascia fu usato e messo di lato da certa sinistra opportunista che non gli perdonò l'eresia contro i professionisti dell'antimafia, concetto oggi amabilmente impersonato da una quantità innumerevole di populisti mediocri e sciacalli. Falcone e Borsellino da vivi erano a volte mal sopportati da chi soffriva il loro temperamento e carisma. Chi vive, come il prof Gallo la dimensione sociale con partecipazione e sensibilità, si trova spiazzato di fronte al fluire incerto delle cose. Il giorno in cui si capirà che l'interesse di uno passa dall'interesse di tutti e che la partecipazione non è delega in bianco, ma costante verifica del processo di rappresentanza, anche il prof. Gallo, come noi,avrà motivo di sentirsi meno solo.

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  4. La solitudine mia non è un fatto esistenziale, in quanto ho amici dappertutto, ma è una visione pessimistica del dato sociale, troppo gelatinoso e per nulla strutturato:ogni risalita passa per la costruzione di una opinione pubblica che non protesti e basta (ma poi neanche tanto) ma si organizzi in mille e mille associazioni e dibatta, critichi, proponga: se non avessi una fiducia di fondo in ciò, non scriverei nemmeno. Grazie per la sensibile lettura! FGM

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  5. Quando l'amico Giangiuseppe Gattuso mi ha invitato ad intervenire e partecipare attivamente a questo blog non conoscevo nessuno dei cosidetti blogger eccezion fatta per Salvo Geraci(tanti anni fa esperto all'unione cooperative) infatti nel 1978 mi aiutò a redigere lo statuto per una cooperativa sanitaria essendo io giovane medico e presidente della stessa. All'inizio ho avuto difficoltà anche tecniche ad entrare nel blog poi ho scritto un frettoloso articolo sulla decrescita felice e poi...infettato dal virus "bloggeriano" ho incominciato a leggere gli altri articoli tra cui questo del prof. Gallo. Tralasciando il fatto che la sua scrittura ha una forma eccelsa(si capisce subito che egli è un intellettuale di pregio) ma nella sostanza mi solleva delle risonanze emotive non proprio positive... e mi spiego perchè essendo io di favara quindi comprovinciale di Sciascia e Pirandello scrittori non proprio votati all'ottimismo anzi inclini al pessimismo ed allo scetticismo più profondo(sicilia irredimibile)il prof. Gallo con il suo articolo "eterno incompiuto" con la sua sensazione di parlarsi addosso con il suo pessimismo della ragione mi fa sprofondare nella depressione più profonda perchè se le persone più intelligenti non hanno la forza e la voglia di reagire(mi confermano il fatto che la sicilia è destinata a soccombere) allora non ci resta che piangere e come dice Giangiuseppe amen.

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  6. Caro Vullo, si riprenda dalla depressione e mi legga meglio (mi scusi per la battuta scherzosa), perchè il mio pessimismo non è nichilismo, anzi:sicuramente è realismo, che prende atto della storia e della cronaca, per metterla in discussione e proporne l'esigenza di vie d'uscita, che sono da studiare e poi da attuare, se possibile. La ringrazio per l'attenzione. FGM

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  7. Ma certo professore! Anzi lei deve scusare me! Sicuramente mi sono espresso male. Lei stigmatizza cosi bene i mali della sicilia...per esempio i ripetuti crolli del centro storico di favara mentre i favaresi con l'abusivismo si sono costruiti case nuove ma brutte per le prossime tre, quattro generazioni! Per fortuna che l'angelo del bene il mecenate notaio Bartoli ha regalato un pò di buon gusto e di arte alla disastrata favara. Per il futuro la leggerò più attentamente...nel frattempo le esprimo la mia ammirazione e la saluto. P.S. naturalmente la depressione dipende dal fatto che ognuno di noi aspira alla perfezione cosa difficilmente realizzabile dalle nostre parti.

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  8. Favara, oggi, è il nome collettivo e purtroppo negativo a cui possono rispondere tantissimi centri abitati, grandi e piccoli: occorre che diventi un significato del passato e che dicendo Favara, si indichi un modello x il restauro urbano architettonico e soprattutto umano e per l'idea totale del territorio, in cui devono vivere e non sopravvivere, il passato, il presente, il futuro:FGM

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