di Giangiuseppe Gattuso - Con la legge approvata lo scorso 11 marzo 2014, passata indenne dalle forche caudine del Commissario dello Stato,
la Sicilia, prima in Italia, può vantare il record della scomparsa, almeno del termine che le definiva, delle Province. Una battaglia all'ultimo voto, combattuta strenuamente dal rivoluzionario Crocetta per non smentire se stesso dopo l’incauta e demagogica dichiarazione del 3 marzo 2013, all'Arena di Giletti su RAIUNO. Una crociata superflua, inutile, che proprio in Sicilia aveva un significato nettamente diverso che nel resto d’Italia.
L’ordalia abolitoria, per la verità, arriva da lontano, avviata dall'allora Governatore Raffaele Lombardo per contrastare il suo acerrimo nemico Giuseppe Castiglione, a quel tempo Presidente della Provincia di Catania. Un coro unanime, adesso, attraversa trasversalmente le forze politiche. A prescindere dalle ricadute nei confronti dei cittadini e dei lavoratori.
Ma veniamo a noi. In Sicilia, per farla breve, la questione ‘province’ era stata risolta nel 1986 con l’emanazione della legge regionale n. 9, con la quale il legislatore pose fine alla travagliata storia dei liberi consorzi di comuni previsti dall'art. 15 dello statuto speciale siciliano. E con quella legge vennero creati 9 “liberi consorzi di comuni” tanti quante le precedenti amministrazioni provinciali, battezzandoli con il nome di “province regionali”. Probabilmente la dizione ‘libero consorzio di comuni’ risultava cacofonica, mentre adesso piace. La medesima legge prevedeva anche tre aree metropolitane, nella legge approvata in pompa magna l’11 marzo scorso sono previste tre città metropolitane. Grande novità.
Ma per arrivare a un risultato così misero, praticamente con il solo unico obiettivo di far fuori la classe politica che amministrava le province, declassando gli organi di governo ad organismi di secondo livello ed eliminando le indennità di funzione per i componenti, c’era bisogno di fare tutta questa sceneggiata? C’era bisogno di scopiazzare maldestramente la precedente legge che definiva organismi e competenze, e che ha generato enti come le ormai ex ‘province regionali’ perfettamente funzionanti e, senza tema di smentita, capaci di assolvere integralmente le competenze previste in rapporto alle risorse finanziarie assegnate? Non sarebbe bastata una semplice modifica dell’assetto esistente per determinare i medesimi effetti e, possibilmente, migliorarne l’organizzazione e le capacità d’intervento sul territorio?
Nessuno ha avuto il coraggio di dire che le altre funzioni amministrative a cui avrebbero dovuto assolvere le province regionali non sono mai state trasferite e ogni ipotesi di farlo è rimasta lettera morta nei meandri della burocrazia regionale con il pieno e tacito accordo della medesima classe politica. Questa si, una grave colpa che avrebbe dovuto far riflettere i 90 ‘deputati’ del parlamento siciliano prima di avviare una processo di riorganizzazione dell’assetto amministrativo degli enti locali di cui nessuno sa prevederne le difficoltà d’attuazione e le conseguenze per i cittadini.
L’effetto immediato, intanto, riguarda la proroga dei commissariamenti delle ex Province, con persone di stretta osservanza crocettiana, la denominazione che diviene “Libero Consorzio Comunale di…”, le funzioni che restano tali e quali così come le sedi e il personale. E tutto questo nell'attesa, non si sa quanto potrà essere lunga, dei provvedimenti amministrativi di competenza dei comuni e della nuova legge che dovrà stabilire nel dettaglio i compiti l’organizzazione amministrativa e le funzioni dei ‘nuovi’ liberi consorzi comunali e delle città metropolitane. Insomma, una sonora buffonata travestita da rivoluzione.
Giangiuseppe Gattuso
20 marzo 2014
nel condividere appieno le considerazioni fatte da Gianni, aggiungo una considerazione sul piano pratico. In questo sguazzabuglio secondo il quale sarà un sindaco eletto presidente dall'assemblea consortile, nessuno si è posto il problema della pericolosità della norma in termini antimafia. Se il comune il cui sindaco è presidente del consorzio, dovesse essere sciolto per mafia, condizione purtroppo frequente in Sicilia, che refluenze può avere questo rispetto al consorzio? potrebbe essere sciolto anch'esso? e se viene sciolto il consorzio, i sindaci componenti l'assemblea potranno continuare a fare i sindaci nei propri comuni? la cosa è molto delicata e, sappiamo bene che l'unica vera soluzione era quella di incardinare a capo dei consorzi, persone non vincolate da altre cariche elettive,cosa che peraltro genera evidenti conflitti di interesse. Si poteva discutere su come eleggerle, se con una elezione di II grado, o con elezione diretta. personalmente io avrei lasciato le cose per come erano, avrei rivisitato le competenze potenziandole, e assoggettando alle province i veri sprechi dei territori, ossia Ato, consorzi e quant'altro, e poi se si voleva risparmiare sui costi della politica, avrei visto bene una riduzione a 12/15 consiglieri in base alla grandezza del territorio, con un Presidente senza giunta, da eleggere Presidente e consiglieri con il meccanismo a turno unico previsto per i comuni con meno di 10.000 abitanti. Invece per intanto Crocetta ha piazzato sino al 31/10 i suoi commissari, anche qualcuno illegalmente rispetto ai titoli posseduti, in teoria entro sei mesi dovrebbero fare la legge che delinea ambiti e funzioni, ma considerato che con la legge 7/2013 si erano dati 9 mesi per definire il tutto, e hanno partorito un aborto, chi ci crede che saranno capaci di fare una legge adeguata alla bisogna? per cui arriveremo ad ottobre con l'ennesima legge per prorogare i commissari. chi vivrà vedrà
RispondiEliminaSottoscrivo. La subcultura politica siciliana, similmente alla subcultura mafiosa, crea i problemi e poi si dà il compito di risolverli, per giustificare la propria esistenza.
RispondiEliminaTra le cose che meno mi convincono della politica degli ultimi anni sono gli annunci cui non segue nulla. Ciò avviene a tutti i livelli per varie ragioni. Da osservatore mediamente attento mi sono fatto un'opinione che la legge siciliana istitutiva delle nuove province abbia fallito proprio nel suo aspetto più importante, quello della programmazione dello sviluppo locale, cosa che mi pare che ammetta anche tu, Giandomenico. All'inconveniente si può ovviare istituendo i consorzi dei comuni previsti dallo Statuto? Onestamente non lo so, ma credo che quello che non possiamo permetterci è di rassegnarci alla politica degli annunci e dell'inerzia.
RispondiEliminaÈ un articolo molto specifico sulla realtà siciliana che non conosco abbastanza per poter dire la mia (con cognizione di causa).
RispondiEliminaQuì in Umbria andrebbero sciolte ad ogni costo senza se e senza ma, se non altro per toglierci da ... attorno un certo numero di politici esperti in tutto e niente; gente che ha autorizzato la costruzione di una centrale termoelettrica a biomasse all' interno del Parco naturale del fiume Nera ... mentre l' anno scorso una legge (nazionale) proibiva di bruciare nel proprio terreno anche la potatura degli ulivi e delle viti obbligando coltivatori situati a kilometri di distanza "a conferire in discarica tali rifiuti" ... Ciao e a presto
Io non lo so come funzionavano le province e nemmeno se sia giusto abolirle. Mi pare però che in Sicilia la situazione ha preso una piega sbagliata che non si capisce da che parte porterà. I Consorzi e le città metropolitane chissà quando funzioneranno a pieno regime e chissà se faranno meglio di ciò che avranno sostituito.
RispondiEliminaDiceva la buonanima di mia nonna chi di legno chi di noce ognuno ha la propria croce ; noi Siciliani abbiamo la nostra piccola croce: Crocetta . lui è stato il precursore di questa ipotesi di legge nazionale , troppa fretta ,la gattina frettolosa fa i gattini ciechi . SPERIAMO BENE!!!!!!!!
RispondiEliminauna vera buffonata.
EliminaLe mezze cose alla fine lasciano tutti scontenti.
RispondiEliminaLe Province andavano abolite e basta, le competenze trasferite ad un assessorato regionale punto.
Anche se la vera ed unica cosa da fare sarebbe stata e sarebbe l'abolizione delle regioni, vero cancro e rovina d'italia.
Ma se non si riesce con le Province, infondo piccola riserva di barracuda, figuriamoci con le Regioni, territorio di caccia di squali giganti con sette filari di denti.
Questo dibattito sulle province non mi appassiona in quanto provinciale. Il nostro destino si decide altrove(europa). Naturalmente io sono per l'abolizione senza se e senza ma di province e regioni. Potevamo vivere prima senza questo ricettacolo di parassiti trombati a maggior ragione si può fare ora.
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RispondiEliminaCrocetta: «L’abolizione delle Province è la prima tappa di una rivoluzione importante che deve riguardare la Sicilia. Quello di questa sera è un banco di prova fondamentale, perché se si riesce a compattare la maggioranza sulla cosa che sembrava più difficile, io credo che adesso il percorso del governo sarà un percorso molto più tranquillo e finalmente inizieranno le grandi riforme». Il 19 marzo scorso, Rosario Crocetta ha fegistrato un risultato «storico». Perché per la prima volta nella storia della Repubblica italiana la regione «più sprecona d’Italia» ha dettato i tempi al resto del Belpaese. «Una riforma che ci consentirà di risparmiare fino a 130 milioni di euro l’anno».
RispondiEliminaOrmai il governatore regionale siciliano Crocetta è al centro del dibattito nazionale, annuncia risparmi per 100 milioni perché i consorzi dei comuni saranno degli organi di secondo grado: le nove province siciliane si trasformeranno in liberi consorzi, come prevede lo Statuto speciale, i cui componenti non saranno più eletti ma indicati dalle amministrazione.
In realtà l’operazione ci Crocetta è un’opera meramente mediatica. Perché di fatto il voto di Palazzo dei Normanni non elimina le province, ma sospende semplicemente «il rinnovo degli organi provinciali». In questo modo non si celebrano i rinnovi dei consigli provinciali in scadenza nel mese di maggio, e si avviano al commissariamento tutte le nove province. In sostanza il governo con un artificio legislativo prende tempo. Fino al 31 dicembre le competenze resteranno in mano alle province: la legge approvata dall’Ars ha semplicemente sospeso le elezioni. In realtà, come riferisce un funzionario dell’assessorato agli Enti locali, allo stato dell’arte abbiamo aperto quattro tavoli tematici - una sui liberi consorzi, uno sulle città metropolitane, uno sulle partecipate, e uno su acqua e rifiuti - confrontandoci con le associazioni, le Università, i commissari delle province, e i comuni delle tre città metropolitane (Palermo, Messina e Catania). Gli incontri li ultimeremo i primi agosto. Ma questi tavoli restano propositivi. Alla conclusione di questo primo giro si tireranno le somme». Insomma, è ancora tutto in alto mare enon esiste alla stato delle cose una proposta del governo sul tavolo, né, ad ogni modo, ci si preoccupa che l’orologio continui a girare e che l’ora x (31 dicembre) stia per arrivare.
Nel frattempo le province continuano a esistere e a erogare servizi, che vanno dagli stipendi dei dipendenti alle bollette delle scuole, alla manutenzione delle strade, ai servizi sociali. Servizi che da settembre (molto probabilmente) non potranno più continuare a garantire. Il motivo è presto detto. A causa dei tagli voluti dal governo Monti, e, soprattutto, dai tagli previsti dalla recente finanziaria del governo regionale, i commissari degli enti intermedi si sono ritrovati in un solo colpo con 150 milioni di euro in meno, di cui 40 milioni di tagli previsti dal fondo regionale delle autonomie, cui si aggiungono altri 100 milioni di euro in meno frutto dei tagli dei trasferimenti statali. E con questi tagli le province non riusciranno a chiudere i bilanci, e far ripartire le scuole a settembre.
Addirittura le province più piccole, ci riferiamo a quelle di Caltanissetta, Enna e Siracusa, starebbero avendo difficoltà a pagare gli stipendi di luglio. E se lo scenario dovesse restare il seguente, i commissari saranno costretti ad avviare il dissesto degli enti. «Le scuole provinciali rischiano di non riaprire a settembre, con grave pregiudizio per l’occupazione e per il diritto allo studio», tuona la Cgil. Per il sindacato guidato da Susanna Camusso, «i vincoli di spesa non possono mettere in discussione diritti fondamentali come quello allo studio».
Insomma i nodi sono tanti, l’abolizione delle province siciliane è una cosa che non sta in cielo né terra, e lo stesso Crocetta sembra al momento, a avere accantonato il nodo province. Lui insegue sempre i titoli dei giornali.
Sottoscrivo quanto dal direttore evidenziato, ma voglio spezzare una lancia a favore di Crocetta. Le province non potevano essere abolite per esplicito conflitto con la Costituzione e quindi con questa nuova legge regionale si è reiterato un provvedimento per impedire le elezioni in attesa che la riforma del Titolo V le elimini definitivamente. Se pensiamo, inoltre, che nel panorama politico italiano si parla già da tempo di eliminazione delle province, si capisce perchè Crocetta volle incedere subito con questo triste provvedimento.
RispondiEliminaI risultati a lungo termine comporteranno un risparmio sulla classe politica che dirigeva questi enti territoriali intermedi e sulla burocrazia che in questi enti lavorava. Il tutto, malgrado così sembri metafisico, si dovrebbe fare mediante un'acquisizione di questi impiegati da parte della Regione. Poi dovrebbe essere il tempo a riassettare tutto e a farci ridurre questo dannato enorme numero di impiegati regionali. Me ne rendo conto: è metafisico!
Certo è che ora rimane un problema di competenze non indifferente. Un problema che esige un rapido coordinamento che - a mio modesto parere - va oltre la logica del consorzio politico tra i sindaci dei comuni e che risponde a forti esigenze pratiche. Spesso questi consorzi, infatti, sono dei luoghi per dividersi potere politico e influenza, diventano nuclei soggetti all'attenzione mafiosa (come ricordava qualcuno), sono il luogo per la gestione di capitali da investire nelle feste di paese, per fare propaganda. Meno frequentemente sono, invece, luoghi dove si decide del coordinamento per la manutenzione delle strade appartenenti ai territori dei medesimi comuni oppure per la gestione dei rifiuti. Si potrebbe continuare ma, in poche parole, si può dire che, fino a oggi, nella classe politica la logica dei consorzi tra comuni, è quella del fumo di hidalgo e non quella della solida realtà.
Sostanzialmente, l'unica soluzione al problema sarebbe una revisione di pensiero sui consorzi da parte dei Sindaci. Poi ci riflettiamo un attimo e pensiamo che siamo proprio messi male se aspettiamo che ci sia un cambiamento di visione da parte di chi con questo consolidato sistema si ci è trovato sempre bene.
Aspettando il cambiamento che si fa? Concordo con Sergio Volpe: spostare le più importanti competenze provinciali a un assessorato regionale che si preoccupi di rendere effettivo il funzionamento di questi coordinamenti.
..è una semplice esigenza,forse la risposta è tutta qui.
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